Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 22/05/2019, a pag. 15 con il titolo "Giudice si schiera con il Congresso: 'Trump consegni la sua contabilità' ", la cronaca di Paolo Mastrolilli.
La richiesta del presidente dell’Oversight Committee della Camera, Elijah Cummings, di poter visionare la contabilità privata di Donald Trump è insensata. Il prossimo passo sarà la richiesta della corrispondenza privata del Presidente degli Stati Uniti?
Ecco l'articolo:
Paolo Mastrolilli
Donald Trump
Lo studio commercialistico che assiste il presidente Trump deve consegnare i suoi documenti contabili e fiscali. Lo ha stabilito un giudice federale di primo grado, infliggendo al capo della Casa Bianca la prima sconfitta di quella che si preannuncia come una battaglia e legale e politica destinata ad avere un forte impatto sulle elezioni dell’anno prossimo.
Nei giorni scorsi il presidente dell’Oversight Committee della Camera, Elijah Cummings, aveva chiesto allo studio Mazars di consegnare i documenti contabili di Trump. Il capo della Casa Bianca si era rifiutato, Cummings aveva emesso un ordine per riceverli, e il presidente aveva fatto causa. La questione è finita davanti al giudice Amit Mehta, che ha dato ragione al Congresso.
Trump ha risposto che è la decisione senza senso di un magistrato nominato da Obama, e quindi ha fatto appello, che però finirà nelle mani del giudice Merrick Garland, probabilmente poco incline ad aiutare i repubblicani, che gli avevano negato un’audizione al Senato quando sempre Obama lo aveva scelto per prendere il posto di Scalia alla Corte Suprema. Se anche l’appello si risolverà contro Trump, sarà un segnale molto negativo per il presidente. Non solo perché i democratici si avvicineranno alle sue dichiarazioni dei redditi, ma anche perché il precedente potrebbe avere un impatto devastante sulla sua strategia difensiva.
Il timore del boomerang
Dopo la presentazione del rapporto Mueller sul Russiagate, i democratici hanno puntato sull’uso dei poteri investigativi della Camera per continuare le inchieste e tenere alta la pressione su Trump, come i repubblicani avevano fatto con Hillary Clinton dopo Bengasi. La Casa Bianca ha risposto che il caso è chiuso e si rifiuta di cooperare, bocciando qualunque richiesta di documenti o testimonianze. Ciò ha provocato una crisi istituzionale, perché la Costituzione assegna al Congresso il potere di indagare sulle cariche dello Stato. Quindi i democratici hanno risposto emettendo una serie di «subpoena», ossia mandati di comparizione. La Casa Bianca ha replicato facendo causa, per fermarli o guadagnare tempo in vista delle elezioni, e ora i tribunali dovranno decidere chi ha ragione.
La prima sconfitta di Trump ha eccitato gli animi dei democratici più intransigenti, che ora si stanno ribellando alla Speaker della Camera Pelosi. Chiedono di avviare le procedure di impeachment, a cui lei è contraria, perché teme che diventino un boomerang come era accaduto con Bill Clinton.
Per inviare alla Stampa la propria opinione, telefonare: 011/ 65681, oppure cliccare sulla e-mail sottostante