Marta Ottaviani
La Turchia continua ad aumentare la sua influenza all’estero e, per riuscirci, gioca la carta della religione e dei legami che attraverso questa si possono intrecciare.
Per questo la Diyanet, l’Autorità per gli Affari Religiosi, ha costruito, finanziandole totalmente, moschee in 140 Paesi diversi. Una generosità, che cela un disegno politico ben preciso, visto che le moschee sono spesso gestite da imam provenienti dalla Mezzaluna, e che ad Ankara costa circa mezzo miliardo di dollari.
Il kebab di Erdogan
Dagli territori dell’ex Urss a Tirana
Spesso si tratta di veri e propri doni del governo turco nei confronti di nazioni con le quali i rapporti sono sempre più stretti e proficui. È il caso, per esempio, delle Repubbliche dell’Asia centrale, che, dopo gli anni del laicismo imposto dall’Unione Sovietica, hanno rilanciato le loro radici religiose, a volte anche con un grosso rischio terrorismo annesso. Non è un caso che proprio qui si trovi la moschea più grande costruita dalla Turchia fino a questo momento. Sorge a Bishkek, la capitale del Kyrgyzistan, è costata 35 milioni di dollari e può ospitare fino a 20mila fedeli. Ci sono poi i Paesi dove Ankara è ormai se non il padrone di casa, certamente una presenza che conta sempre di più. Ne sanno qualcosa in Albania, dove, nella capitale Tirana, è stata costruita una moschea enorme proprio di fianco al parlamento nazionale. Il cantiere è stato accompagnato da molte polemiche, soprattutto da parte della componente ortodossa della popolazione, secondo la quale Erdogan starebbe cercando di prendere sempre più piede all’interno della comunità musulmana, mettendo così a rischio la laicità del Paese. L’intento di Ankara di intervenire chiaramente nelle vicende dei singoli governi, è ancora più evidente in altre nazioni dei Balcani, come la Bosnia o il Kosovo, dove, oltre a moschee costruite ex novo, sono state restaurate quelle di epoca ottomana, a marcare una presenza storica che rivendica un preciso ruolo politico.
La costruzione di una moschea in Turchia
La conquista dell’Africa
La Turchia è particolarmente attiva nei Paesi africani, dove contende fette di mercato e di influenza niente meno che alla Cina e dove ha costruito moschee in molti luoghi, fra cui quella di Accra, che è la più grande dell’Africa occidentale. Investimenti imponenti anche in Paesi dove l’Islam non è la religione principale o dove le comunità di fedeli sono composte da un numero particolarmente esiguo. In Maryland, negli Stati Uniti, ne hanno costruita una da oltre 20mila metri quadrati. Dalle mire della Diyanet non è sfuggita Cuba, forse in omaggio a quanto disse Erdogan qualche anno fa: ovvero che l’isola fu raggiunta prima da navigatori musulmani e solo dopo da Cristoforo Colombo.