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Il Fatto Quotidiano Rassegna Stampa
09.05.2019 Salone del Libro: perché no a un 'codice etico'
Camilla Tagliabue intervista Walter Siti, che in quanto a 'pensiero unico' non ha nulla da invidiare a Casa Pound

Testata: Il Fatto Quotidiano
Data: 09 maggio 2019
Pagina: 22
Autore: Camilla Tagliabue
Titolo: «'Chi invoca il 'codice etico' mi ricorda certi nazisti'»

Riprendiamo dal FATTO Quotidiano di oggi, 09/05/2019 a pag.22 con il titolo 'Chi invoca il 'codice etico' mi ricorda certi nazisti' l'intervista di Camilla Tagliabue.

Chiedere l'introduzione di un 'codice etico' per l'accesso al Salone del Libro significa fare riferimento allo 'Stato etico', cioè totalitario, che ha prodotto i peggiori crimini del Novecento. Bene fa Walter Siti ad affermarlo con chiarezza. Ci stupisce il giornale che ospita la sua opinione, essendo il Fatto un esempio  impressionante di 'pensiero unico' . 

Ecco l'articolo:

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Walter Siti

Quando, nel 2017, uscì il suo romanzo Bruciare tutto, su un prete pedofilo simile a don Milani, si svegliarono i censori, e molti si riempirono la bocca coi "limiti etici" della letteratura. Walter Siti, però, si smarcò con grazia, da squisito intellettuale e autore, certificato pure dallo Strega e dal Mondello (nel 2013 per Resistere non serve a niente, Rizzoli). E anche ora — nel mezzo delle polemiche su Altaforte — si sottrae al fuoco incrociato dicendosi innanzitutto spaventato dall'invocazione di un "codice etico".

Quindi sarà al Salone? Si, sarò lì a presentare Scuola di demoni, un libro di "conversazioni" con Michele Mari, curato da Carlo Mazza Galanti (minimum fax).

Si è mai posto il problema di non andarci? No, non ne vedo la ragione.

Molti suoi colleghi boicotteranno la fiera: non condivide la scelta o non la capisce? Al contrario, di alcuni capisco benissimo la motivazione: se Carlo Ginzburg dice che non va, con la sua storia, lo capisco benissimo. Poi se vuole facciamo un passo indietro...

 

Mi dica... Qualche giorno fa ho ricevuto un invito a firmare un appello: vi si parlava della deriva per cui certe cose neofasciste prendono sempre più piede e importanza e si concludeva chiedendo al Salone di stilare una specie di "codice etico" per selezionare gli autori e le case editrici. Davanti a quell'espressione mi sono un po' spaventato: mi sembra molto pericolosa. Se un'istituzione pubblica— qual è in un certo senso il Salone — comincia a parlare di codici etici, paradossalmente mi sono detto: "Be', è una cosa che avrei potuto leggere in una qualunque manifestazione culturale nella Germania del 1937: una mostra contro l'arte degenerata avrebbe potuto benissimo ospitare un'introduzione con un codice etico per selezionare gli artisti". Quell'espressione mi ha fatto paura; quindi ho risposto che non mi andava di firmare l'appello.

Da chi arrivava? Colleghi? Si. Dopodiché ho iniziato a seguire il dibattito sui media. La mia idea è questa: è vero che c'è una situazione culturale e politica per cui alcuni gruppi che si richiamano apertamente al fascismo hanno l'impressione di aver acquistato più spazio. Ma penso che si debba agire culturalmente, discutendo con loro e dimostrando che le loro posizioni sono estremamente primitive. I libri non sono per definizione violenti: io sarei per accoglierli sempre tutti, di qualunque cosa parlino, perché non sono mai il problema; semmai lo sono le azioni violente. Non è la prima volta che si pone la questione: può la democrazia dare voce a coloro che sono contrari alla democrazia? Io penso di sì: penso che la democrazia debba dimostrarsi abbastanza forte da concedere la parola anche a chi la detesta. Questo serve alla democrazia stessa per fare i conti con i propri errori e debolezze, che eventualmente hanno lasciato spazio alle forze non democratiche.

Dopo la denuncia,ora Comune e Regione chiedono pure l'estromissione di Altaforte: che idea si è fatto? Quello è un altro problema, di carattere legale. Se esistono regole interne al Salone, contro case editrici sospettate o condannate per apologia di fascismo, basterà applicarle.

Teme disordini pubblici? Dipende da quanto monta la faccenda. Tutto era nato dal libro-intervista a Matteo Salvini: senza quel libro, probabilmente non si sarebbe innescata alcuna polemica. Se Salvini andasse a Torino, forse ci sarebbero problemi di ordine pubblico. Ma Salvini non ci sarà e in sua assenza, cioè in assenza del casus belli, non so se faccia comodo a CasaPound, a ridosso delle elezioni, venire ad agitare le acque; semmai giocheranno la carta delle vittime. Che Salvini cerchi voti nell'estrema destra non è una novità. Io mi sono occupato di borgate romane ancora nel 2017 e mi ricordo una di quelle persone dirmi con grande lucidità: "Qua per resta' fascisti tocca farsi pure salviniani". Che quella destra stia tentando di agganciarsi al carro vincitore di Salvini e che Salvini non faccia niente per rifiutare la contiguità mi pare evidente.

Associando in modo granitico Salvini al fascismo non si rischia di fare di tutta l'erba un fascio, anche littorio? Si, a me di Salvini non vanno tre cose: primo, l'uso che fa del concetto di "natura", cioè di considerare "naturale" e "normale" tutto quello che è frutto di politiche conservatrici; ad esempio, la famiglia composta da un papà e una mamma. Secondo, tende sempre a semplificare i problemi complicati. Terzo, ha scarsa considerazione dei ruoli istituzionali. Queste tre cose insieme restituiscono un'immagine di destra muscolare che a me non piace per niente. Però non credo che questa possa essere riassunta sotto l'etichetta di "fascista".

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