L’arte di stare tutti insieme sotto la coperta stretta
Soltanto un irresponsabile potrebbe desiderare che la linea di politica estera dell’Ulivo declini verso il peggio. Per questo guardiamo con un misto di attenzione, preoccupazione e speranze deluse quel che accade nell’Ulivo. E non ci ha fatto davvero piacere essere stati facili profeti per avere previsto, nel precedente articolo, che la campagna di primavera di Piero Fassino sarebbe terminata rapidamente. Difatti, sappiamo bene che Piero Fassino è considerato un “sionista” da molti suoi compagni, semplicemente perché egli guarda alle vicende medio-orientali senza pregiudizi nei confronti di Israele e perché osa parlare di “due diritti” e non di un diritto soltanto (quello palestinese, manco a dirlo).
Ma la linea di Fassino sul pacifismo e sulla questione irakena è debole: si tratta, più che altro di un fronte di assestamento per difendersi dall’offensiva del pacifismo estremo, quello del ritiro immediato delle truppe dall’Irak e della solidarietà con Hamas. Il cosiddetto “lodo Zapatero” è un’opzione di carta. La “resistenza” irakena ha detto che più chiaramente non si può che dell’ONU (e persino della Croce Rossa) non vuol sentir parlare. Quel che essa vuole è : “fuori tutti e subito”. E’ la linea di Caruso, Agnolotto, Strada, Bertinotti ecc. Tra il restare in Iraq (sia pure con tutte le varianti possibili) e la linea del ritiro subito e senza condizioni non c’è nulla, e la prova ne è data dallo sgretolarsi, in queste ore, della linea Zapatero, e dal conseguente indebolimento della posizione di Fassino.
Ne emergono “vincitori” coloro che fin dalle prime ore dell’aggressione a Fassino, “ridefinirono” la linea generale della coalizione: ovvero Prodi e il suo ministro degli esteri D’Alema. Non entriamo nel merito di quell’enunciazione di linea – su cui ci sarebbe molto da dire – se non per sottolinearne due aspetti. 1) la negazione dell’esistenza di problemi all’interno della coalizione: secondo Prodi, non vi è neanche bisogno di spendere una parola circa il fatto che la violenza non ha posto nel grande movimento per la pace, che è componente essenziale dell’Ulivo. 2) la riproposizione dell’idea secondo cui la risoluzione del conflitto israelo-palestinese è la chiave di tutto e che, per ottenere questo obbiettivo, si deve anche ammettere l’idea di un intervento armato per imporre la separazione dei contendenti e la pace.
Entrambe queste idee sono, a dir poco, senza il minimo fondamento. Se non vi è posto nel “movimento” per la violenza, perché sono state tollerati gli striscioni e gli slogan di solidarietà con la “resistenza” irakena e con Hamas? Perché Fassino è stato violentemente contestato? Perché nessuno ha detto una parola contro Gino Strada quando ha definito “criminali” coloro che non hanno votato per il ritiro immediato delle truppe italiane? Bella coerenza dire “non c’è posto”, mentre il posto viene lasciato con tutti gli onori. Quanto al progetto medio-orientale dell’on. D’Alema, ormai anche i sassi hanno capito che la guerra totale in corso ha come posta ben altro obbiettivo che la Palestina – casomai ha come obbiettivo particolare la eliminazione di Israele – e che i problemi militari e strategici che si troverebbe di fronte una forza di interposizione richiederebbero ben altro per essere risolti che quattro chiacchiere fatte per strada con un cronista.
Tuttavia, su questa strada, l’on D’Alema sembra non conoscere limiti. Le truppe italiane si sono trovate in questi giorni di fronte a una situazione tipicamente israeliana: hanno dovuto fare la scelta di sparare oppure correre rischi seri di fronte a un attacco condotto sotto la protezione di scudi umani formati da bambini e donne. Gran parte del mondo politico non ha esaminato troppo in dettaglio le modalità dello scontro intuendo la delicatezza della situazione. Forse qualcuno ha anche ripensato a condanne troppo affrettatamente emesse in occasione della morte di un bambino palestinese sotto tiro incrociato. Ma l’on. D’Alema, no. Secondo la stampa, avrebbe chiesto con il consueto sarcasmo “cosa ci stiamo a fare? ad ammazzare donne e bambini, forse?”. Un atteggiamento coerente, per chi voglia conservare la possibilità di giustificare l’uso degli scudi umani da parte dei palestinesi. Ma la coerenza è una virtù che spesso mal si concilia con l’intelligenza.
In verità, queste posizioni hanno un solo scopo: stendere una coperta abbastanza larga per tenere tutti dentro: da Boselli a Di Pietro, da Fassino a Strada, da Di liberto a Pecoraro Scanio. Ma con una condiscendenza tutta speciale per l’ala di estrema sinistra, ultra-pacifista e ferocemente anti-israeliana. In altri termini, la scelta sembra quella di far sopportare ai moderati tutto il prezzo dell’unità a ogni costo.
Uno spettacolo davvero triste.
Tanto più che, per tenere dentro certe persone, occorre, come dicevamo, chiudere un occhio sulle loro violenze e le loro insensatezze.
Citiamo uno degli ultimi esempi, in ordine di tempo. Alla trasmissione Luned’Italia del 5 aprile, il celebre filosofo “debole” Gianni Vattimo, dopo aver definito lo Stato d’Israele uno stato terrorista, ha trovato il destro di osservare che non si vede perché mai bisognerebbe parlare di fondamento “giudeo-cristiano” dell’Europa. “Casomai – ha detto – si parli di fondamento giudeo-islamico-cristiano”. “Anzi, - ha detto caricando la dose – il Vangelo è più vicino al Corano che non al Vecchio Testamento”. Se ne deduce che sarebbe più corretto parlare di fondamento “islamico-cristiano” dell’Europa. Si può anche dedurne che Vattimo sogna di diventare ministro dell’istruzione per reintrodurre Darwin ed espungere ogni riferimento al Vecchio Testamento.
Alle bizzarrie – per non dir altro – dell’esimio pensatore debole, siamo abituati. Un paio d’anni fa ammonì Israele a smetterla di concepire il suo Dio come il “Dio degli Eserciti”. Il poveretto – malgrado sia laureato – non sapeva che gli “Eserciti” in oggetto non sono quelli dei carri armati Merkavà, ma sono le “schiere degli angeli” del Signore… Ora, egli ha prodotto un’altra perla giapponese. Come mai? Ma è chiaro. Se Vattimo non è un ignorante crasso – pensatore “debole” nel senso testuale del termine – significa che vuol fare una delle solite menate a finalità anti-israeliana, del tipo: Gesù non era ebreo ma palestinese, pre-arabo, islamico ante litteram, i palestinesi sono i nostri fratelli e gli ebrei si levino dai piedi ché sono estranei alla nostra civiltà europea.
Questa è la gente con cui si vuol stare, a tutti i costi, sotto la stessa coperta?