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Il Foglio - Corriere della Sera - Avvenire Rassegna Stampa
07.05.2019 Gaza/Israele: ecco lo scenario attuale
Commenti di Daniele Raineri, Andrea Marcenaro, Davide Frattinii, Fiammetta Martegani

Testata:Il Foglio - Corriere della Sera - Avvenire
Autore: Daniele Raineri - Andrea Marcenaro - Davide Frattini - Fiammetta Martegani
Titolo: «Test d’attacco - Andrea's Version - Hamas dichiara la tregua dopo due giorni di scontri - Gaza, la tregua (per ora)»

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 07/05/2019 a pag. 1 con il titolo "Test d’attacco" il commento di Daniele Raineri; a pag. 1, "Andrea's Version", di Andrea Marcenaro; dal CORRIERE della SERA, a pag. 15, il commento di Davide Frattini dal titolo "Hamas dichiara la tregua dopo due giorni di scontri"; da AVVENIRE, a pag. 14, il commento di Fiammetta Martegani dal titolo "Gaza, la tregua (per ora)".

Ecco gli articoli:

IL FOGLIO - Daniele Raineri: "Test d’attacco"

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Daniele Raineri

 

Roma. Sabato e domenica ci sono stati bombardamenti incrociati e molto intensi tra la Striscia di Gaza e il sud di Israele che sono finiti alle quattro e mezza di mattina di lunedì grazie a una tregua mediata dall’Egitto. In questo scontro militare ci sono numeri che colpiscono, ma prima ricapitoliamo cosa è successo. Due fazioni palestinesi, Hamas e il Jihad islamico, hanno lanciato 690 missili verso i centri abitati israeliani più vicini e hanno ucciso quattro persone, l’aviazione di Israele ha bombardato 350 obiettivi militari dentro la Striscia e ha ucciso 23 persone, di cui nove appartenenti alle fazioni palestinesi secondo la loro rivendicazione. La morte di una donna e delle sue due bambine dentro la Striscia è stata attribuita dai palestinesi all’aviazione israeliana, che però risponde che la colpa è di un razzo palestinese che si è schiantato molto prima di superare la barriera di confine. Al confine con la Striscia gli israeliani hanno piazzato il sistema Iron Dome che vede i razzi palestinesi partire e in tempi brevissimi reagisce e calcola la loro traiettoria: se il razzo è destinato a cadere in un’area vuota lo lascia passare, se invece c’è il rischio che cada in una zona abitata allora il sistema spara un contromissile che intercetta il razzo e lo distrugge in volo. Ieri sono circolati molti filmati di queste intercettazioni, che talvolta avvengono a grappoli e sono visibili da molto lontano, soprattutto nel cielo notturno: cinque, sei, sette razzi sono colpiti quasi nello stesso tempo mentre sono a metà traiettoria. Secondo la Difesa israeliana, Iron Dome ha intercettato 240 razzi in due giorni. Secondo un dato che risale a domenica pomeriggio quando il numero di razzi sparati dai palestinesi era circa 500, il sistema non è riuscito a intercettare circa il sei per cento dei razzi che avrebbe dovuto fermare. Da qualche tempo gli strateghi israeliani parlano di una cosiddetta “strategia della saturazione” che i loro nemici vogliono adottare per aggirare l’ombrello missilistico. In breve: se spari molti razzi c’è la possibilità che Iron Dome non riesca a intercettarli tutti e quindi aumentano la possibilità che i razzi colpiscano i centri abitati. E in effetti il numero dei razzi sparati è molto cresciuto. Durante l’ultima guerra tra Hamas e Israele nel 2014 in cinquanta giorni i razzi furono circa 4.500 e invece soltanto sabato e domenica sono stati quasi 700. Nella guerra del 2006 tra Israele e il gruppo libanese Hezbollah in 34 giorni di guerra i missili e razzi sparati furono circa 4.000, che sono molti di più se si fa la media giornaliera ma sono ancora lontani dal ritmo visto a Gaza in due giorni. A volte, come spiega Yaakov Amidror, un ex ufficiale del centro di ricerca dell’intelligence militare, al Jerusalem Post, Iron Dome si trova in difficoltà con i lanci ravvicinati. Altre volte, succede che fa passare dei razzi che sono destinati a cadere in un’area non abitata che però colpiscono lo stesso qualcuno – com’è successo in questo fine settimana di scontri a una macchina israeliana. Sia Hamas e il Jihad islamico al confine sud sia Hezbollah al confine nord, quello con il Libano e con la Siria, si preparano da tempo a questa tattica per bucare la protezione. Hamas ha accumulato ventimila razzi, ma il fronte più pericoloso è quello di Hezbollah, che ha scorte stimate di circa 130 mila missili, più potenti e precisi degli ordigni della Striscia (fonte: il sito specializzato Missile Threat, del think tank Csis con sede a Washington, nel 2018). I missili di Hezbollah hanno la gittata per raggiungere le città israeliane. Questo spiega perché Israele considera l’allargamento di Hezbollah in Siria, la presenza degli iraniani e la trasformazione del vicino a nord come una minaccia che il sistema di protezione Iron Dome non basta a smorzare e spiega anche tutte le conseguenze di questa situazione: i raid aerei molto frequenti in Siria, la diplomazia con i russi, lo stato di tensione permanente. La fiammata di quarantott’ore a Gaza, quindi a sud, è una tragedia per le persone coinvolte ma è anche un test per quello che potrebbe succedere a nord.

