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La Stampa Rassegna Stampa
19.06.2019 Ruth Dureghello, rieletta presidente della Comunità ebraica di Roma: 'La tutela dei diritti centrale per l'ebraismo'
La intervista Ariela Piattelli

Testata: La Stampa
Data: 19 giugno 2019
Pagina: 7
Autore: Ariela Piattelli
Titolo: «'Bisogna lottare per i diritti. È questo l’unico antidoto contro l’odio e il razzismo'»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 19/06/2019, a pag.7, con il titolo "'Bisogna lottare per i diritti. È questo l’unico antidoto contro l’odio e il razzismo' ", l'intervista di Ariela Piattelli a Ruth Dureghello, presidente della Comunità ebraica di Roma.

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Ariela Piattelli

«La forza dell’Italia è nelle diversità della società, che non può essere svilita dalle intolleranze. Forse non è un caso che sono stata rieletta, forse ciò è avvenuto anche perché sono una donna». Così commenta il suo successo alle urne Ruth Dureghello, la presidente uscente della Comunità Ebraica di Roma, che con oltre il 48% di voti alla tornata elettorale di domenica scorsa, con la lista «Per Israele», torna alla guida della comunità ebraica più grande d’Italia e più antica dell’Europa.

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Ruth Dureghello

Lei sostiene che le diversità in Italia sono a rischio. Perché?
«Nel contesto generale di oggi, dobbiamo affrontare l’indebolimento di una società che svilisce sempre di più il valore della diversità come ricchezza, e al contrario vede nel diverso il nemico, inneggiando con parole d’odio al populismo e al suprematismo, se non all’annientamento dell’altro. Su questo abbiamo una lunga storia da raccontare, di discriminazione, segregazione, persecuzione e sterminio. Siamo sopravvissuti alla pagina peggiore che l’umanità abbia mai scritto, non certo per assistere inermi e indifferenti al riproporsi dei sintomi dello stesso male che si annida in Europa e anche, ahimè, in Italia. In passato noi ce l’abbiamo fatta, perché non abbiamo mai smesso di combattere contro questi fenomeni, e continueremo a farlo. Mi riferisco al fatto che se da un lato è necessario il rispetto delle regole, dall’altro non possiamo perdere di vista l’umanità ed il rispetto dell’uomo».
Quale crede sia l’antidoto a questi fenomeni che descrive?
«La tutela dei diritti della persona: rispettando i diritti si possono combattere vecchie e nuove propagande suprematiste, ed ogni forma di intolleranza. In questo Paese c’è bisogno di ricordare che oltre ai doveri esistono i diritti: all’uguaglianza, al rispetto delle differenze, sessuali, religiose, sociali. È il rispetto dei diritti dei cittadini che rafforza la fiducia nelle istituzioni. E lo dico anche perché sono una donna».
Nei prossimi quattro anni dovrà affrontare una grande sfida per l’ebraismo italiano, quella del difficile dialogo tra ebrei ortodossi ed ebrei laici. Come intende farlo?
«Forse è la sfida più importante, per cui oggi passa la sopravvivenza dello stesso ebraismo italiano. Il quadro romano è molto diverso da altre città. Sotto il grande abbraccio della Comunità si riuniscono ebrei di diverse provenienze, ceto sociale e orientamento politico. Siamo una comunità molto vitale, ed il pluralismo in questo senso è dimostrazione di un ebraismo vivo, che ha aperti al suo interno vari fronti di dibattito. Tra questi quello tra ebrei più e meno osservanti. Noi ci siamo sempre seduti a parlare con tutti, e continueremo a farlo. Siamo pronti ad ascoltare e ad accogliere tutti, ma all’interno di quei valori e del rispetto delle regole che ci appartengono. La storia e l’esperienza europea ci dimostrano che quando ci si allontana da una concezione ortodossa dell’ebraismo, quest’ultimo si indebolisce. È innegabile che l’ebraismo sopravvive dove vi sono scuole e comunità ortodosse».
Perché crede che questa sia la sfida più importante?
«Perché il pericolo è quello di liquefare quei valori millenari che ancora ci rendono unici in questa città ed in questo Paese. Il primo nostro impegno è quello di trasmettere alle nuove generazioni il senso della vita ebraica, e la capacità di dialogare con tutti, mantenendo però salde le nostre posizioni. Noi vorremmo che il modello dell’ebraismo romano diventasse un esempio per l’intero ebraismo italiano, per i suoi valori, per l’autorevolezza, per l’educazione, per rivendicare la storia e la cultura, e il contributo costante che gli ebrei italiani hanno dato e continuano a dare a questo Paese. Un ebraismo che non si nasconde, e che non si vuole liquefare per adattarsi, ma che è fiero e orgoglioso della sua identità. In tutto questo il dibattito ed il dialogo ne sono una componente essenziale».
Con la sua rielezione, una donna torna per la seconda volta al timone della Comunità ebraica romana. Come interpreta questa scelta dei suoi elettori?
«Ho la sensazione che questo voto sia stato in larga parte “al femminile”. In questi anni sono state tantissime le occasioni in cui altre donne, non solo del mondo ebraico, mi hanno manifestato apprezzamento per il mio ruolo. In un contesto spesso caratterizzato dalla presenza maschile, una donna deve essere più capace di farsi rispettare. A noi donne ebree le nostre madri hanno insegnato, sin da piccole, che abbiamo la responsabilità della continuità e dell’educazione del nostro popolo. È un dovere e un diritto. Sono convinta che se anche altre donne avessero, in ogni contesto, lo spazio per esprimersi, avremmo una società più forte, equa e matura».

 

 

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