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Donna Moderna Rassegna Stampa
22.05.2019 Yemen: un campo di battaglia per Iran e Arabia Saudita
Commento di Laura Battaglia

Testata: Donna Moderna
Data: 22 maggio 2019
Pagina: 65
Autore: Laura Battaglia
Titolo: «C'è una guerra di cui nessuno parla»

Riprendiamo da DONNA MODERNA di oggi, 22/05/2019, a pag. 65, con il titolo "C'è una guerra di cui nessuno parla", il commento di Laura Battaglia.

Complimenti a Donna Moderna, l'analisi di Laura Battaglia è ad un livello più alto di tanti quotidiani.

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Medio Oriente: un campo di battaglia per Iran e Arabia Saudita

I due piani della scuola al-Nahda strabordano di studenti. Ma la scuola non ha porte né finestre e sulla struttura di mattoni crudi, mai completata e danneggiata dalle bombe, ci sono solo abbozzi di balconi che paiono bocche affamate. Nel cortile una sessantina di alunni esegue gli esercizi ginnici del mattino, mentre il maestro scandisce il ritmo: «Uno, due, tre». Ma il cortile è solo una spianata sterrata, troppo vicina alla strada dove passa di tutto: auto, asini, camion, pecore. E pick up carichi di uomini armati. A pochi metri, una linea immaginaria di confine: la linea Maginot dell'assedio di Taiz, la città più gravemente colpita dal conflitto in Yemen, quella che sta pagando il maggiore tributo a una guerra iniziata nella primavera del 2015 e mai finita. Una guerra che si preannuncia ancora più sanguinosa: secondo un recente studio dell'Onu, ci saranno 230.000 morti entro la fine dell'anno. Colpa non solo dalle armi, ma anche della fame e di malattie epidemiche come la difterite e, soprattutto, il colera, che da 2 anni sta devastando quello che già prima della guerra era il Paese più povero del mondo arabo. A farne le spese sono per primi i bambini. Un terzo dei 110.000 casi di colera registrati dall'inizio del 2019 riguarda piccoli sotto i 5 anni. Secondo l'Unicef 2,2 milioni di bambini soffrono di malnutrizione e 360.000 sono prossimi alla morte. Anche perché migliaia di loro sono utilizzati come baby combattenti dalle varie milizie in campo.

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Lo Yemen schiacciato tra Arabia Saudita e Iran

È l'unico istituto sicuro. ll confine immaginario che spacca Taiz segna la zona della città dove termina il controllo del governo del presidente Rabbo Mansour Hadi (che ha sede nella città di Aden ed è sostenuto dalla Lega araba guidata dall'Arabia saudita) e inizia l'area occupata dai ribelli Houthi (che grazie al sostegno economico e logistico dell'Iran hanno conquistato il Nord del Paese, compresa l'ex capitale Sana'a). Oltre questa frontiera è meglio non andare. Ed è uno dei motivi per cui la scuola al-Nahda ha ben 700 alunni. Per accedervi non ci vuole alcun requisito esclusivo. Bisogna solo essere più sfortunati di altri: non avere il denaro per iscrivere i figli in un istituto privato e vivere così vicini alla linea del fuoco da non poterli mandare nemmeno nella scuola statale che frequentavano. Perché questo significherebbe costringerli a oltrepassare ogni giorno la frontline sotto il fuoco dei proiettili e i colpi di mortaio di una guerra civile in cui i motivi politico-religiosi (il governo centrale segue l'Islam sunnita, mentre I ribelli Houthi sono sciiti) si intrecciano a interessi economici (lo Yemen è un crocevia fondamentale sulle rotte del petrolio) e territoriali (Arabia saudita e Iran puntano ad aumentare la rispettiva influenza sulla regione). Gli insegnanti sono volontari. La scuola al-Nahda è nata dalla caparbietà di un maestro che ha trasformato la propria casa diroccata dai bombardamenti in una struttura capace di fornire gratuitamente l'istruzione primaria, grazie all'impegno suo e di altri docenti volontari. Salah Seif Al Burahi, avvocato, accompagna il figlio in classe ogni mattina. «Qui prima c'erano 2 scuole, la al-Khair e la al-Ihsan, una a occidente e l'altra a oriente, nello stesso quartiere. Ma sono entrambe molto lontane e la strada è piena di pericoli. Questa è la più vicina a casa nostra, ed è sicura» racconta. Il figlio Tarek, 9 anni, che da grande vorrebbe fare lo stesso mestiere del padre, è contento. «In classe siamo troppi, però posso continuare a studiare e ho tanti amici». Adel Abdul Khaliq Ashuraihi è il maestro-salvatore del quartiere. La sua fama a Taiz è conclamata. Ma lui, fisico asciutto, sguardo mite e voce stentorea da insegnante che all'occorrenza sa mettere in riga centinaia di studenti, sostiene di avere fatto solo ciò che andava fatto: «I bambini non devono pagare per le colpe degli adulti e io non riuscivo a stare con le mani in mano. Così ho pensato che nel mio piccolo potevo trasformare un'idea in realtà. Adesso siamo una scuola a tutti gli effetti, anche se ci mancano le capacità ricettive e le risorse umane sono insufficienti». Il maestro Ashuraihi mi accompagna a fare il giro della scuola. Nelle aule non ci sono pavimenti. Dappertutto sono stati piazzati rotoli di moquette e tappeti per rendere più confortevole la seduta a terra. Le prime classi scoppiano di bambini, maschi e femmine. Tanti, tantissimi. Nadia al-Absi, 20 anni, ha studiato da maestra e insegna nonostante non sia ancora abilitata. Lancia un messaggio alla comunità internazionale, gli occhi pieni di lacrime ma la voce ferma: «L'educazione è una missione universale. Senza di essa gli uomini non avrebbero raggiunto lo spazio e senza di essa non ci saranno le invenzioni che useremo nella nostra vita quotidiana. L'educazione è la chiave per questa vita e per la prossima. Se si vuole aiutare lo Yemen, bisogna promuovere l'istruzione. L'unico modo per salvare i nostri figli dalla guerra è dare loro in mano una penna, non un fucile».

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