Venezuela: vertice Usa-Russia per risolvere la crisi Cronaca di Paolo Mastrolilli
Testata: La Stampa Data: 07 maggio 2019 Pagina: 13 Autore: Paolo Mastrolilli Titolo: «Venezuela, duello Lavrov-Pompeo sull’ipotesi di intervento militare»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 07/05/2019, a pag. 13 con il titolo "Venezuela, duello Lavrov-Pompeo sull’ipotesi di intervento militare", la cronaca di Paolo Mastrolilli.
Paolo Mastrolilli
Un intervento miliare americano in Venezuela sarebbe «catastrofico e ingiustificato». L’avvertimento lanciato dal ministro degli Esteri russo Lavrov, dopo il suo vertice di ieri a Helsinki con il segretario di Stato americano Pompeo, aiuta a capire a che punto è la discussione sul futuro di Caracas.
Juan Guaidó
Chi spinge per una soluzione pacifica si adopera affinché Washington e Mosca trovino un compromesso, che consenta quanto meno di andare ad elezioni libere nei prossimi mesi e lasciare la parola ai cittadini. La retorica delle ultime ore, però, è scivolata nella direzione dello scontro armato, con Pompeo che ha dichiarato di essere pronto ad offrire l’intervento militare tra le varie opzioni a cui gli Usa lavorano, il presidente ad interim Guaidó che ha risposto di essere disposto a chiederlo, Nicolas Maduro che ha esortato le forze armate a prepararsi a difendere il Paese dall’invasione, e il ministro degli Esteri Arreaza che ha ammesso la presenza dei consiglieri russi, aggiungendo che il loro numero potrebbe aumentare nel prossimo futuro. È possibile che questa escalation retorica serva a spingere le parti al compromesso, ma intanto nel Congresso americano già si alzano le voci dei parlamentari secondo cui un intervento non autorizzato da loro violerebbe la legge.
Arrivando a Helsinki, Pompeo ha detto che «l’operazione militare è tra le opzioni a cui siamo pronti», ed ha aggiunto che «qualunque iniziativa prenderemo sarà legale». Il segretario di Stato ha dichiarato che la Russia deve smettere di interferire con il Venezuela, e ha accusato Maduro di non essere più il presidente legittimo: «È al potere, ma non può governare. Questa settimana è riuscito a mantenere il controllo dei militari in qualche modo, ma lui stesso deve vedere quanto sia tenue. Infatti era pronto ad andare via, ma alla fine ha scelto di non farlo. Capisce che il suo tempo è limitato, e sta cercando di fare più leva possibile prima di partire. Non so se sarà la settimana prossima o fra un mese, ma i venezuelani vedono che le condizioni continuano a deteriorarsi, e ciò significa che lui non può mantenere la sua presenza». Anche alcuni parlamentari repubblicani hanno però detto di non voler ripetere il precedente di Obama, quando bombardò Gheddafi senza l’autorizzazione del Congresso, mentre i democratici notano che «al primo morto civile ucciso dai nostri soldati saremmo travolti dalle proteste in tutto il Sudamerica».
Guaidó ha dichiarato che è disposto a «valutare tutte le opzioni, se necessario», incluso chiedere un intervento militare. Questa posizione dipende anche dalle pressioni venute dall’interno dell’opposizione, dove ad esempio Maria Corina Machado ha sottolineato come l’articolo 187 della Costituzione consenta alla Asamblea Nacional di richiedere l’aiuto esterno. Sullo sfondo c’è anche la polemica per il ruolo avuto nella sollevazione del 30 aprile da Leopoldo Lopez, già mentore di Guaidó, ma sospettato ora di voler riprendere una mediazione col regime come quella fallimentare condotta dall’ex premier spagnolo Zapatero.
Dopo l’incontro con Pompeo, Lavrov ha detto che «siamo categoricamente contrari all’intervento armato. Può essere autorizzato solo dall’Onu, o in risposta all’aggressione contro uno stato sovrano». Quindi ha aggiunto: «In base ai miei contatti con i colleghi statunitensi, europei e latinoamericani, non vedo sostenitori di una soluzione bellica imprudente». Lavrov ha definito «buona e costruttiva la riunione», annunciando che Putin e Trump «si incontreranno appena avranno la possibilità, e sono convinto che ci sarà l’occasione». Come dire che tocca a loro fare l’accordo finale, per cercare di risolvere la crisi.
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