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La Stampa Rassegna Stampa
24.06.2019 Trump: cyber-attacco contro l'Iran nucleare, bene, funziona più della guerra
Commento di Paolo Mastrolilli

Testata: La Stampa
Data: 24 giugno 2019
Pagina: 12
Autore: Paolo Mastrolilli
Titolo: «Cyber-attacco americano contro Teheran, colpiti i computer che gestiscono i missili»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 24/06/2019, a pag.12 con il titolo "Cyber-attacco americano contro Teheran, colpiti i computer che gestiscono i missili", la cronaca di Paolo Mastrolilli

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Per capire l'andamento zig zag della politica di Trump non occorre essere dei geni. Per questo ci stupiscono le continue, ossessive domande di chi si chiede, stupito, perchè "
si evidenzia ormai l'esistenza di due correnti all'interno dell'amministrazione, con visioni e agende opposte riguardo la strategia di adottare con l'Iran", come scrive Mastrolilli. E' la tecnica di Trump, la stessa adottata con Kim della Corea del Nord.Trump non è un guerrafondaio, sarà il non poterlo accusare di volere guerre a tutti i costi che manda in tilt i suoi criticoni. Come sosteneva Woody Allen, 'basta che funzioni', e finora sta funzionando. Mastrolilli è sempre molto attento, perchè si stupisce? E' un gioco di squadra /Trump/Bolton/Pence/Pompeo e sembra funzionare...

Ecco l'articolo:

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Paolo Mstrolilli

"Questa gente vuole spingerci verso una guerra, ed è così disgustoso. Non ci servono altre guerre". Se queste considerazioni private di Trump, scambiate venerdì con un confidente e pubblicate ieri dal «Wall Street Journal», sono vere, rappresentano forse la notizia più rilevante dal giorno dell'abbattimento del drone. Perché non solo confermano la riluttanza del capo della Casa Bianca a scatenare un conflitto, ma evidenziano ormai l'esistenza di due correnti all'interno dell'amministrazione, con visioni e agende opposte riguardo la strategia di adottare con l'Iran. Amministrazione divisa Ieri il presidente ha confermato che oggi annuncerà nuove sanzioni contro la Repubblica Islamica, mentre il Pentagono ha lanciato attacchi cyber contro la Guardia rivoluzionaria, prendendo in particolare di mira i computer che controllano i suoi sistemi missilistici. Queste sono iniziative condivise nell'amministrazione, che però possono servire due agende diverse: da una parte quella di Trump, che vuole usare la «massima pressione» per costringere gli ayatollah a negoziare un nuovo accordo più stringente di quello di Obama, allargato anche al programma missilistico e alle operazioni aggressive nella regione mediorientale; dall'altra quella del consigliere per la Sicurezza nazionale Bolton, e in parte del segretario di Stato Pompeo, che invece cercano di creare le condizioni per una guerra, per provocare il cambio di regime. Bolton ieri era in Israele, da dove ha ammonito Teheran a «non confondere la prudenza e la discrezione degli Stati Uniti con la debolezza». Questo significa che il mancato raid non dà agli iraniani al licenza di fare come credono, perché l'opzione militare resta sempre sul tavolo. Trump ha ammesso alla televisione «Nbc» che il suo consigliere è un falco, favorevole alla guerra, ma ha sottolineato come alla fine le decisioni le prenderà lui. Se uno legge queste dichiarazioni ufficiali con la lente di quelle confidenziali pubblicate dal «Wall Street Journal», è chiaro che le azioni giudicate «disgustose» dal presidente sono quelle di Bolton e forse Pompeo. In un'altra era due collaboratori criticati così duramente si sarebbero dimessi, e non è escluso che ad un certo punto il capo della Casa Bianca non decida di allontanarli. Il consigliere per la Sicurezza nazionale però non intende mollare, perché ha quasi 71 anni e sa che questa è l'ultima occasione per realizzare i suoi obiettivi. Ingoia ed evita lo scontro con Trump, anche perché sa che i voti li ha lui, e li ha ottenuti in parte grazie alla promessa di una linea «America First» più isolazionista. Il suo obiettivo però resta quello di convincerlo della necessità dello scontro, o magari spera che le condizioni lo rendano inevitabile, per l'intransigenza estremista degli ayatollah o per qualche incidente. Il presidente finora è stato molto chiaro nell'indicare la sua strategia preferita, accompagnata ora dal «disgusto» per chi vuole la guerra, ma non è detto che la realtà segua poi questo suo corso.

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