Riprendiamo da AVVENIRE di oggi, 15/16/2019, a pag.15 con il titolo "Relazioni tra Santa Sede e Israele. Parolin: un cammino di cooperazione" la cronaca di Enrico Lenzi
Non siamo ingenui fino al punto da ignorare le basi sulle quali si forma il linguaggio della diplomazia, a prevalere sono l'ipocrisia, la cancellazione degli episodi che racconterebbero come sono andate veramente le cose, l'equiparazione tra vittime e assassini, accomunati in un offensivo abbraccio, e via di seguito, praticamente il 90% di quanto ha affermato il cardinale Pietro Parolin.
Invece di iniziare con l'inizio del riconoscimento di Israele da parte della Santa Sede, avrebbe dovuto spiegare perchè dal 1948 al 1994 quel riconoscimento sia stato sempre negato.
Per tutte le altre mistificazioni affidiamo l'elenco ai nostri lettori , è sufficiente leggere l'articolo.
a destra il cardinale Pietro Parolin
Un quarto di secolo di «un significativo cammino di cooperazione». Lo definisce così il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, il percorso compiuto nelle relazioni diplomatiche tra Santa Sede e Israele. Il 10 marzo di 25 anni fa (era il 1994) entrava, infatti, in vigore l'Accordo Fondamentale tra i due Stati, che il 15 giugno 1994 aprivano anche le rispettive missioni diplomatiche in Vaticano e a Tel Aviv. E alla vigilia di questo anniversario, nella serata di giovedì, si è svolto un concerto di musica sacra in commemorazione presso il Tempio Maggiore di Roma, alla presenza dell'ambasciatore di Israele presso la Santa Sede, Oren David, e il rabbino capo Riccardo Di Segni.
Nel suo discorso, durante l'evento, il cardinale Parolin ha voluto ricordareche proprio in quella sinagoga si compì uno dei gesti che diedero impulso al cammino diplomatico: la visita che Giovanni Paolo II fece il 13 aprile 1986, primo Pontefice a mettere piede nella sinagoga di Roma. Un gesto che compiranno anche i suoi successori: Benedetto XVI il 17 gennaio 2010 e Francesco il 17 gennaio 2016.
«Fu il segno visibile- ha detto il segretario di Stato vaticano ricordando la visita del 1986 - della trasformazione del rapporto tra cristiani e ebrei negli ultimi 50 anni». «In questo anniversario, vorrei dire una parola di apprezzamento per l'impegno assunto dallo Stato di Israele di assicurare alla Chiesa cattolica la libertà di svolgere la propria missione e portare il proprio contributo alla società israeliana -ha sottolineato il cardinale Parolin -.Tra le varie attività della Chiesa, va rilevata quella delle scuole cattoliche, che, attraverso i valori fondamentali, al dialogo e al rispetto reciproco, favoriscono la creazione di una società più giusta e pacifica». Proprio per questo «ci auguriamo che non venga mai meno la coerenza con lo spirito dell Accordo Fondamentale per una rinnovata e proficua collaborazione con la Chiesa cattolica in Israele e che il Paese possa dimostrare con fierezza la viabilità della sua democrazia garantendo a tutti uguali diritti e pari opportunità per la costruzione di un futuro di pace e concordia».
La cerimonia per i 25 anni dello stabilimento di relazioni diplomatiche tra Santa Sede e Israele, è stata anche l'occasione per il cardinale Parolin di citare alcune importanti tappe del dialogo intrapreso, a iniziare dalle visite che i Pontefici hanno compiuto nella Terra Santa: Paolo VI nel 1964, Giovanni Paolo II nel 2000, Benedetto XVI nel 2009 e Francesco nel 2014. «Vorrei ricordare, in particolare - ha detto il porporato -, l'incontro di preghiera con i presidenti israeliano e palestinese, svoltosi l'8 giugno 2014 in Vaticano, del quale ricorre il quinto anniversario. Come è noto, al Papa e alla Santa Sede stanno a cuore il processo di pace e il futuro della regione», per la quale Francesco ha invitato a dedicare un minuto di preghiera per la pace in Terra Santa. Il cardinale Parolin è tornato ad auspicare che l'impegno diplomatico e religioso «favorisca la vocazione di Gerusalemme - come ai fedeli delle tre religioni monoteiste (ebrei. cristiani e musulmani) - a essere un luogo di riconciliazione e di incontro tra le religioni, nonché un simbolo di rispetto e di coabitazione pacifica».
Altro tema che sta a cuore al Papa e alla Chiesa la lotta all'antisemitismo. «Lungo questi anni, la Santa Sede e lo stato d'Israele - ha ricordato il segretario di Stato vaticano - hanno dimostrato una comune responsabilità in tale lotta, impegno ribadito dall'Accordo Fondamentale, che deve proseguire nel combattere ogni forma di intolleranza religiosa e nel promuovere la comprensione reciproca tra le Nazioni, tolleranza tra le comunità e rispetto per la dignità e la vita umana».
E ricorda come lo stesso papa Francesco, in occasione della conferenza internazionale sulla responsabilità degli Stati, Istituzioni e individui nella lotta all'antisemitismo e ai crimini connessi all'odio antisemitico, svoltosi in Vaticano il 29 gennaio dello scorso anno, ha detto che «la Chiesa desidera tendere la mano. Desidera ricordare e camminare insieme. In questo percorso, memore del patrimonio che essa ha in comune con gli ebrei, e spinta non da motivi politici, ma da religiosa carità evangelica, deplora gli odi, le persecuzioni e tutte le manifestazioni dell'antisemitismo dirette controgli ebrei in ogni tempo e da chiunque». Un impegno che proseguirà nel cammino comune nelle relazioni diplomatiche che «puntina una promozione concreta di una rinnovata amicizia».
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