Non c’è più un rifugio sicuro, né altra Terra Promessa
Analisi di Mordechai Kedar
(Traduzione dall’ebraico di Rochel Sylvetsky, versione italiana di Yehudit Weisz)
A destra: la kippah del gruppo "Jews can shoot" (Gli ebrei possono sparare)
Come ogni anno, tra Pasqua e la festa di Shavuot, ho trascorso cinque settimane in un giro di conferenze negli Stati Uniti e in Canada. Avevo fatto il mio primo tour nel 2009, questo è l'undicesimo. Tra coloro che mi invitano a parlare ci sono istituzioni accademiche, organizzazioni pubbliche, centri e singoli individui delle comunità ebraiche ma anche non ebrei . Gli argomenti delle mie conferenze sono incentrati sulle mie aree di ricerca, tra cui il Medio Oriente, incluso Israele, l’Islam nei suoi Stati originari e in quelli in cui si è diffuso. Le istituzioni ebraiche che mi invitano riflettono tutta la gamma della cultura ebraica nordamericana: dal progressismo liberale, come nelle sinagoghe riformate, agli ambienti ortodossi e persino a quelli ultraortodossi (Haredim). Sono invitato da organizzazioni ebraiche come l'IAC (Israeli-American Council) che mi ha chiesto di parlare in ebraico. In ogni tour, incontro persone con opinioni diverse, sento vari approcci ai problemi e ascolto idee complesse. Negli anni precedenti, mi era sempre stato chiesto di parlare del Medio Oriente, delle sfide che affronta Israele, del processo di pace, della "Primavera araba", di Islam, di Da’esh e di argomenti simili che coinvolgono la regione e di come questi problemi si ripercuotano in altri Paesi. La situazione negli Stati Uniti, e in particolare il tema degli ebrei statunitensi, non era quasi mai stata affrontata nelle mie conferenze perché, agli occhi del pubblico, il fatto che io sia un israeliano mi preclude di avere qualcosa da dire sugli affari ebraici americani. Quando, di tanto in tanto, era sorto il tema degli ebrei nordamericani, avevo avuto la netta impressione che gli ebrei di Stati Uniti e Canada sentissero di vivere in totale sicurezza in una Terra Promessa, perché vivevano tranquilli in una nazione priva di antisemitismo e di discriminazione anti-ebraica, integrati in qualsiasi ambiente politico e sociale e quindi senza alcun motivo che li preoccupasse. Si sentivano sicuri perché il livello di violenza nei luoghi pubblici americani è generalmente basso e dove non lo è, c'è una protezione della polizia per le sinagoghe e i centri delle comunità. Un rabbino riformato una volta rese questa mia sensazione molto chiara quando mi disse che "l'esilio" è un’idea, non un luogo geografico.
Qualsiasi Paese in cui gli ebrei possono vivere una vita ebraica garantita, non può essere considerato "esilio", ha detto, perché quella parola si riferisce a una terra in cui gli ebrei non possono praticare la loro vita religiosa, culturale e personale in modo libero e sicuro. Il messaggio nascosto nelle sue parole era che Israele è più un "esilio" di quanto lo è l'America, a causa della situazione di sicurezza emergente nello Stato ebraico e del fatto che in Israele i rabbini riformati non hanno la libertà di guidare le loro congregazioni liberamente come fanno negli Stati Uniti. Quest'anno, però, l'atmosfera che ho percepito durante il mio giro di conferenze è stata completamente diversa. Un buon numero di ebrei di ogni appartenenza culturale, hanno parlato chiaramente e apertamente delle loro paure riguardo a due aspetti: il crescente odio verso gli ebrei e il deterioramento della sicurezza. (Cerco di evitare il termine "antisemitismo" perché anche gli arabi sono semiti). Le ragioni dell'aumento dell'odio antiebraico sono molte e varie: l'eredità cristiana europea emigrata nel Nuovo Mondo; l’identificazione degli ebrei con i leader della finanza, dei media, della politica, del mondo accademico, delle arti e del cinema; gli ebrei sono coinvolti negli scandali nel mondo del cinema (ad esempio Harvey Weinstein) e nelle truffe finanziarie (come Bernie Madoff); l'aumento dell'immigrazione islamica negli Stati Uniti, che ha portato all'influenza politica, come si vede, per la prima volta nella storia degli Stati Uniti, nell'elezione di tre membri musulmani al Congresso; identificare gli ebrei con Israele - e altro ancora. È importante ricordare che gli ebrei si trovano in posizioni politiche