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La Stampa - Corriere della Sera - La Repubblica Rassegna Stampa
08.05.2019 Salone del Libro: tre analisi contro il pensiero unico
Lodovico Poletto intervista Luca Beatrice, Antonio Carioti intervista Emilio Gentile, Francesca Bolino intervista Claudio Vercelli

Testata:La Stampa - Corriere della Sera - La Repubblica
Autore: Lodovico Poletto - Antonio Carioti - Francesca Bolino
Titolo: «'Ma quando presentavano i libri di Cesare Battisti la sinistra non protestava' - Emilio Gentile: il fascismo oggi non è la vera minaccia. Temo di più le urne deserte - Vercelli, storico: 'Un altro Aventino non serve a nulla'»

Riprendiamo dalla STAMPA - TORINO di oggi, 08/05/2019, a pag. 41, con il titolo 'Ma quando presentavano i libri di Cesare Battisti la sinistra non protestava' l'intervista di Lodovico Poletto a Luca Beatrice; dal CORRIERE della SERA, a pag. 39, l'intervista di Antonio Carioti a Emilio Gentile con il titolo "Emilio Gentile: il fascismo oggi non è la vera minaccia. Temo di più le urne deserte "; dalla REPUBBLICA - Torino, a pag. IX, con il titolo "Vercelli, storico: 'Un altro Aventino non serve a nulla' " l'intervista di Francesca Bolino a Claudio Vercelli.

La richiesta di inserire un "codice etico" per bloccare la partecipazione al Salone del Libro di realtà esplicitamente fasciste, come nel caso della piccola casa editrice Altaforte, significa non solo fare un favore a chi non merita una pubblicità come quella ricevuta in questi giorni da Altaforte, ma soprattutto andare verso il pensiero unico. E questo è inaccettabile in un Paese democratico. Chi si augura l'arrivo di un 'codice etico' dimostra una totale ignoranza storica, sono le dittature ad applicarlo!

Ecco gli articoli:

LA STAMPA - Lodovico Poletto: 'Ma quando presentavano i libri di Cesare Battisti la sinistra non protestava'

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Luca Beatrice

 

Intellettuale, certo. Di destra, se così si può dire, pure. Luca Beatrice delle sue convinzioni non ne ha mai fatto mistero. In questi giorni è a Venezia per la Biennale e guarda da lontano ciò che accade a Torino, in vista del Salone. Legge delle defezioni e delle accuse ad AltaForte, la casa editrice vicina Casapound.
Beatrice, che ne pensa di tutta questa polemica?
«Quant’è che dura il salone? Cinque giorni, vero? Ecco, dopo il Salone tutto si spegnerà esattamente come si è acceso. Andrà così: questa è una polemica sterile».
E che ne dice invece della presenza di AltaForte al Salone del libro? Era opportuna o se ne poteva fare a meno?
«Le rispondono chiedendole perchè tutto questo can-can non è stato fatto quando si presentavano i libri di Cesare Battisti. Che è un assassino conclamato. Ma allora nessuno ha mai alzato un dito per dire una parola di dissenso. Ma lui aveva buone amicizie; in Francia era difeso da una scrittrice che ci chiama Fred Vargas. E nessuno ha mai provato a dire alcunché. E sa perchè? Ma Battisti era ben voluto da un certo tipo di mondo, e tutto andava bene».
Ma lei AltaForte l’avrebbe lasciata esporre?
«Stiamo parlando una manifestazione fieristica, dove si viene per vendere i propri libri. E quell’editore fa quel mestiere. Come dicevo prima: si vendevano i libri di un assassino conclamato come lo è Battisti. E senza scandalo».
Dicono che la questione sia CasaPound, è possibile?
«Io non frequento Casapound. Ma è innegabile che anche lì ci siano persone molto serie. Per certi versi Casapound ha preso il posto di certa sinistra, si è occupata di persone e di zone che erano in condizioni di debolezza».
Quindi dove sta il problema secondo lei?
«Tutto questo non sarebbe accaduto se non ci fosse stato di mezzo il libro su Salvini. Probabilmente il tutto si sarebbe ridimensionato. Se posso dire: gli hanno fatto un buon servizio. Venderà».
Si poteva evitare?
«Raimo poteva evitare tutto sto can can. E poi il problema sono i social che amplificano e semplicizzano tutto».
Quando lei portò gli scrittori di destra al Salone, ci furono gli stessi guai?
«Assolutamente no. Venne Buttafuoco, venne Veneziani, venne Giuli. Al dibattito Revelli - Veneziani non si capiva chi era più a destra. Ma, all’epoca il governo era differente. I problemi altri.
Secondo lei c’è un rigurgito fascista nel nostro Paese?
«Guardi, io sono del ’61 e già questo problema era ampiamente superato. È innegabile che il Ventennio abbia lasciato testimonianze importanti per architettura e le arti visive: è stato l’ultimo grande momento di storia italiana in cui abbiamo contato a livello mondiale. Pensi: per Churchill, fino a prima delle leggi razziali, Mussolini era un grande statista».
E oggi la situazione com’è?
«L’attualità è più strumentale».

