Questa mattina tutto il mondo ha sentito la sua voce leggermente isterica gridare alla Tv Al Jazeera che dei malfattori come Abu Mazen e Abu Ala vogliono seppellire vivo Abu Amar (Arafat) il quale, secondo lei, sta benone e presto tornera' al lavoro. Abbiamo anche sentito, non senza sorpresa date le sue origini cristiane, il suo grido di fede e di battaglia : "Allah hu akhbar".
Le scrivo, gentile Suha, per dirle che lei , come sempre, ci fa molto divertire. Ci era riuscita anni fa, durante la visita di Clinton, quando accuso' Israele di avvelenare l'acqua e l'aria dei palestinesi provocando un moto di fastidio persino in Hillary che la stava ascoltando stravolta.
E' riuscita a divertirci praticamente sempre, signora Arafat, con la sua spocchia e le sue gaffes, tranne quando approvava e esaltava le azioni dei kamikaze contro Israele, paese da lei ferocemente odiato.
Che lei non sia una persona di buon carattere lo avevamo capito da anni, grazie alle sue poco diplomatiche esternazioni.
Sua madre Raimonda Tawill, gran donna, intelligente, elegante ...cosi' diversa da lei... durante un'intervista, rilasciata quasi totalmente in lingua ebraica, alla TV israeliana, disse di non avere piu' nessun rapporto con lei e si lamento' di non poter vedere neppure la nipotina a causa di un suo veto, gentile Suha.
Ci si comporta cosi' con una nonna?
Raimonda , colle lacrime agli occhi, diceva di aver visto la nipotina due volte prima che lei, Suha, le sbattesse la porta in faccia rifiutandosi in seguito di incontrarla e persino di sentirla al telefono. Non solo ma arrivo' a proibire a sua madre di avere contatti di lavoro con Arafat. Gelosia? Beh non credo visto che suo marito non era un adone e notoriamente attratto da giovani luogotenenti baffuti.
Lasciamo perdere il passato e i suoi deprimenti rapporti familiari e veniamo all'oggi.
Senta Suha, ma le sembra un modo signorile di comportarsi ? Mettersi a urlare in TV che una gang di malfattori vuole seppellire vivo suo marito?
Non le e' passato per la mente che sia Abu Mazen che Abu Alla' devono sapere che fine ha fatto il raiss?
Non le sovviene forse che tutto il malloppo sul quale lei cerca di mettere le sua curatissime mani appartiene ai palestinesi?
Non pensa che i palestinesi dovrebbero sapere se Arafat e' vivo o morto, se sta attaccato alle macchine o se gioca a scopone scientifico con i dottori francesi che, pare, non siano in grado di fare di piu' e di meglio?
Lei e' scappata a Parigi non appena il suo consorte ha fatto scoppiare la guerra, si e' insediata in un lussuoso Hotel, si e' fatta mantenere con un appannaggio di 160.000 $ mensili, al quale dovremmo aggiungere altre cifre sbalorditive di cui si mormora... un imprecisato numero di Mercedes e di governanti per la rampolla.
Tutto questo ben di Dio mentre altri rampolli, quelli palestinesi dei territori, giocano tra la melma delle fogne a cielo aperto o, grandicelli, vanno a farsi saltare in qualche autobus o ristorante di Israele provocando in lei gioia e soddisfazione!
Suo marito, in 40 anni di potere assoluto, ha messo da parte una bella sommetta, pare sia uno degli uomini piu' ricchi del mondo, benissimo, non e' certamente l'unico, ma il particolare che dà fastidio e' che la sua ricchezza si basa sui soldi rubati ai palestinesi e adesso che sta donando, o probabilmente ha gia' donato, l'anima a Allah lei mettera' le mani su un patrimonio non suo.
Capito Suha? Tutti quei soldi non sono suoi come non erano di suo marito.
Lo so di essere un'inguaribile visionaria ma a questo punto, gentile Suha, mi sento di lanciarle una specie di supplica che le consentirebbe di rimediare in minima parte al male fatto da Yasser Arafat: restituisca i soldi ai palestinesi.
Sono stati rovinati, vessati, torturati, assassinati da una dittatura infame, dia loro almeno i soldi dei quali li avete derubati.
Con che coraggio lei potrebbe goderne sapendo che, dopo 40 anni di ferocia, suo marito lascia un'intera popolazione in miseria e i territori sgangherati all'inverosimile.
Restituisca i soldi ai legittimi proprietari, Suha, si dia una calmata e sparisca nell'ombra della storia.