che li espongono alla visibilità del pubblico. Tra gli ebrei liberali che circondarono il Presidente Obama c'erano Rahm Emanuel, Dan Shapiro (allora ambasciatore USA in Israele), Jeremy Ben Ami (Presidente dell’organizzazione J Street), Jonathan Greenblatt (attualmente a capo dell'Anti Difamation League) e altri. Molti degli americani che si opponevano a Obama, in particolare i repubblicani, biasimavano , in modo esplicito o velato, quegli ebrei. D'altra parte, anche il Presidente Trump è circondato da ebrei, dal punto di vista politico sono conservatori e da quello religioso sono persino ortodossi: sua figlia Ivanka, il genero Jerard Kushner, il consigliere Jason Greenblatt, l'ambasciatore statunitense in Israele David Friedman, Michael Cohen, Steven Mnuchin (Ministro delle Finanze) e altri. Un americano anti-Trump non ama gli ebrei che circondano il Presidente. Vale la pena ricordare che gli ebrei detenevano posizioni di alto livello anche nelle precedenti amministrazioni repubblicane: Paul Wolfovitz era vice Segretario della Difesa sotto il Presidente George W. Bush, ma anche altri ebrei come Douglas Feith e Richard Perle per esempio, hanno ricoperto posizioni chiave nella sua amministrazione. Il democratico Clinton, anche lui, diede agli ebrei Dennis Ross, Richard Holbrooke e Martin Indyk incarichi prestigiosi. Gli ebrei si sono trovati a lungo tra il martello repubblicano e l'incudine democratico. Identificare gli ebrei con coloro che hanno un sacco di soldi è un fenomeno diffuso negli Stati Uniti, e per molte ragioni: le banche di investimenti di spicco - Lehman Brothers e Goldman Sachs, per esempio - sono state fondate da ebrei e portano ancora i loro nomi. Durante la crisi finanziaria generale del 2008-2009 le due banche erano nell'epicentro della crisi economica. Grazie a Bernie Madoff, l' "investitore" ebreo, il patrimonio di migliaia di cittadini americani è andato perduto. Gli ebrei sono i donatori più importanti per gli enti di beneficienza americani, come ospedali, università e organizzazioni che aiutano i bisognosi. Gli ebrei donano a queste cause, perché sentono una responsabilità nei confronti della società americana che li ha accettati e inclusi con un affetto senza confini. I nomi dei donatori sono lì da vedere per tutti, sulle targhe e sopra gli ingressi di queste molte istituzioni. Il problema è che quando un americano comune, che lavora duramente per guadagnarsi il pane, vede i nomi ebraici brillare orgogliosamente sugli ingressi di ospedali e università (molte delle quali fanno pagare più di $ 50.000 all'anno in tasse), associa gli ebrei con il denaro e così la generosità ebraica agisce contro i donatori e il gruppo a cui appartengono. Le radici dell'odio anti ebraico e le sue cause sono state analizzate in una miriade di articoli e libri. Aggiungerò qui solo due importanti fattori, comuni al mondo arabo-musulmano-orientale e a quello occidentale-europeo-cristiano: 1. Due religioni, il cristianesimo e l’ islam, sono figlie del giudaismo ed entrambe svilupparono "teorie sostitutive", in base alle quali si considerano le vere religioni, sostituiscono il giudaismo defunto, mentre i seguaci devono essere soggiogati e umiliati sotto il dominio cristiano e musulmano. 2. Gli ebrei nelle varie nazioni vivevano in entrambe queste culture e dal momento che gli ebrei sono "diversi" per definizione, sono sempre stati odiati da molti. La prova che questi due fattori - il religioso e il soicale - sono alla base dell'ostilità nei confronti degli ebrei, si può paragonare a altre tre culture - cinese, giapponese e indiana – dove non c'è odio contro l’ebreo perché: a. non c'è alcun collegamento tra le religioni locali e il giudaismo; b. Gli ebrei non vivevano tra il popolo cinese, giapponese e indiano. Gli ebrei non sono quindi visti come "gli altri che vivono tra noi a nostre spese", e quindi non sono odiati. L'odio per gli ebrei era emigrato, molto tempo fa, negli Stati Uniti dall'Europa, ma oggi la sua origine è l'Islam e cresce man mano che la presenza islamica, sia nella sfera pubblica che in quella politica, diventa più pronunciata. Il numero di musulmani negli Stati Uniti oggi è in aumento, mentre il numero di ebrei statunitensi è in costante declino. La maggior parte degli ebrei statunitensi