Riprendiamo dalla REPUBBLICA - Milano, con il titolo "Diciamo basta all’odio urlato contro di noi", il commento di Davide Romano, direttore del Museo della Brigata Ebraica e collaboratore di IC.
Davide Romano
Anche questo 25 Aprile gli ebrei sono stati fischiati e insultati dagli “antagonisti” mentre passavano da San Babila. Tutti. Non solo la Brigata Ebraica, ma anche lo striscione della Comunità Ebraica, e perfino i ragazzi dell’Hashomer Hatzair (movimento scoutistico ebraico) che ricordavano la rivolta del ghetto di Varsavia. Non ci sono più giustificazioni di fronte a questo ennesimo scempio. Tutti i media guardano a questo drappello di scalmanati, perché è ormai diventato uno “spettacolo antisemita “ a favore di telecamera. Per paradosso si potrebbe dire che, dopo sedici anni di contestazioni, fa ormai parte integrante del programma. Tutto questo induce a una riflessione molto seria: ci stiamo abituando all’odio nel giorno della Liberazione? Siamo dunque pronti ad accettare che nel percorso di un giovane ebreo ci debba essere l’esperienza di sentirsi urlare addosso? O che un ex deportato non possa godersi il suo 25 aprile in santa pace? Gli ebrei si sono ormai abituati ad avere la polizia fuori dalle sinagoghe, e a nascondere il loro copricapo quando escono. Ora si stanno adattando anche a questo modo di celebrare la Liberazione. Questo non è degno del modello di integrazione della nostra città. Che fare, dunque? Prima di tutto non guarderei solo a quella cinquantina di fanatici ripresi dai media, ma anche ai loro molto più numerosi “colleghi” che marciano in fondo al corteo, e che usano le stesse parole di odio. Costoro vogliono politicizzare la storia, strappandone le pagine che non gli sono utili. A noi tutti rispondere ricordando loro che la Liberazione è stata una guerra portata avanti da civili e militari di tante etnie e culture diverse. E che il 25 Aprile va celebrato da chi questa storia la ama e la rispetta, e non da chi la vuole negare.
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