Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 23/06/2019, con il titolo "Il piano Usa per il Medio Oriente, 50 miliardi per i palestinesi" il commento di Vincenzo Nigro
a destra: in attesa dell'incontro nel Bahrein
La Repubblica gestione Verdelli si riconferma super-obamiana, sia detto con la massima severità da parte nostra. Sul cosiddetto 'piano di pace' - che forse vedrà la luce a novembre- si sa già quasi tutto. Ma Rep dà voce soltanto ai palestinesi (Anan Ashrawi) e ad anonimi 'esperti internazionali', l'unico che nomina è Aaron David Miller, che da bravo 'ebreo di corte' dichiara" «Non è la sequenza giusta, perché la questione israelo-palestinese è innanzitutto una questione di rivendicazioni storiche, su territori, su luoghi santi, su spazi sacri per due popoli e due religioni»", così i lettori di Rep sono serviti.
Nigro si salva nell'ultima riga, dove scrive "Per ora, dunque, il "piano del secolo" sembra un grande progetto immobiliare. Ma forse è troppo presto per ridicolizzare Donald Trump anche su questo." Quell' fa riflettere.
Vincenzo Nigro
Un "Piano Trump" per la Palestina che ricorda molto il "piano Marshall" con cui gli Stati Uniti aiutarono la ricostruzione dell'Europa. Un piano che per ora è un massiccio programma economico, investimenti per 50 miliardi di dollari in 10 anni. Miliardi per costruire la pace fra Israele e Palestina. Con alcune differenze importanti rispetto al progetto che ricostruì l'Europa: innanzitutto i fondi, i finanziamenti non verranno soltanto dagli Stati Uniti. Anzi, perla verità la maggior parte dei soldi arriverà dalle petro-monarchie del Golfo che aiutando la stabilizzazione economica della Palestina pagheranno una "tassa" agli Usa che difendono la loro sicurezza. L'altra grande novità di questo piano è che c'è un "buco nero": una delle due parti coinvolte, la Palestina di Abu Mazen, per ora non parteciperà neppure alla conferenza del Bahrein e anzi invita tutti a boicottare la presentazione. Il piano per il momento non affronta nessuno dei nodi politici del conflitto israelo-palestinese. E soprattutto le indiscrezioni arrivate sino ad oggi non parlano più di uno "Stato palestinese", ma di benessere economico per la comunità palestinese, come dire che il piano Trump cancella lo Stato per i palestinesi anche se pensa ai loro bisogni, ai loro posti di lavoro.
Ma Abu Mazen non ci sta
Come dice Anan Ashrawi, l'ex negoziatrice palestinese, «una valanga di soldi per comprare la nostra libertà, mentre noi semplicemente vogliamo il nostro piccolo Stato e la fine dell'occupazione israeliana». Ieri Kushner ha anticipato i contenuti del summit del Bahrein con una serie di interviste. Dopo due anni di lavoro semi-segreto, con una miriade di viaggi, incontri, riunioni riservate in tutto il Medio Oriente, questa prima parte del "piano Trump" è tutta destinata all'economia. Verrà creata una banca internazionale con il supporto del Fondo Monetario Internazionale e della World Bank, che gestirà investimenti per 50 miliardi di dollari in 10 anni. Sarà creato un fondo che finanzierà infrastrutture in Palestina, ma investirà soldi anche nella regione, come nella penisola egiziana del Sinai, vicino alla Striscia di Gaza, quindi in Egitto, in Giordania, in Libano. Perla Palestina sono previsti 27,5 miliardi di dollari (Cisgiordania e Gaza). Vengono previsti 9,1 miliardi per l'Egitto, 7,4 per la Giordania e 6,3 per il Libano. Investimenti che fanno dire ai palestinesi della Anp «questi sono fondi per far rimanere in quei Paesi il popolo palestinese, per svuotare la Palestina». Kushner spiega che il suo piano prevede un impulso economico per la Palestina che dovrebbe raddoppiare il Pil dell'Anp in 10 anni, riducendo il tasso di povertà del 50% e creando un milione di posti di lavoro. Ci saranno investimenti in infrastrutture, molto verrà speso anche per i collegamenti. Per esempio, Gaza e la Cisgiordania dovrebbero essere collegate con l'autostrada e la ferrovia di cui si parla da decenni. Nel Bahrein, martedì e mercoledì prossimi, Kushner sarà accompagnato dal Segretario al Tesoro Steven Mnuchin, dai vertici del Dipartimento di Stato e da tutti i consiglieri impegnati sul Medio Oriente. Ad ascoltare il genero di Trump ci saranno delegazioni di Egitto, Marocco, Arabia Saudita, Emirati, Giordania. Mancherà la Palestina e questo rimane il vero ostacolo da affrontare: gli Stati Uniti con Donald Trump si sono spostati rapidamente verso le posizioni israeliane. Dal riconoscimento di Gerusalemme capitale di Israele, allo spostamento dell'ambasciata da Tel Aviv, alle dichiarazioni sulla possibile annessione della Cisgiordania allo stato ebraico: Trump per i palestinesi ormai non è più un mediatore credibile. Anche molti esperti internazionali credono che il tentativo di Kushner di iniziare a negoziare offrendo un enorme piano di incentivi economici potrebbe non avere successo. «Non è la sequenza giusta, perché la questione israelo-palestinese è innanzitutto una questione di rivendicazioni storiche, su territori, su luoghi santi, su spazi sacri per due popoli e due religioni», dice Aaron David Miller, un consigliere che ha lavorato sia con i democratici che con i repubblicani Usa. E la parte politica del "piano Trump" potrebbe arrivare non prima di novembre, quando in Israele si saranno tenute le elezioni e la situazione politica sarà più chiara. Per ora, dunque, il "piano del secolo" sembra un grande progetto immobiliare. Ma forse è troppo presto per ridicolizzare Donald Trump anche su questo.
Per inviare a Repubblica la propria opinione, telefonare: 06/49821, oppure cliccare sulla e-mail sottostante