sono “liberal ”e oltre il 70% vota democratico, rendendoli l'obiettivo di coloro che odiano i “democratici”. Nella metà del secolo scorso, gli ebrei erano al centro della lotta per i diritti civili degli afroamericani e oggi sono in prima linea nell'attivismo pubblico per l'accettazione dei migranti siriani, per la maggior parte musulmani. La destra americana vede questa attività ebraica sotto una luce negativa e come risultato, le loro dimostrazioni includono lo slogan "Gli ebrei non ci sottometteranno". L'odio crescente nei confronti degli ebrei è evidente nelle preoccupanti notizie di un drammatico aumento del numero di stragi in cui viene si manifesta, tra cui le impressionanti sparatorie: la prima, a Pittsburgh, in Pennsylvania, durante la festa di Succot di quest'anno, quando un assassino di nome Robert Bowers ha fatto irruzione nella Sinagoga Tree of Life, uccidendo 11 fedeli a sangue freddo e ferendone sei; la seconda avvenne la scorsa Pasqua quando, un assassino, John Ernest, irruppe nella sinagoga Chabad di Poway, cittadina della California, e uccise un fedele e ne ferì altri tre. In entrambi i casi, gli esecutori hanno citato i Diari di Turner, scritti contro gli ebrei nel 1978, da un nazista americano di nome William Luther Pierce, che scrive anche sotto lo pseudonimo di Andrew MacDonald. Un altro fattore che getta un'ombra sulla vita ebraica negli Stati Uniti, è il rafforzamento dei concetti anticapitalisti e le opinioni negative sui bianchi "privilegiati", ricchi e sani, sostenuti da gruppi che si considerano svantaggiati: persone di colore, poveri e portatori di handicap. Gli ebrei sono considerati favoriti e quindi parte inseparabile del sistema di "oppressione ed esclusione" gestito dai "privilegiati" contro quelli "discriminati" e "esclusi" dai vantaggi disponibili per i gruppi più benestanti. Sì, Israele è sempre più un peso per molti ebrei americani, con crescenti critiche alle politiche adottate per difendersi, così come quelle alla fondazione stessa dello Stato ebraico a spese “dei poveri palestinesi". L’opposizione al diritto di Israele di esistere perché è un'entità colonialista, è prevalente nei circoli accademici statunitensi, dove per decenni generazioni di studenti hanno imparato a credere fermamente, che gli ebrei non hanno diritto a uno Stato nazionale. Gli ebrei che s’identificano con Israele nei campus, sono soggetti a critiche e a discorsi di incitamento all'odio da parte di docenti che minacciano di influenzare negativamente i loro voti, e da colleghi che minacciano la loro sicurezza. È assolutamente necessario menzionare il coinvolgimento di organizzazioni ebraiche nell’alimentare le fiamme di questa critica e quindi l'odio contro Israele: Jewish Voice for Peace, Peace Now, J Street, ognuna a modo suo e con i propri metodi. Gli attivisti di queste organizzazioni ritengono che se solo Israele “si comportasse generosamente” - secondo le loro definizioni di ciò che questo implica – nei confronti dei suoi vicini, loro - cioè, i liberali e i progressisti ebrei - sarebbero accettati più facilmente dalla società americana. Non si rendono conto del semplice fatto, che l'odio contro gli ebrei non ha nulla a che fare con Israele, che non è nato nel 1948, ma è profondamente radicato nella cultura occidentale, proprio come nella cultura islamica. Gli Stati Uniti per molti anni sono stati la Terra Promessa per gli ebrei, una terra di immigrati, dove poter godere di vivere in uguaglianza, dignità, rispetto e apprezzamento proprio come le altre minoranze di immigrati. E’ stato anche un “rifugio sicuro” – soprattutto se confrontato con il problema della sicurezza in Israele - un Paese in cui nessuno controlla i bagagli di coloro che entrano in un centro commerciale, in treno o in una stazione degli autobus, come fanno nello Stato ebraico. Per contro, l'aumento dell'odio verso gli ebrei negli ultimi anni ha gettato un'ombra su quel sentimento di sicurezza, e gli attacchi omicidi che hanno preso di mira gli ebrei lo scorso anno, hanno reso traballante il concetto di rifugio sicuro. Molte sinagoghe ora hanno la protezione della polizia durante lo Sabbath e le preghiere per le festività o durante altre attività che si svolgono durante la settimana. Un certo numero di ebrei ha fondato