CORRIERE della SERA - Antonio Carioti: "Emilio Gentile: il fascismo oggi non è la vera minaccia. Temo di più le urne deserte "

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Emilio Gentile

Lo storico Emilio Gentile trova «deprimente» la diatriba sul rischio di una riscossa delle camicie nere: «È un allarme privo di senso, che mi pare abbia l’unico effetto di distogliere l’attenzione dai veri pericoli che corre la democrazia. Il crescente astensionismo elettorale è assai più preoccupante della limitata attività neofascista, perché significa che i cittadini si sentono sempre meno rappresentati». Gentile parlerà sabato al Salone di Torino sul tema del suo libro Chi è fascista (Laterza). E lo lascia perplesso il caso sollevato per la presenza dello stand di Altaforte: «Tutte le volte che si vuole operare una censura contro qualcuno, gli si fa un’enorme pubblicità. Io stesso fino a pochi giorni fa ignoravo l’esistenza di questo editore, che adesso è sulla bocca di tutti».

Molti ritengono inaccettabile la diffusione di idee contigue al fascismo. «Capisco che certi libri possano suscitare disagio, ma se non sono state violate le regole di partecipazione al Salone, non vedo perché montare una polemica contro la fiera. Fra le migliaia di volumi in vendita a Torino, ce ne saranno anche altri sospettabili di veicolare tesi autoritarie o xenofobe. Del resto c’era chi considerava Renzo De Felice un apologeta del fascismo, solo perché sottolineava che il regime aveva goduto in certe fasi di un vasto consenso. Anch’io, in misura assai minore, sono stato preso di mira per i miei studi. Esiste ancora l’antifascismo intollerante di chi un tempo accusava Alcide De Gasperi di voler restaurare la dittatura e in precedenza bollava persino la socialdemocrazia come socialfascismo».

Non la preoccupa il ritorno dei fan di Mussolini? «Quale ritorno? I nostalgici del Duce non se ne sono mai andati: si sono riorganizzati subito dopo il 1945 e hanno fondato il Msi, presente in Parlamento sin dalla prima legislatura, che ha finito per monopolizzare lo spazio della destra ed è stato a lungo il quarto partito del Paese. Poi nel 1994 si è trasformato in An ed è entrato al governo, con percentuali di voti intorno al 10-15 per cento. In realtà oggi il neofascismo è assai più debole che in passato, soprattutto per l’opera disgregatrice compiuta in quell’area da Silvio Berlusconi, che ne ha assorbito buona parte».

Resta Fratelli d’Italia. E poi CasaPound e affini. «Il partito di Giorgia Meloni è una costola sopravvissuta al naufragio di An, ma con un peso di gran lunga inferiore. Quanto a CasaPound, è il movimento che fa più chiasso in una galassia di piccoli gruppi divisi da forti rivalità, ma accomunati dall’idealizzazione mitologica di un fascismo mai esistito e da un’ossessione dei rituali che in realtà richiama di più il nazismo».

C’è anche la Lega di Matteo Salvini, che ha pubblicato un libro con Altaforte. «Un tempo la Lega si contrapponeva allo Stato centrale e alla stessa unità nazionale, quindi era agli antipodi del fascismo. Adesso Salvini sembra aver messo la sordina al federalismo e forse cerca di pescare consensi a destra. Ma i presidenti della Lombardia e del Veneto, con la proposta dell’autonomia differenziata, ripropongono una logica che va in direzione opposta».

Non hanno tratti fascisti la Lega e altri partiti europei sovranisti e xenofobi? «No. Mussolini rifiutava apertamente il principio della sovranità popolare, mentre queste forze lo rivendicano, dichiarano che il potere deve basarsi sul consenso della gente. Quando vanno al governo, lo fanno grazie al voto degli elettori, il che se vogliamo è ancora più allarmante. Nell’Italia fascista, priva di immigrati stranieri, la xenofobia non era un tratto tipico del regime, che voleva assimilare slavi e sudtirolesi, e riconobbe ai musulmani libici una cittadinanza speciale. Mussolini praticò invece il razzismo, ma non lo aveva inventato: esisteva prima, spesso sancito per legge, ed è tuttora presente anche in Paesi democratici come gli Stati Uniti».