IL FOGLIO - Andrea Marcenaro: "Andrea's Version"

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Andrea Marcenaro

E comunque. Se uno ti spara contro seicento missili in due giorni e te li spara sulle case, sugli ospedali, sugli asili e sulle scuole; lui si danna di fatica e tu lo frustri parandogli quasi tutti i razzi con un cazzabbobbolo d’acciaio; quello ti fa solo quattro morti. Solo. Tu però reagisci con armi perfino più moderne delle sue e accoppi addirittura l’amichetto che gli portava i soldi dall’Iran per comprarsi gli attrezzi, beh, proprio nazista questa volta non lo dice nemmeno la Mogherini, ma di sicuro sei un gran maleducato.

CORRIERE della SERA - Davide Frattini: "Hamas dichiara la tregua dopo due giorni di scontri"

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Davide Frattini

La guerra totale è apparsa così imminente che ieri mattina i portavoce militari hanno dovuto avvertire: quei sorvoli dei jet, i caccia dell’aviazione in formazione nei cieli sopra le città israeliane, sono parte di un’esercitazione, le prove generali prima della parata per celebrare il giorno dell’Indipendenza dopodomani. Il cessate il fuoco è entrato in vigore alle 4.30 ora locale e nessuno credeva potesse tenere fino a quando gli ufficiali che vigilano sul Fronte Interno hanno ordinato il ritorno alla normalità nelle aree fino a quaranta chilometri attorno alla Striscia di Gaza: scuole e strade sono state riaperte, richiusi (per ora) i portoni blindati dei rifugi anti-missile. Il governo israeliano non ha rilasciato dichiarazioni ufficiali e il premier Benjamin Netanyahu ha avvertito «non è finita qui»: «Siamo pronti ad andare avanti e a colpire con forza per garantire la sicurezza e la tranquillità agli abitanti nel Sud del Paese». Nei due giorni di scontri sono stati uccisi quattro israeliani, i primi civili ammazzati dai razzi in cinque anni, e 21 palestinesi. L’intesa mediata dagli egiziani e dall’Onu ruota attorno alle richieste che l’organizzazione fondamentalista rivendica da un anno: flusso costante di denaro (15 milioni di dollari in contanti al mese garantiti e portati dall’ambasciatore del Qatar), investimenti internazionali per alleviare la miseria della Striscia. I boss del gruppo che spadroneggia su Gaza dal 2007 avrebbero dato una settimana di tempo per concretizzare i primi passi: l’ultimatum è legato all’Eurovision, alla minaccia di far ripartire la violenza nei giorni della festa musicale in mondovisione e di sfoderare questa volta i razzi che possono raggiungere Tel Aviv. «Il conflitto non finirà fino a quando non otterremo i nostri diritti e l’embargo non verrà revocato», proclama un portavoce del movimento. La strategia di Netanyahu è criticata dall’opposizione («ci siamo arresi al ricatto di Hamas», dice Benny Gantz, l’ex capo di Stato Maggiore passato alla politica) e dai futuri alleati nella coalizione: «Avremmo dovuto ammazzare 700 terroristi, uno per ogni colpo lanciato contro di noi», commenta l’ultranazionalista Bezalel Smotrich.