un'organizzazione chiamata “Jews can shoot”(Gli ebrei possono sparare). Sulle loro kippà sono ricamate le parole: "Niente conferma il detto’ Mai Più’ come un Ebreo Armato". Stampato sull’orlo della kippah c’è un detto dei saggi ebrei: "Se qualcuno viene per ucciderti, alzati contro di lui e uccidilo per primo". Ci sono ebrei che vanno alla sinagoga con una pistola, ma sono sicuri che risolveranno il problema dell'odio contro gli ebrei? E cosa potrà fare l'ebreo armato, se l'assassino porta un'arma automatica? Che cosa succederà se un gruppo armato di armi automatiche attacca una sinagoga in cui una c’è una singola guardia armata di una pistola? È uno scenario impossibile da immaginare? Mi sono reso conto del grande cambiamento della visione del mondo di molti ebrei statunitensi durante quest’ultimo mio giro di conferenze tra Pasqua e Shavuot. La paura di incontrare l'odio contro gli ebrei e gli attacchi terroristici è diventata una possibilità reale, una corrente sotterranea che abbraccia tutto. Il risultato sarà il rafforzamento di due tendenze opposte: una, che gli ebrei che non sentono una vera connessione con il collettivo ebraico vedranno questo rapporto come un peso sempre più fastidioso, che cercheranno di rendere meno visibile finché possono tranquillamente integrarsi totalmente nella società circostante e liberarsi del destino che affligge gli ebrei statunitensi. Al contrario, quegli ebrei che non vogliono o non possono nascondere la loro identità (il loro abbigliamento, i boccoli, la barba, la kippà) si circonderanno di muri reali o virtuali per proteggere se stessi e le loro comunità, nei loro quartieri ebraici (come Williamsburg e Brooklyn) o in cittadine (come Monsey e Monroe). Altri invece decideranno, come hanno fatto gli ebrei francesi di recente, di rinunciare a vivere in America per trasferirsi in Israele. Il sistema politico israeliano riflette la mentalità della sua popolazione, con la destra che diventa costantemente più forte e la sinistra più debole a lungo termine, con un processo continuo. Il sistema politico negli Stati Uniti, al contrario, si basa su una sorta di pendolo che a volte concede le redini del potere ai democratici come Carter, Clinton e Obama, e qualche volta ai repubblicani come Reagan, Bush padre e figlio, e Trump. È possibile che dopo Trump - come reazione al suo modo di pensare e di comportarsi - il pendolo politico porti a un ebreo della sinistra estremista come Bernie Sanders, con l'agenda progressista dei suoi seguaci. Ciò porterà i sentimenti anti-ebraici da parte della destra americana a nuovi livelli, ma si spera non le loro azioni anti-ebraiche. Non vedo come il genio dell’antisemitismo possa rientrare nella bottiglia – d’altronde non sono così sicuro che ci sia mai stato. La storia del ventesimo secolo insegna che, più gli ebrei si erano integrati nella società in cui vivevano, più cresceva la minaccia che loro rappresentavano per quella società, e quindi maggiore era l'odio ispirato. Nella Germania di Weimar, in Austria e in Olanda , prima della Seconda Guerra Mondiale, gli ebrei avevano raggiunto i livelli socio-economici più elevati, causando in quei Paesi un odio contro gli ebrei ancora peggiore di quello dei Paesi dell'Europa Orientale. Fino a poco tempo fa, la maggior parte degli ebrei americani riteneva che gli Stati Uniti fossero intrinsecamente diversi dall'Europa, che "non può accadere qui". Quella sensazione ha iniziato a corrodersi. Israele deve prepararsi ad assorbire un’enorme immigrazione dagli Stati Uniti. Questa aliyah sarà il risultato dell'ebraismo americano che giunge alla conclusione che, proprio come l'Europa, gli Stati Uniti hanno cessato di essere un rifugio sicuro per gli ebrei. Il Canada non è molto meglio. E quello che sta accadendo in Messico, in Argentina e in Brasile, per non parlare del Venezuela, incoraggerà molti ebrei in quei Paesi a lasciarli e a trasferirsi in Israele. Credo che la massiccia aliyah dal Nord, Centro e Sud America sia al massimo una questione di pochi anni, e la domanda che Israele deve affrontare è quali passi intraprendere per assorbire con successo queste future e benedette ondate di immigrazione.
Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi.
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