Umberto Eco parlava di «fascismo eterno». «Definire il fascismo “eterno” significa in fondo esaltarlo; sarebbe l’unico fenomeno umano senza tempo. E comunque Eco si contraddiceva attribuendo al fascismo sia il culto della tradizione sia l’attivismo, che significa al contrario invenzione di continue novità. Di fatto Mussolini non era tradizionalista: evocava la Roma imperiale, ma non esitava a fare strame di resti antichi per celebrare la sua grandezza con i lavori pubblici».

Se il fascismo appartiene al passato, come definire le attuali spinte autoritarie? «Io uso il termine “democrazia recitativa” per designare un atteggiamento che accetta la democrazia come metodo (cioè la pratica della competizione elettorale per l’accesso al governo), ma non come ideale, perché tende a prevaricare i diritti degli individui e delle minoranze richiamandosi alla preminenza della maggioranza popolare».

LA REPUBBLICA - Francesca Bolino: "Vercelli, storico: 'Un altro Aventino non serve a nulla' "

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Claudio Vercelli

«Mettersi sull’Aventino non serve a nulla, come ha dimostrato la storia". Claudio Vercelli, è uno storico, studioso dei movimenti fascisti e neofascisti. È docente alla Cattolica e ricercatore all’Istituto Salvemini di Torino. Vercelli parteciperà a un dibattito al Salone del libro dal titolo didascalico: "Che cos’è il fascismo?" Con lui ci saranno Michela Murgia, David Bidussa e Mimmo Franzinelli.

Le polemiche per la presenza al Salone del Libro dell’editore Altaforte vicino a Casa Pound non la spaventano? «Sono trent’anni che partecipo al Salone del Libro, fin dalla prima edizione e ricordo bene che proprio in quella occasione, Giuliana Fiorentino Tedeschi, già deportata e poi sopravvissuta ad Auschwitz, ebbe modo di esprimere le sue perplessità sulla presenza di alcuni stand i cui editori erano affini alla destra radicale. E quindi la coesistenza negli stand del Lingotto tra l’editoria italiana e quella parte di case editrici minori, non è davvero una novità di quest’anno».

Allora qual è la novità? Perché tante polemiche? «Perché quella casa editrice è legata a un movimento politico la cui fortuna è in fase ascendente e produce un tipo di iniziativa pubblica mediatizzata. Nel passato era il contrario, il vecchio neofascismo coltivava un orticello locale ma non andava oltre lo steccato che da un lato lo teneva ai margini, ma al tempo stesso lo proteggeva».

Adesso invece l’editore Altaforte rivendica orgogliosamente la simpatia per il fascismo. «E Casa Pound cerca visibilità. Questa polemica gliene dà ancora di più. Ma è una polemica su cui vale la spesa di riflettere anche per la sua valenza mediatica, non basta dire che è superficiale: c’è e bisogna saperci fare i conti».

In questo caso, il fatto nuovo è che Altaforte pubblica un’intervista al ministro dell’Interno? «Certo, l’intervista a Salvini è il salto di qualità nella vicenda. Christian Raimo, che conosco e che rispetto, ha dato le dimissioni dal Salone per questo. È un atto di responsabilità politica, è una sua scelta che io capisco. Tuttavia sarà presente in veste privata perché lui stesso dice che oggi ogni spazio pubblico è un luogo di battaglia, culturale, politica, civile, antifascista. Altrimenti, si è già tra i perdenti. Poiché, per l’appunto, ci si nega».

Ma lei, personalmente, Claudio Vercelli non si troverà a disagio ad essere nello stesso luogo in cui sono presenti dei fascisti dichiarati? «Certo, sarò a disagio, come non potrei non esserlo con tutto ciò che ha il sapore di fascismo per storia, per cultura, per ragioni famigliari, personali di formazione non li reputo neanche un possibile interlocutore, parlare con loro significa parlare del vuoto, è inevitabile finire ad insulti. Ma il mio disagio non si risolve con il ricorso alla richiesta di censurare, impedire e buttare in galera. Che noi si vada o non si vada, loro saranno comunque presenti».

Lei studia da lungo tempo i movimenti neofascisti, com’è oggi la loro situazione in Piemonte? «Secondo me il punto critico è una zona grigia che si sta estendendo nelle scuole con un atteggiamento di senso comune, di visione revisionista e acritico sul passato fascista. C’è una minore sensibilità e una maggiore disponibilità alle bufale. Non credo che gli italiani si rimetteranno in camicia nera, non è quello l’obbiettivo, credo piuttosto che il fine sia quello di trovare un terreno morbido e compiacente».

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