Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 08/05/2019, a pag. IV la recensione di Alessandro Litta Modignani al libro "Pseudo", di Romain Gary (Neri Pozza ed.).
Alessandro Litta Modignani
La copertina (Neri Pozza ed.)
Nel 1976, al netto di ogni successivo retroscena, Pseudo appare alla critica come un libro un po’ troppo originale, forse persino strambo. Emile Ajar, misterioso pseudonimo, in precedenza ha già dato alla luce due romanzi, Mio caro pitone e La vita davanti a sé, quest’ultimo coronato da grande successo e vincitore del Premio Goncourt l’anno prima. Successivamente, dietro allo pseudonimo di Ajar si palesa un giovane sconosciuto, Paul Pavlowitch, scrittore nevroticissimo ma promettente. Piccola curiosità, Pavlowitch è figlio di una cugina di Romain Gary, vecchia gloria della letteratura francese, avviato a un malinconico tramonto. Ormai smascherato, ma sempre firmandosi Ajar, Pavlowitch dà alle stampe questo Pseudo, nel quale racconta la genesi dei due romanzi precedenti, e soprattutto descrive con dovizia di particolari il suo tormentato percorso nelle cliniche psichiatriche e la sua conclamata schizofrenia. All’apparenza, dunque, Pseudo non è che il diario di uno “psicotico grave”, il delirio di un folle che inveisce contro le ingiustizie del mondo, e in particolare si accanisce contro quel suo zio scrittore, subdolo e paternalista, che vorrebbe tentare di appropriarsi della titolarità dei suoi libri. Molti identificano facilmente in questo personaggio, chiamato “Tonton Macoute” (come i massacratori del dittatore di Haiti, Duvalier) proprio lo stesso Gary, uomo dal carattere vanitoso ed egocentrico. Il romanzo viene stroncato come “vomitato frettolosamente da un giovane scrittore diventato famoso e montatosi la testa”, a nessuno viene in mente che dietro ad Ajar/Pavlowitch si nasconda proprio Gary, il quale – per l’ennesima volta – ricorre a una tecnica narrativa completamente diversa da tutte le sue opere precedenti. Lo scrittore si trincera a tal punto dietro la personalità disturbata del nipote, da mettere alla berlina se stesso; ma poi, come un serial killer, si diverte a disseminare l’intero romanzo di indizi e continue allusioni, che potrebbero svelare a una critica attenta l’identità del vero autore. Dice Paul allo zio: “Sapevo che eri a corto di fiato, vuoto, bloccato… Non potevi più scrivere. L’ho fatto per te. Mi hanno rotto le palle abbastanza. Farò un comunicato dicendo che sei tu l’autore”. E ancora: “Fortunatamente, una parigina piuttosto in vista per la quale una volta avevo fatto dei miserabili lavori, certificò che ero una nullità incapace di scrivere due righe e che era Tonton Macoute il vero autore”. Rileggere oggi queste frasi, conoscendo la verità, suscita più di un sorriso di ammirazione nel divertito lettore. Per sottolineare il suo sofisticato doppio gioco, Gary avrebbe voluto intitolare il romanzo Pseudo pseudo, ma questo si verrà a sapere solo dopo il suicidio, nel 1980, quando fra le sue carte verrà ritrovato il sarcastico Vita e morte di Emile Ajar, in cui egli racconterà tutti i trucchi del mestiere. Per chi ama Gary, per chi ha seguito il suo straordinario percorso letterario ed esistenziale, Pseudo è un libro utoironico, leggiadro, imperdibile.
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