Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 14/05/2019, a pag.15 con il titolo "Sabotate petroliere saudite, l'Iran nega ogni accusa", la cronaca di Giordano Stabile.
A destra: la vignetta di Dry Bones, di Yaakov Kirschen: Iran, ecco il fantasma dietro ai missili di Hamas
Giordano Stabile
Un attacco senza precedenti alle petroliere che percorrono il Golfo persico e alimentano l’economia mondiale porta le tensione fra Iran e Stati Uniti ai livelli massimi, tanto che il segretario di Stato Mike Pompeo ha annullato la visita a Mosca per precipitarsi ieri a Bruxelles a discutere di «questioni urgenti» con gli alleati europei.
Teheran ha negato ogni addebito e chiesto una «inchiesta internazionale» sull’accaduto ma è chiaro che le quattro navi da trasporto danneggiate nel porto di Fujairah, due dell’Arabia Saudita, le altre legate agli Emirati Arabi, sono un segnale all’Occidente, un monito su quanto sia fragile ed esposta la più importante rotta energetica.
Il porto strategico
L’incidente si è verificato alle sei della mattina di domenica, ma solo ieri si è capita la portata, dopo che le autorità emiratine avevano in un primo momento minimizzato. Le esplosioni hanno danneggiato petroliere all’attracco o in attesa davanti al porto di Fujairah, uno dei sette Emirati arabi, incastonato fra due pezzi di territorio dell’Oman, proprio all’imbocco del Golfo. È un porto strategico sul quale Abu Dhabi ha investito molto, per farne un hub globale. Dopo aver smentito che ci fossero state delle esplosioni, gli emiratini hanno alla fine ammesso che c’erano stati «atti di sabotaggio a Est di Fujairah».
Ieri è stata Riad ha rivelare che due sue navi erano state coinvolte nelle esplosioni, e avevano subito «danni strutturali» anche se non c’era stata dispersione di greggio. Un lavoro da professionisti, quindi, che non ha causato vittime ma messo fuori uso le petroliere per un tempo considerevole, con grave danno economico. E infatti ieri i mercati azionari del Golfo sono scesi, Riad meno 2,7 %, Dubai meno 3,7 e Abu Dhabi meno 3. Gli iraniani si sono dissociati e hanno chiesto l’apertura di un’indagine, in quanto «questi incidenti sono allarmanti e deplorevoli», come ha detto il portavoce del ministero degli Esteri, Abbas Mousavi, mettendo in guardia contro «l’avventurismo straniero», cioè statunitense.
È un’allusione a una tesi complottista circolata già domenica, è che cioè sia stata l’America a compiere il sabotaggio «per scatenare la guerra». Ma è probabile che il messaggio sia un altro. Fujairah si trova a un passo dallo Stretto di Hormuz, dove passa un quinto di tutto il greggio esportato nel mondo, e i Pasdaran hanno minacciato di attaccarlo dopo le nuove sanzioni imposte da Trump per portare «a zero» l’export petrolifero iraniano. Nel Golfo è in arrivo una portaerei nucleare statunitense, Washington ha annunciato di voler spostare nella Regione bombardieri B-52 e sistemi anti-aerei Patriot. Venti di guerra. A Fujairah, su richiesta degli Emirati, è già arrivata una squadra di esperti americani.
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