Eurovision in Israele, il coraggio di sognare
Commento di Michelle Mazel
(Traduzione di Yehudit Weisz)
www.jforum.fr/osez-rever-par-michele-mazel.html
Nessuno slogan sarebbe stato più azzeccato di questo per la folle scommessa assunta da Israele con l’organizzazione di Eurovision. Un rischio insensato a ben pensarci. I sostenitori del BDS si erano scatenati e avevano promesso gigantesche dimostrazioni e pressioni sui Paesi e sugli artisti coinvolti. La stampa benpensante poneva degli interrogativi sul “messaggio” che la scelta di questo Stato, diverso da tutti gli altri, avrebbe trasmesso. Che fine avrebbe fatto la moralità? E il diritto internazionale? Come conciliare mesi di preparazione, di celebrazioni e un flusso di visitatori con la tragedia di una popolazione palestinese che soffre gli orrori “dell'Occupazione”? E il pericolo? Qualcuno aveva pensato al pericolo? Nessuno parlava apertamente di terrorismo, di attacchi suicidi, ma non mancavano le allusioni.
Mahmood
Come al solito, ogni articolo era accompagnato da dozzine o anche da centinaia di commenti dei lettori , alcuni dei quali mettevano in dubbio la legittimità e l'esistenza stessa dello Stato ebraico. I moderatori di giornali importanti come Le Figaro o Le Monde non ci videro nulla di strano. Ecco per la cronaca questo commento pubblicato il 5 maggio dal quotidiano Le Monde (e rimosso dopo la mia segnalazione, N.d.A.): “Fin dall'inizio, il diplomatico britannico Montaigu (1917) e la commissione universitaria anglo-americana King-Crane (1919) hanno sottolineato i pericoli del progetto sionista (un progetto di conquista e di espropriazione). Ma dopo 100 anni di violenze generate dal sionismo, Le Monde continua a non mettere mai in discussione le conseguenze del sionismo, il suo ruolo nell'escalation secolare della violenza. In modo indiscriminato ". Ahimè, per un commento rimosso ne sono saltati fuori altri venti. Questa foga mediatica metteva in rilievo gli eventi di Gaza. Settimana dopo settimana i gazawi, inquadrati e manovrati da quell’organizzazione terroristica qual’é Hamas, cercavano di attraversare il confine e irrompere all'interno di Israele al solo scopo di distruggere il maledetto vicino. Un’impresa genocida che godeva dell’assurdo sostegno dell’Occidente. Articoli e resoconti "dal posto" mettevano in risalto il coraggio dei manifestanti a "petto nudo" contro le armi dei soldati israeliani, che sparavano per uccidere, e su poveri bambini storpi la cui vita era rovinata per sempre. Si parlava meno degli incendi che devastavano i campi e i boschi del Sud di Israele e dell’inferno dei lanci di razzi. C'era naturalmente un’altra, più drammatica minaccia: quella dei nemici alle frontiere. I tunnel di attacco scavati sotto il confine con il Libano per permettere a Hezbollah di lanciare un'offensiva fulminea contro la Galilea; i tentativi dell'Iran di attaccare Israele attraverso le loro milizie in Siria. Meno di un mese prima dell'inizio della grande festa della musica che è l'Eurovision, la tensione era al culmine e di fronte all’insorgenza di pericoli, non mancavano i commentatori per chiedevano la sua cancellazione. Israele ha superato questa guerra di nervi, diventando il vincitore di questa competizione. Per un'intera settimana centinaia di milioni di telespettatori hanno scoperto un'altra realtà e un Paese di vibrante vitalità. Certo, questo stato di grazia non durerà, tuttavia è necessario rendere omaggio al coraggio di una nazione che ha osato sognare e che ha trasformato questo sogno in un successo mozzafiato.
Michelle Mazel scrittrice israeliana nata in Francia. Ha vissuto otto anni al Cairo quando il marito era Ambasciatore d’Israele in Egitto. Profonda conoscitrice del Medio Oriente, ha scritto “La Prostituée de Jericho”, “Le Kabyle de Jérusalem” non ancora tradotti in italiano. E' in uscita il nuovo volume della trilogia/spionaggio: “Le Cheikh de Hébron".