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Deborah Fait
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Alya', come innamorarsi di Israele. 19.2.2003
La prima volta che un ebreo sale verso Gerusalemme ha il cuore in gola per la fortissima emozione come se raggiungesse finalmente una persona cara. C'e' dentro quel tremore, quella commozione, quel nodo alla gola che non va ne' su ne' giu'.

La strada che porta verso la Capitale scorre , nell'ultimo tratto, in mezzo a una foresta e tra gli alberi si vedono i resti degli antichi corazzati, chiamati sandwich, della prima guerra di Indipendenza combattuta da Israele per la liberta' e la vita.

Sono stati lasciati nel punto esatto in cui furono colpiti, cosi' piccoli da sembrare giocattoli, cosi' diversi dagli enormi Merkava' israeliani di oggi, eppure quei giocattoli guidati da uomini coraggiosi hanno salvato Israele dalla distruzione promessa ripetutamente dagli arabi.

Fare alya' significa arrivare in Israele per diventarne cittadini e quasi sempre questo significa passare il primo anno della nuova vita in un centro di accoglienza dove generalmente si fanno in quattro per aiutare gli olim ad inserirsi nel paese in cui hanno scelto di continuare la loro vita.

Non tutti arrivano brucianti di sionismo e patriottismo, alcuni vengono in Israele per problemi economici o di antisemitismo o semplicemente per spirito di avventura, e' quindi importante farli innamorare di un paese difficile in cui la vita e' pericolosa, dove la gente e' spesso scontrosa e spinosa come i fichi d'india da cui prende il nome, "sabra".

Alla fine l' amore nasce perche' Israele e' difficile ma affascinante, la vita e' pericolosa ma travolgente.

David Grossman dice spesso di rifiutare sistematicamente un anno sabatico all'estero per non togliere ai suoi figli la possibilita' di vivere intensamente.

Gli israeliani, i sabra, sono spinosi esattamente come il fico d'India ma alla fine ci si accorge che proprio come il fico d'India, sono dolcissimi.

Il centro di accoglienza, Mercaz Klita', organizza diverse manifestazioni per rendere facile e gioiosa la vita dei nuovi arrivati spesso spaventati e confusi: feste, festivita' religiose ebraiche (molti olim sono completamente digiuni di tradizioni ebraiche, soprattutto quelli provenienti dai paesi dell'est europeo), visite a musei, conferenze di tutti i tipi e in tutte le lingue possibili ma quello che avvicina di piu' e piu' intensamente i nuovi immigrati a Israele sono sicuramente i viaggi attraverso il paese.

E' in queste occasioni che l'impatto e' irresistibile perche' nessuno resta indifferente di fronte alle bellezze di Israele, cosi' particolari, cosi' affascinanti, cosi' strane e selvagge a volte.

Si parte all'alba su autobus modernissimi con Tv, servizi igienici, guida turistica e, immancabile anzi obbligatorio, un accompagnatore della sicurezza, armato.

Via verso il Nord , la Galilea, i villaggi drusi, amichevoli, pieni di colori, profumi di spezie e confusione, donne in nero con un piccolo velo bianco sul capo che, sedute a terra, fanno la pitta drusa, grande e saporita; i kibbuzim vicino al confine col Libano dove l'attivita' lavorativa e' sempre intensa nonostante il pericolo.

Metulla su su al Nord, col Libano che quasi entra dentro, che assomiglia a una cittadina tirolese adagiata in mezzo a boschi di cedri e pini ma ci si rende conto di non essere in Tirolo guardando piu' attentamente le casette col loro bravo giardino pieno di fiori e in ogni giardino vicino alla casa di abitazione ecco una piccola e strana costruzione.

Cos'e'? qualcuno chiede.

Il rifugio antikatiuscia, la terrificante risposta.

Un brivido. Altro che Tirolo!

Poi ecco il meraviglioso Golan con l'aria frizzante di montagna, le cicogne, i mulini per l'aria pulita.

Un'occhiata preoccupata al confine siriano controllato da invisibili soldati ONU e poi giu' di corsa verso Haifa e gli stupendi giardini, unici al mondo, del tempio Baha'i.

