Che fare con Hamas? Dipende dall'Iran, il pericolo più minaccioso Analisi di Antonio Donno
Testata: Informazione Corretta Data: 19 maggio 2019 Pagina: 1 Autore: Antonio Donno Titolo: «Che fare con Hamas? Dipende dall'Iran, il pericolo più minaccioso»
Che fare con Hamas? Dipende dall'Iran, il pericolo più minaccioso Analisi di Antonio Donno
Gaza sarà per Israele un problema di assai difficile soluzione. Lo è stato finora e, con ogni probabilità, lo sarà ancora per lungo tempo, a meno che non intervengano fatti decisivi che al momento non sono prevedibili. La richiesta di parte delle forze politiche israeliane di rioccupare Gaza e sconfiggere definitivamente Hamas sarebbe un atto dalle conseguenze regionali e internazionali assai difficili da gestire da parte di Gerusalemme. A questo occorre aggiungere la presenza ormai solida della Palestinian Islamic Jihad (PIJ), legata a Teheran, in Gaza. Questa presenza pone un problema molto importante: la sunnita Hamas accetta la presenza e probabilmente il sostegno economico della sciita PIJ, cioè dell’Iran. Mentre nel resto del Medio Oriente l’Iran sciita minaccia il mondo arabo sunnita, che, per difendersi, accetta il sostegno politico americano e dello stesso Israele, a Gaza la presenza contemporanea di Hamas e PIJ non è per ora messa in causa dalle profonde, storiche divergenze religiose tra le due parti e ciò in funzione della sempre sperata distruzione dell’entità sionista. In prospettiva, il progressivo indebolimento economico di Hamas potrebbe lasciare Gaza nelle mani di Teheran. Prospettiva assai pericolosa per Gerusalemme. Una possibile egemonia dell’Iran a Gaza, per mezzo del PIJ, aggiunta alla presenza massiccia di Teheran ai confini settentrionali di Israele, nel Libano e in Siria, costituirebbe un accerchiamento di Israele assai pericoloso. E la deterrenza messa in atto da Israele sino ad oggi diventerebbe sempre più complicata. Benché la popolazione israeliana che vive nelle zone di confine con Gaza richieda sempre più pressantemente che Hamas venga sradicato e Gaza rioccupata, sostenuta in questo dalla destra estrema israeliana e da una parte dello stesso Likud, il governo Netanyahu ha sempre ritenuto ¬– giustamente – che l’impresa avrebbe costi economici, politici e umani troppo grandi. Gaza sarebbe una polveriera ingestibile. L’ennesimo recente cessate-il-fuoco ha certamente scontentato quella parte israeliana radicata ai confini di Gaza, comprese le città di Ashdod e di Ashkelon, ma purtroppo non v’è una praticabile alternativa per Netanyahu. Né la riapertura di un processo di pace tra Israele e l’Autorità Palestinese indurrebbe Hamas ad abbandonare il progetto di distruzione di Israele, che è la ragione di fondo della contesa tra la stessa Hamas e l’AP, contesa che, tutto sommato, va a vantaggio di Israele. Tuttavia, il problema di Gaza resterà ancora per molto tempo una questione aperta per Israele. Riconquistare Gaza e cederla all’Autorità Palestinese poterebbe essere teoricamente una soluzione. Ma, anche in questo caso, Israele dovrebbe impegnarsi in una vera e propria guerra per espellere Hamas e riprendere Gaza, per poi passare di mano la Striscia all’AP. È un passaggio obbligato, ma l’AP accetterebbe questo “regalo”? Da un punto di vista puramente strategico, non è più vantaggioso per l’AP, nonostante i suoi contrasti con Hamas, che Gaza rimanga nelle mani dei terroristi della Striscia, che continuano ad impegnare Israele in una guerra d’attrito ai suoi confini? La doppiezza dell’Autorità Palestinese è nota. “Hamas non è in grado di sradicare Israele – scrive Shmuel Sandler in ‘Besa Perspectives’ del 17 maggio – e sradicare Hamas non è un obiettivo politico di Israele. Le due parti, perciò, si sono assuefatte ad un conflitto limitato”. Ma questa assuefazione non ha sbocchi, in realtà. Per Hamas, il pericolo è costituito dalle condizioni di vita della popolazione di Gaza, che è sempre più insofferente verso un regime che la costringe alla fame; per Israele, la situazione di costante pericolo per i suoi abitanti ai confini della Striscia è un peso che potrebbe divenire insopportabile. Per ora, dunque, non vi sono sbocchi alternativi rispetto alla “diplomazia della forza”. È stato un errore di Sharon ritirarsi da Gaza nel 2005? Sharon sperava che la Striscia passasse nelle mani dell’Autorità Palestinese, ma la guerra civile palestinese diede ragione ai terroristi di Hamas. È una realtà con cui Israele dovrà ancora confrontarsi per molto tempo.