AVVENIRE- Fiammetta Martegani: "Gaza, la tregua (per ora)"

«Ci sarà anche il cessate il fuoco, ma per noi qui al sud non esiste tregua». Daniela Fubini, torinese, vive in Israele dal 2008 e, dopo dieci a Tel Aviv, l'anno scorso si è trasferita nel Moshav Kochav Michael, tra Ashkelon e Kiryat Gat. Dopo giorni di allarmi e paura, ieri nella sua zona si è respirata un po' di calma, però gli occhi restano fissi al cielo. Grazie anche alla mediazione dell'Egitto, Israele e Gaza hanno raggiunto un accordo di cessate il fuoco che ha posto fine, almeno sinora, alla peggior escalation dal 2014: quattro morti sul fronte israeliano, 25 su quello palestinese e 350 obiettivi strategici colpiti da Israele. Tutto questo in reazione al lancio di circa 700 razzi piovuti dalla Striscia sul sud dello Stato ebraico in meno di 48 ore. L'esercito ha confermato la tregua annunciando «il ritorno alla normalità nelle retrovie israeliane». Hamas ha cantato vittoria: «La resistenza ha conseguito un grande successo, e ha ottenuto gli obiettivi che si prefiggeva, avendo sconfitto il nemico». In realtà, la situazione è completamente sfuggita di mano al movimento islamico che dal 2007 ha la pretesa di controllare l'enclave, e che sembra essere stato sorpassato dalla Jihad, catalizzatore del malcontento della popolazione di Gaza, anche nei confronti della stessa Hamas. Per questo il premier israeliano tiene alta la guardia, assicurando che si tratta solo di una tregua: «Adesso occorrono pazienza e ponderatezza - ha detto ieri -. L'obiettivo era e resta garantire calma e sicurezza per chi vive nel sud di Israele. Ma non è finita qui». I problemi di Bibi Netanyahu non sono solo al di là del confine. Dopo le elezioni del 9 aprile, sta cercando di formare un governo, e i partiti necessari per farlo, quelli di estrema destra, gli stanno già rimproverando la mancanza di una reazione decisa nei confronti del terrorismo di Hamas e della Jihad. Proprio per le stesse ragioni, lo scorso dicembre era caduto il governo, con nove mesi di anticipo rispetto alla data prevista, quando si era registrato il totale disaccordo tra Bibi e Avigdor Liberman, allora Ministro della Sicurezza. Dure critiche nei confronti del premier sono state espresse persino da un esponente del suo stesso suo partito, il Likud. Secondo Gideon Saar, ex-Ministro degli Interni, le organizzazioni terroristiche si stanno rafforzando e «il confronto con loro non è stato evitato, ma solo rinviato». A pagare il prezzo più alto, su entrambe i fronti, è come sempre la popolazione civile. «La chiamano tregua, ma per me, come per tutti coloro che vivono nei pressi di Gaza, il sud si trova in un perenne stato di assedio», racconta Daniela Fubini. Non solo a causa dei razzi, ma anche per gli aquiloni incendiari - decine di migliaia - che da un anno stanno distruggendo l'agricoltura del sud di Israele, una delle principali risorse. «Per il governo, che è lo stesso da dieci anni, la situazione del sud non è evidentemente una priorità. II gruppo Hamas ragiona sul breve periodo, e questa, alla fine, è una strategia di successo: se lo scopo è quello di destabilizzare ciclicamente la vita quotidiana con una pioggia di missili, bloccando tutti a casa, interrompendo la routine lavorativa, le scuole, le ferrovie, ci riescono perfettamente. E pura strategia del terrore». «Qui non esistono ragazzi fino ai 15 anni che non siano dovuti fuggire in un rifugio entro 45 secondi - conclude -. A scuola, a casa, a qualsiasi ora. Chi ha bambini piccoli, li fa dormire nel "mamad" (merkhav mugan: spazio protetto), la stanza-bunker di cui sono provviste tutte le case al sud, a differenza che nel resto di Israele. Non può essere considerata una cosa normale».

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