lunedi` 25 novembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






Informazione Corretta Rassegna Stampa
17.05.2019 La Terza Guerra del Golfo è già iniziata
Analisi di Mordechai Kedar

Testata: Informazione Corretta
Data: 17 maggio 2019
Pagina: 1
Autore: Mordechai Kedar
Titolo: «La Terza Guerra del Golfo è già iniziata»

La Terza Guerra del Golfo è già iniziata
Analisi di Mordechai Kedar

(Traduzione dall’ebraico di Rochel Sylvetsky, versione italiana di Yehudit Weisz)

Immagine correlata

La mattina di lunedì 12 maggio 2019, sono state attaccate quattro petroliere che navigavano in acque internazionali, mentre uscivano dallo Stretto di Hormuz dirette verso l'Oceano Indiano. Mentre scrivo questo articolo, non conosciamo ancora i dettagli dell’operazione: chi sono coloro che l’hanno eseguita, dove sono fuggiti, come hanno colpito le petroliere e quali danni hanno inflitto. Presumo che le agenzie di intelligence occidentali, e di sicuro quelle americane, sappiano esattamente chi è stato e le modalità dell’attacco. Tutti gli esperti sui media stanno puntando il dito accusatore contro l'Iran, che domina lo Stretto di Hormuz, ritendolo responsabile dell’attacco, perché non sarebbe la prima volta che l'Iran si comporta in questo modo. Il 25 luglio 2018, dieci mesi fa, furono attaccate due navi cisterna saudite, che navigavano nel Mar Rosso meridionale, di fronte al porto di Hudeida, a Nord dello Stretto di Bab el Mandeb. Gli aggressori furono i ribelli Houthi dello Yemen, per anni in conflitto diretto con i sauditi, ma un mese dopo l'attacco, un ufficiale iraniano ammise che gli Houthi avevano agito su richiesta dell'Iran. Nessuno pensa che l'attacco di questa settimana sia stato perpetrato da qualcuno diverso dall'Iran. La posizione e il numero di navi attaccate indicano che questo è un chiaro messaggio inviato dall'Iran a Trump: “Se vuoi la guerra, guerra avrai e noi - iraniani - non abbiamo paura di te, delle tue presunte minacce, della forza militare statunitense nel Golfo Persico o della portaerei aerei Abraham Lincoln che tu hai inviato nel Golfo la settimana scorsa, insieme alle navi ausiliarie che la scortano”. La portaerei statunitense è stata trasferita nel Golfo Persico dopo che l’Intelligence degli USA aveva rilevato movimenti insoliti di missili balistici iraniani, apparentemente in preparazione per il lancio. John Bolton, il Consigliere per la Sicurezza nazionale di Trump, ha annunciato in una dichiarazione: “Gli Stati Uniti non stanno cercando la guerra con il regime iraniano, ma siamo pronti a rispondere a qualsiasi attacco, che si tratti delle Guardie rivoluzionarie islamiche o delle forze iraniane regolari “.

Immagine correlata
Donald Trump lo aveva detto già tre anni fa: 'L'accordo con l'Iran è una catastrofe completa"

