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La Stampa Rassegna Stampa
06.06.2019 Strage in Sudan, più di 100 morti: in quei paesi dove la vita non è un valore
Cronaca di Giordano Stabile

Testata: La Stampa
Data: 06 giugno 2019
Pagina: 14
Autore: Giordano Stabile
Titolo: «Cento vittime della repressione, i corpi gettati nel Nilo»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 06/06/2019, a pag.14 con il titolo "Cento vittime della repressione, i corpi gettati nel Nilo", la cronaca di Giordano Stabile.

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Giordano Stabile

Cadaveri gettati nel Nilo, feriti strappati via dai loro letti negli ospedali, leader dell’opposizione arrestati. La repressione della primavera sudanese continua, mentre il massacro di lunedì a Khartoum assume contorni sempre più gravi. Il bilancio è salito a 100 morti e 300 feriti. Una quarantina di corpi sono stati ritrovati ai bordi del fiume ed è chiaro che i militari hanno cercato di sbarazzarsi delle vittime. La denuncia arriva da Central Committee of Sudanese Doctors, una delle associazioni che hanno dato vita alla protesta e che continua a lanciare appelli per l’invio di medicinali e dottori. I medici hanno anche denunciato l’irruzione dei soldati negli ospedali, con arresti arbitrari e uso di armi da fuoco.

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Il capo della giunta Abdel Fatah al-Buhran ieri ha ammorbidito i toni, e si è detto pronto a un «dialogo senza condizioni» con i manifestanti. Stati Uniti e Ue premono sui padrini regionali della giunta, cioè Arabia Saudita ed Emirati Arabi, perché fermino la repressione. Al-Buhran si trovava a Riad due giorni prima del massacro e per questo il dipartimento di Stato americano ha protestato con il viceministro della Difesa saudita. Ieri anche le autorità saudite hanno ammonito la giunta a «evitare spargimenti di sangue», mentre Usa e Gran Bretagna hanno presentato all’Onu una mozione che chiedeva la fine delle violenze ma che è stata bloccata dalla Cina con l’appoggio della Russia.

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Mohamed Hamdan Dagalo


Dietro la svolta autoritaria c’è anche la crescente influenza all’interno della giunta del generale Mohamed Hamdan Dagalo, già responsabile di massacri nel Darfur con la sua milizia Janjaweed, i «diavoli a cavallo»: Dagalo è ora a capo delle cosiddette Rapid Support Forces, un’altra milizia riconoscibile dai baschi rossi. Le Rsf si sono rese protagoniste di violenze inaudite anche negli ospedali. Un medico ha raccontato che gli uomini di Dagalo «sono entrati nelle corsie e hanno cominciato a sparare», mentre fra le tende del sit-in, ha raccontato un altro dottore, «c’era gente che annegava in un lago di sangue».
Ora nel mirino ci sono i leader dei movimenti di opposizione. Ieri è stato arrestato Yasir Arman, vice comandante del Sudan People Liberation Movement-North (Splm-N), tornato a Khartoum dopo la deposizione dell’ex presidente Omar al-Bashir. Lo Splm-N ha combattuto contro le truppe governative fin dal 2011; e poi si è alleato con le proteste popolari. Arman voleva negoziare la formazione di un governo provvisorio con la giunta ma ora si trova agli arresti in una località segreta.

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