Giordano Stabile
Bashar al Assad con Vladimir Putin
Si riaccende il fronte del Golan e Israele torna ad attaccare in Siria, mentre le forze governative sono impegnate nell’offensiva contro i ribelli nella provincia di Idlib e devono fronteggiare difficoltà sempre maggiori nell’approvvigionamento di carburanti. Le nuove tensioni con gli Stati Uniti hanno forse spinto le milizie sciite dispiegate ai piedi delle Alture a lanciare nella notte fra sabato e domenica due razzi verso il territorio controllato dagli israeliani. La reazione è stata immediata. Le forze di terra hanno replicato con razzi e artiglieria, e poi i cacciabombardieri hanno colpito più in profondità, fino ai sobborghi di Damasco.
I due razzi, hanno spiegato i portavoce militari israeliani, si sono diretti contro il Monte Hermon e uno «è caduto in territorio israeliano». La rappresaglia ha preso di mira «due batterie siriane di artiglieria, alcuni posti di osservazione e una batteria di difesa aerea Sa-2» nella zona di Quneitra. Ma non era finita. Nella notte i raid si sono estesi ad Al-Kiswa, circa 25 chilometri a Sud della capitale siriana, dove c’è una base militare già presa di mira più volte negli anni scorsi. In questo caso è stato colpito, secondo fonti dell’opposizione siriana, un «deposito di missili a lungo raggio» vicino a una caserma, dove gli israeliani sospettano operino anche i Pasdaran iraniani. Tre soldati siriani sono rimasti uccisi nei bombardamenti.
L’annessione
La tv di Stato siriana ha confermato l’attacco e precisato che le difese «hanno reagito all’aggressione» e lanciato missili verso i jet con la Stelle di David. I tiri hanno a loro volta innescato le sirene d’allarme nel Nord di Israele. Ieri mattina il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha ribadito che «non tollereremo attacchi sul nostro territorio e risponderemo con grande forza a ogni aggressione». Le Alture del Golan sono state conquistate da Israele nella Guerra dei sei giorni del 1967 e annesse nel 1980. Quest’anno l’amministrazione Trump ha riconosciuto l’annessione.
Washington appoggia anche l’azione contro le forze iraniane presenti in Siria e le sanzioni contro Teheran hanno una importante ricaduta a Damasco, che fatica a procurarsi il greggio necessario, prima fornito senza problemi dall’Iran. Bashar al-Assad ha anche perso i due terzi dei pozzi petroliferi siriani, ora controllati dai curdi sostenuti dagli Usa nel Nord-Est del Paese. E qui si è aperto un nuovo fronte nel braccio di ferro fra il raiss e gli Stati Uniti, perché la scorsa settimana per la prima volta l’aviazione Usa ha colpito le cisterne di contrabbando fra le zone curde e quelle governative e ha affondato anche alcuni battelli che attraversavano il fiume Eufrate.
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