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La Stampa Rassegna Stampa
31.05.2019 Russiagate: nessuna prova, il caso è chiuso
Cronaca di Francesco Semprini

Testata: La Stampa
Data: 31 maggio 2019
Pagina: 19
Autore: Francesco Semprini
Titolo: «Trump attacca Mueller: voleva diventare capo dell'Fbi, dissi no»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 31/05/2019, a pag. 19 con il titolo "Trump attacca Mueller: voleva diventare capo dell'Fbi, dissi no", la cronaca di Francesco Semprini.

In ogni democrazia esiste fino a prova contraria la presunzione di innocenza. Questo significa che è l'accusa che deve provare la consistenza di qualsiasi infrazione o crimine: se non riesce a farlo in modo convincente, l'imputato non può essere considerato colpevole. Quello che conta è che il procuratore generale Robert Mueller non si può occupare di scagionare o no Donald Trump, ma di trovare le prove della sua colpevolezza. Se queste prove non ci sono, come ha scritto anche lo stesso Trump, il caso è chiuso.
Per approfondire, ecco la pagina di IC di ieri con il nostro commento: http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=6&sez=120&id=74791

Ecco l'articolo:

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Francesco Semprini

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Donald Trump

 

Donald Trump spara a zero sul Russiagate. All’indomani delle nuove dichiarazioni di Robert Mueller, il titolare dell’inchiesta sulle interferenze di Mosca nelle elezioni del 2016, il presidente Usa ribatte evocando di nuovo la «caccia alla streghe» in atto nei suoi confronti da parte di chi ne vorrebbe l’impeachment, e definendo lo stesso procuratore un «nemico» e un «arrivista».L’inquilino della Casa accusa il procuratore di essere un attivista del movimento anti-Trump, e afferma di aver avuto con lui in passato controversie d’affari. I dettagli arrivano via Twitter: «Robert Mueller venne nello studio Ovale (insieme ad altri potenziali candidati) cercando di essere nominato direttore dell’Fbi. Era già stato in quella posizione per 12 anni, gli dissi no. Il giorno dopo fu nominato procuratore speciale. Un totale conflitto di interessi».
L’invettiva di Trump arriva in risposta alle nuove pressioni per una messa in stato di accusa da parte dei democratici, compresi alcuni candidati alle presidenziali 2020. Questo sulla scia della dichiarazione di mercoledì di Mueller, che non ha escluso reati da parte del presidente anche se in due anni di indagini sul Russiagate non sono state trovate prove sufficienti. L’inquilino della Casa Bianca spiega che «Mueller avrebbe dovuto portare qualcosa», specie con tutte le risorse di cui ha potuto disporre per l’inchiesta. Invece mercoledì Mueller «ha detto sostanzialmente la stessa cosa del suo rapporto», ovvero che «non c’è alcuna ostruzione, non c’è alcuna collusione».

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Robert Mueller

«Mosca non mi ha aiutato»
Una «cospirazione» dalla quale lo stesso presidente rivendica di esserne uscito senza macchia. «No, la Russia non mi ha aiutato ad essere eletto»: precisa Trump ai cronisti, correggendo un tweet poco chiaro in merito. «La Russia, semmai, ha aiutato l’altra parte», ha aggiunto, sostenendo che Mosca preferiva Hillary Clinton e ha tentato di farla eleggere. Il presidente osserva inoltre di avere a suo titolo «poteri presidenziali incredibili», che lo proteggono da ogni accusa di ostruzione alla giustizia. Eppure «non ho bisogno di fare affidamento sull’articolo due», chiosa, in riferimento al passaggio della costituzione che definisce tali poteri. E allora, chiede Trump, «come incriminare un presidente repubblicano per un reato che è stato commesso dai democratici? Caccia alle streghe!». Un mantra per l’ex tycoon che parla della «più grande persecuzione della storia verso un presidente costata agli americani 40 milioni di dollari nell’arco di due anni oscurantisti». Anni dopo i quali «non è stato trovato niente, nemmeno un capo di accusa».

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