IC7 - Il commento di Davide Romano
Dal 6 all'11 maggio 2019
Prudenza imprudente di fronte all'islamismo
Il filosofo Burke diceva che se si vuole che il male trionfi, è sufficiente che i buoni non facciano nulla. E' vero. Eppure....eppure ancora oggi c'è chi dice che per esempio nella polemica contro l'islamismo fanatico bisogna andarci piano, tacere. Ecco alcune classiche frasi: "meglio non alzare troppo la voce, che bisogno c'è?" oppure "Se fai così, le tensioni si acuiscono" o ancora "I problemi non si risolvono gridando" fino ai meno ipocriti "E poi così è pure pericoloso, meglio lavorare dietro le quinte" oppure il sempre verde "Non ti esporre, chi te lo fa fare?". Sono le stesse identiche frasi che si sono sempre dette in ogni situazione di contrasto ad altri tipi di criminalità. Lo dicevano anche a mio nonno, che tra i primi scrisse un libro contro la mafia, quando in tanti sostenevano che neanche esistesse. Oggi chi proponesse di abbassare i toni sulla mafia sarebbe giustamente subissato dai fischi. Stessa sorte spetterebbe a chi proponesse di non condannare a voce alta il neofascismo. A tal proposito, sorge spontanea una domanda: perché alcuni di coloro che manifestano vivacemente contro la mafia e il neofascismo, perdono la voce quando si tratta di denunciare l’islamismo? Essere uccisi da un mafioso o da un terrorista, non dovrebbe fare grande differenza. Evidentemente manca la stessa consapevolezza del pericolo che rappresenta l’islam radicale. Nel criticare i fondamentalisti islamici, c'è sempre qualche prudenza di troppo.
Non è ancora universalmente accettato scandalizzarsi dell'estremismo islamico, nonostante le montagne di morti che ha causato. La maggior parte dei quali, peraltro, musulmani. Si arriva al paradosso che per amore dei musulmani qualcuno si autocensura nei confronti dell’islamismo che li stermina. Come se, per amore dei siciliani, si decidesse di non denunciare la mafia. Per fortuna ci sono musulmani che parlano chiaro e forte: da Boualem Sansal a Kamel Daoud, passando per l’italo-somala Maryan Ismail. Sono tutti musulmani impazziti? No, semplicemente sanno che il pericolo maggiore è nel tacere. Hanno capito che il terrorismo islamico ti colpisce per quello che sei, non per quello che fai. Del resto anche nel mondo ebraico le menti più illuminate hanno saputo alzare forte la voce e denunciare l’islamismo: da Georges Bensoussan a Alain Finkielkraut, senza dimenticare il rabbino Giuseppe Laras, che fino alla fine ha indicato con straordinaria lucidità e determinazione quel pericolo. Anche a loro qualcuno ha suggerito di non alzare troppo la voce. Ma chi conosce l’islamismo e la sua capacità di conquistare le menti occidentali, sa bene che la battaglia è soprattutto culturale e va condotta sul piano delle parole. Per il bene di tutti, musulmani compresi.
Davide Romano
Conduttore televisivo, scrittore, collabora con La Repubblica - Milano