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La Stampa Rassegna Stampa
15.06.2019 'Nessuno ritorna a Baghdad', il nuovo romanzo di Elena Loewenthal
Recensione di Mirella Serri

Testata: La Stampa
Data: 15 giugno 2019
Pagina: 5
Autore: Nirella Serri
Titolo: «Soltanto un piatto pieno di spezie cura la nostalgia della natia Baghdad»

Riprendiamo dalla STAMPA/Tuttolibri di oggi, 15/06/2019, a pag.5 con il titolo "Soltanto un piatto pieno di spezie cura la nostalgia della natia Baghdad", la recensione di Mirella Serri al libro di Elena Loewenthal "Nessuno torna a Baghdad" (Bompiani ed.)

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Mirella Serri

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Elena Loewenthal

Partire è veramente un po' morire per i protagonisti del nuovo bellissimo romanzo di Elena Loewenthal, Nessuno torna a Baghdad . Un racconto intenso e appassionato che descrive la novecentesca odissea degli ebrei arabi, costretti a tagliare le proprie radici. La narrazione prende avvio con gli ultimi giorni dell'ultracentenaria Norma, nata in Iraq e approdata in una casa di riposo a Brooklyn. L'unico conforto, e solo legame con il passato, è il gustoso pasto ricco di spezie che le viene portato dal vicino ristorante iracheno. Norma è l'emblema delle peripezie e del senso di estraniamento dell'ebreo arabo costretto da guerre e persecuzioni a fuggire di paese in paese: la sua lunga vita è stata tutta un lungo addio. Il primo doloroso commiato di Norma avviene nel 1919, a 13 anni e mezzo, come conseguenza della miseria estrema: la mamma spera per lei in  un destino migliore nella capitale irachena. L'adolescente lascia la natia Mosul e la madre, per impedire al dolore di sopraffarla, le chiederà di partire senza commettere l'errore di Orfeo, senza voltarsi indietro per cercarla.
Occhi verdi e pelle levigata, la piccola ma fascinosa Norma è accolta come una figlia nella casa dei ricchi parenti. Al calore della nuova famiglia subentra però il gelo di un matrimonio combinato. Ecco dunque un altro addio. Convola a nozze con un maturo partner destinato a spegnersi al suo fianco nel letto matrimoniale.
Anche la sorte della prole di Norma, Flora, Ameer e Violette, è lacerata dal coltello affilato dei ripetuti abbandoni. Ameer, malinconico e severo ragazzo dai capelli biondi, viene costretto a lasciare Baghdad per studiare in India. Saluterà per sempre l'Iraq nel 1947. Sua sorella Flora si allontanerà nel 1958 con cinque figli quando il sanguinario Abd al-Karim Qasim rovescia la monarchia e istituisce la repubblica legata all'Unione Sovietica. Il commiato da Baghdad è originato dalla necessità di sottrarsi alle razzie antiebraiche.
Il primo feroce confronto scontro con l'antisemitismo per gli ebrei arabi in Iraq avviene al termine del conflitto anglo-iracheno. Nel 1941 gli inglesi sbarcano a Bassora per ostacolare il primo ministro Rashid Ali al-Kayláni, avvocato nazionalista, violentemente anglofobo e filo hitleriano, desideroso di consegnare il suo paese nelle braccia del Reich. Dopo che Baghdad è stata occupata dai britannici scoppiano violente sommosse contro gli ebrei, fomentate dal leader palestinese Haj Amin al- usayni , il quale scacciato da Gerusalemme ha trovato in Iraq un'arena ideale per le sue attività anti-ebraiche. Norma e le due bambine, Violette e Flora, sfuggono per un pelo al massacro.
Finita la guerra, invece, è proprio la madre, Norma, che infligge ai ragazzi il trauma più terribile. Fugge con l'amante poiché a una vedova è vietato risposarsi: dall'America, sua seconda patria, divenuta di nuovo mamma, manda solo laconici messaggi. Non vedrà per cinquant'anni Violette, la figlia che più ha sofferto e si rifiuta di incontrarla. La partenza senza ritorno di Violette da Baghdad era avvenuta nel 1948 per non essere coinvolta in un pogrom.
Dopo la nascita dello Stato di Israele, l'Iraq si era schierato con gli aggressori che erano penetrati nella Palestina cisgiordana. Per gli ebrei non era più possibile soggiornare nella loro terra. La violenza bellica però continuò a seguire Violette nei suoi spostamenti: su Ramat Gan, il quartiere di Tel Aviv affollato di ebrei iracheni dove è andata ad abitare, nel 1991, durante la guerra del Golfo piombano 39 missili Scud di Saddam Hussein. Scorre come un liquore dolce-amaro il romanzo della Loewenthal. Con toni alti e commoventi, intreccia ferite individuali e storia collettiva.
I suoi esuli sono forti e deboli: continueranno per tutta la vita ad avere nostalgia per il profumo dei loro giardini e per i sapori piccanti dei loro piatti preferiti.
La Loewenthal riempie con questo romanzo il silenzio sugli ebrei arabi che, lasciato il paese di origine, in marcia verso il futuro camminano in avanti senza mai guardare indietro.

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