Altre volte si parte verso sud, il deserto del Neghev. Tappa obbligatoria e patriottica Le tombe di David Ben Gurion e sua moglie Paula vicino a Sde' Boker, il kibbuz dove il Padre d'Israele, il Leone David, aveva scelto di vivere.

Le due tombe, semplici, di pietra rosa , sono incastonate nel piu' grande e bel monumento del mondo: il deserto di Giuda.

L'impatto e' grandioso e indimenticabile, un sassolino e un pensiero per Ben Gurion e poi a guardare le dune azzurre e rosa del deserto immaginando di vedere Abramo, il Patriarca, avvicinarsi per un saluto al Padre di Israele la' sepolto perche' riposi in pace mentre il suo Paese e' ancora sconvolto dalla guerra.

Una visita veloce alla minuscola casetta in kibbuz, diventata monumento nazionale, semplici mobili di legno scuro e tanti libri, migliaia di libri e fotografie del Vecchio Leone con i grandi del mondo.



Mizpe' Ramon, in mezzo al deserto del neghev, il museo geologico e , cosa piu' affascinante di tutte, le famigliole di stambecchi che camminano tranquilli in mezzo alla gente. Non hanno paura perche' in Israele non esiste la caccia, intesa come sport, nessuno spara agli animali e capita spesso che mentre si sta seduti al bar di una qualsiasi citta' o villaggio qualche uccellino arrivi a saltellare sul tavolino guardando incuriosito e cercando di capire se c'e' qualcosa di interessante da beccare.

E poi il Mar Morto, 400 metri sotto il livello del mare, le tende scure dei beduini, i cammelli che ci guardano pigramente, i fanghi neri, il bagno in un'acqua che sembra olio e poi con la pelle liscia come il velluto e una grande spossatezza si sale verso Massada'. Il pensiero corre inevitabilmente agli ebrei che preferirono il suicidio alla schiavitu' di Roma.

I soldati di leva vanno a giurare a lassu' e tutti insieme urlano "MAI PIU' MASSADA".

Nessuno ci uccidera' impunemente, ne' noi ci suicideremo per non cadere schiavi perche' oggi abbiamo un paese, il nostro, e un esercito di figli e di padri che ci difendera'.

MAI PIU' MASSADA.



La gita piu' importante, quella che fa sentire tutti israeliani e orgogliosi di esserlo e' a Gerusalemme, la Capitale di Israele.

E' qui che ogni nuovo immigrato si sente veramente a casa ed e' qui che anche l'ebreo piu' laico e beffardo si avvicina al Kotel, il muro del pianto, con l'animo tremante e le gambe un po' molli per l' emozione. Davanti al Kotel l'atmosfera e' diversa, esiste un'energia che nessuno ha il coraggio di negare ed e' qui che ogni ebreo realizza, anche se per un solo momento di debolezza, che D*O lo ha scelto e ha scelto il Popolo di Israele.

La testimonianza tragica di questa scelta e' racchiusa nel Memorial della Shoa'. La' si incontrano gruppi di studenti e di soldati, il silenzio pesante e' rotto ogni tanto da una risatina nervosa quasi che qualcuno volesse liberarsi il cuore da tutto quel dolore, dal buio pieno di stelle in cui si ricordano i bambini , un milione e mezzo, recitando semplicemente i loro nomi e la loro eta' . Da quel buio stellato si esce piangendo accecati dalla luce e straziati da quei nomi : David, Sarele, Motti, Moiscele, Rivka, per un milione e mezzo di volte.

Gerusalemme e' anche Ben Yehuda dove i giovani si ritrovano sempre con un po' di paura a causa degli attentati.

E poi la la Citta' Vecchia, la Cittadella di David, le viuzze strette stracolme di turisti in tempo di pace e deserte quando si temono attentati.

Gerusalemme. Citta' della Pace, Capitale di Israele.



Tornando verso il merkaz klita', stanchi ed emozionati, confusi da tanta storia e da tanta tragedia tutti si sentono un po' piu' israeliani e qualcuno forse si sente anche un po' piu' ebreo.


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