Gli iraniani hanno a loro volta reagito, e i loro portavoce gareggiano in un’escalation di minacce contro gli Stati Uniti. L'Iran sta facendo aumentare la tensione, scommettendo sul fatto che gli Stati Uniti non vogliono una guerra e non intraprenderanno serie azioni di rappresaglia contro la Repubblica Islamica, a differenza della situazione delle precedenti guerre del Golfo del 1991 e del 2003, quando gli eserciti della NATO e dell'Australia avevano combattuto fianco a fianco con gli Stati Uniti; oggi c’è una forte opposizione da parte degli Stati membri europei della NATO, in particolare di Germania, Francia e Regno Unito, che hanno firmato l'accordo nucleare del 2005 con l'Iran, a cui sono ancora legati e che li coinvolge anche dopo il ritiro degli Stati Uniti. Considero l'attacco alle petroliere saudite di questa settimana il primo colpo di una Terza Guerra del Golfo, perché gli Stati Uniti, specialmente sotto la guida di Donald Trump, non possono permettersi di essere umiliati in questo modo da Teheran. Dopo tutto, due anni e mezzo fa, ancora prima di insediarsi alla Casa Bianca, Trump aveva parlato di “rendere di nuovo grande l'America”. L'attacco alle petroliere saudite gli sta fornendo la motivazione per muovere guerra all'Iran, e non mi sorprenderò se in breve tempo saremo testimoni di attacchi statunitensi contro obiettivi iraniani, come il porto da cui sono partiti gli attentatori e le centrali nucleari iraniane . Per come la vedono gli Stati Uniti, gli attacchi alle navi nello stretto di Hormuz hanno lo scopo di destabilizzare l'ordine economico e politico del mondo. Queste acque sono internazionali, anche se sono in prossimità dell'Iran. Qualsiasi danno al trasporto di petrolio dal Golfo Persico verso il resto del mondo infligge un duro colpo all'economia internazionale, dato che porterà ad un forte aumento dei prezzi del petrolio, delle assicurazioni per le navi che trasportano petrolio e, per i consumatori, dei costi di un grande numero di prodotti. Trump chiede agli iraniani di avviare negoziati per un nuovo accordo nucleare, mentre gli iraniani chiedono agli Stati Uniti di scusarsi per aver abbandonato l'accordo esistente. Entrambe le parti si sono mosse rapidamente con minacce e azioni, e la possibilità di uno scontro diretto sta diventando più imminente di giorno in giorno. Ci sono due tendenze di pensiero In Iran: le Guardie rivoluzionarie estremise, che erano sin dall'inizio contrarie all'accordo nucleare perché limitava lo sviluppo di una bomba atomica iraniana, vorrebbero che la situazione si deteriorasse per costringere gli Stati Uniti a rimuovere le sanzioni contro l'Iran e ritornare all'accordo precedente sul nucleare. Ad opporsi a questa idea, è la posizione moderata del ministro degli Esteri Zarif, che crede che l'Iran debba iniziare ad agire secondo le regole del gioco internazionale, astenendosi dal criticare troppo far gli Stati Uniti ignorando il diritto internazionale; questo nella speranza che i prossimi diciotto mesi possano passare senza significativi imprevisti, fino alle elezioni presidenziali americane del novembre 2020 che potrebbero riportare al governo i democratici, che, si prevede, rimuoveranno le sanzioni e torneranno all'accordo sul nucleare. Gli attacchi alle petroliere saudite dimostrano che il leader supremo Khamenei sostiene la posizione delle Guardie rivoluzionarie ed è disposto a mettere in pericolo il suo Paese per non arrendersi alle forze degli "arroganti", l'espressione che qualifica l'America nella retorica degli ayatollah. La zona del Golfo Persico è satura di giacimenti e le strutture petrolifere e di gas sono ovunque; l'Iran è facilmente in grado di infliggere un duro colpo mortale alle economie dell'Arabia Saudita, del Kuwait e degli Emirati.

Esiste quindi un serio potenziale per un peggioramento che potrebbe condurre alla guerra ed è molto probabile che nel prossimo futuro assisteremo a uno scontro frontale tra l'Iran e gli Stati Uniti. E Israele? Le conseguenze per Israele possono essere tutt'altro che semplici, perché c'è una netta possibilità che se la violenza esplode nello Stretto, gli Hezbollah decideranno di usare il loro arsenale missilistico contro Israele. Hamas e la Jihad islamica a Gaza non resteranno oziosi, e potrebbero entrare in azione, ricevendo le istruzioni dall'Iran. Israele risponderà a questo tipo di attacco con decisione e prontezza come ha promesso, rimandando il Libano all'età della pietra? Cosa farà Israele a Gaza? Solo Trump e Netanyahu conoscono le risposte a queste domande. È del tutto possibile che gli iraniani e i loro alleati libanesi e di Gaza si affidino a Putin per impedire a Trump di reagire in modo eccessivo, aspettandosi che utilizzi il peso del potere militare russo per fermare la macchina da guerra americana. Tuttavia, io dubito fortemente che Putin vorrà inimicarsi gli Stati Uniti per il bene dell'Iran, un Paese per il quale non prova simpatia. Per Putin, gli iraniani sono partner, persino alleati, ma solo quando svolgono importanti missioni ( come la conservazione del regime siriano, l'acquisto di un'altra centrale nucleare russa, o fissare i prezzi del gas naturale del mondo ); ma sacrificare la Russia in una guerra contro gli Stati Uniti che potrebbe sfociare in una guerra globale, questo è molto più di quanto Putin sia disposto a prendere in considerazione. In fin dei conti, Putin sa esattamente che cosa pensano gli ayatollah di coloro che bevono vodka e mangiano carne di maiale. Se fossi uno dei consiglieri di Khamenei, gli direi di essere prudente e di stare alla larga da qualsiasi gruppo a cui appartengano Donald Trump, John Bolton e Mike Pompeo, soprattutto perché questo gruppo controlla la più grande e mortale potenza militare nel mondo. Ma io non sono uno dei consiglieri di Khamenei, infatti sta mettendo il regime e la sua nazione di fronte a un pericolo esistenziale. Israele deve essere preparato per qualsiasi scenario potrà presentarsi in Libano e a Gaza, e auguro un sincero ‘buona fortuna’ all'esercito americano che procede verso le sue missioni cruciali in terra di Persia.


Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi.
Collabora a Informazione Corretta


takinut3@gmail.com

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT