Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 04/05/2019 a pag.3, l'editoriale con il titolo "La damnatio memoriae di Woody Allen"
Woody Allen
E' paradossale lo stupore del New York Times, il quotidiano più impegnato a diffondere le ideologie che costituiscono la base del 'pensiero unico'. Dall'antisemitismo alle false notizie su Israele, attribuendone la responsabilità a Donald Trump, fino alla diffusione della vera e propria ideologia del movimento '#metoo', dando vita alle sentenze emanate da un tribunale simile all'inquisizione, che ha condannato un numero rilevante di personalità del mondo della cultura e dello spettacolo con accuse di stampo moralistico, prive di qualunque credibilità. E' il caso di Woody Allen, come lo è stato quello di Roman Polanski, che non può rientrare in Usa pena l'arresto.
Le tecniche delle 'guardie rosse' cinesi applicate nella democratica New York dovrebbero spingerci a rivedere con occhio critico il fallimento di alcuni di quei movimenti, libertari solo in superfice, accolti con tante speranze alla fine degli anni'60
Damnatio memoriae, è proprio il caso di dirlo. La locuzione latina significa letteralmente “condanna della memoria”. Nel diritto romano era la pena che portava dritto alla cancellazione di qualsiasi traccia che riguardasse una persona. E’ come se essa non fosse mai esistita. Statue, monumenti, libri, monete, tutto. Tutto doveva essere sfregiato. E’ quello che sta subendo Woody Allen. Il famoso regista si è visto sbattere la porta in faccia dai maggiori editori per la pubblicazione delle sue memorie. Lo raccontava ieri il New York Times, citando i capi di quattro grandi case editrici americane, dopo che sono riaffiorate le accuse di molestie alla figlia Dylan Farrow. L’esito non ha portato a nulla, non è emerso alcun abuso, ma la vicenda ha isolato il grande regista newyorchese da tutto e tutti. Le case editrici interrogate hanno spiegato al Times che sarebbe commercialmente e culturalmente rischioso pubblicare le memorie di Allen. Effetti del movimento femminista #metoo, che aveva già spinto Amazon a non distribuire il film di Allen, “A Rainy Day in New York”, e che ha rescisso un contratto che prevedeva in tutto quattro film. Nel 2003, Allen stava per sottoscrivere un accordo con la casa editrice Penguin per tre milioni di dollari per le sue memorie. Poi non se ne fece più niente. Questo prima che il #metoo infestasse tutta la vita culturale americana, registi, riviste, case editrici, mondo dello spettacolo, politica. Due anni fa, un gruppo femminista di spicco mise al collo della statua di Allen a Oviedo un cartello, come facevano le Guardie rosse in Cina con i “reazionari”, scrivendoci sopra “violentatore e pervertito”. Con queste parole, non c’è redenzione possibile per il reprobo. Soltanto il sale sulla sua memoria.
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