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Giuliana Iurlano
Antisemitismo Antisionismo
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L'antisemitismo 'medicalizzato' del nazismo 27/04/2019

L'antisemitismo 'medicalizzato' del nazismo
Commento di Giuliana Iurlano

Risultati immagini per Johann Chapoutot, La rivoluzione culturale nazista (Laterza, 2019),

Il libro di Johann Chapoutot, La rivoluzione culturale nazista (Laterza, 2019), è un’opera di notevole importanza perché, appunto, va alla radice del recupero nazista dei fondamenti culturali del popolo germanico delle origini, ripresi e rivalorizzati nel contesto di una nuova fase rivoluzionaria del popolo germanico con l’avvento del Terzo Reich.
Il capitolo conclusivo, dedicato alla concezione nazista del ruolo dell’ebraismo nella storia, è particolarmente utile per comprendere buona parte dello sforzo concettuale prodotto da un grande numero di intellettuali tedeschi in ogni ramo del sapere per dare costrutto ideologico alla rivoluzione nazista.
I due elementi basilari sui quali si basò la loro assidua ricerca furono la biologia e la natura. Gli ebrei non rientravano in nessuno dei due principi vitali su cui si reggeva il pensiero nazista.
In primo luogo, secondo i pensatori nazisti, “la salvezza verrà dal Nord”, cioè dai popoli nordici, il cui radicamento nella natura è essenziale per la salvezza della razza. 
Da questo punto di vista, gli ebrei provengono dal deserto, dal caldo asfissiante e corrosivo di un terreno improduttivo e il loro fisico è, fin dalla nascita, rinsecchito, devitalizzato, eroso. Di conseguenza, il pensiero ebraico, sconnesso da un corpo vitale, vaga nell’astrattezza di concezioni che non hanno alcun radicamento nell’espressione spontanea del mondo naturale; anzi, v’è qualcosa di più pericoloso: l’infiltrazione in esso, a causa dell’aridità del mondo circostante, di contaminazioni provenienti dagli insetti nocivi che si riproducono nel calore asfissiante, nel sudiciume che ne deriva nel corpo dell’ebreo, nella sua barba sudata e puzzolente e che, prosciugando il suo corpo, impedisce che la linfa vitale alimenti il suo pensiero, che così si perde nell’elucubrazione di teorie innaturali, disumane. 
Il radicamento dell’ebreo in Europa ha rappresentato un fattore di gravissima pericolosità soprattutto per le razze nordiche: la contaminazione ebraica ha prodotto nei secoli il distacco della razza nordica dalla natura e dalla sua stessa essenza biologica. Un virus letale che si inocula e lentamente agisce. 
Così, quando i nazisti invasero la Polonia nel 1939, si trovarono di fronte ad una comunità ebraica molto numerosa, la quale nel corso del tempo aveva infettato la stessa popolazione polacca. Da qui, le continue preoccupazioni dei medici nazisti sulla possibile contaminazione ai danni dei soldati tedeschi. 
La conservazione e la difesa della razza germanica comportava un’ossessiva attenzione alla sanità biologica dei soldati del Terzo Reich, il cui rientro in patria avrebbe potuto produrre una contaminazione letale: “I tedeschi, così puliti e sani – scrive Chapoutot – soccomberebbero senz’altro a questo contesto pandemico se non si adottassero le misure più radicali” (p. 209). 
Gli ebrei erano al centro dell’attenzione sanitaria dei nazisti e, per estensione, di tutti i polacchi e gli slavi, i quali di per sé “vivono a bagno nei microbi” (ibid.), ma erano ulteriormente infettati dalla vicinanza degli ebrei. Ne derivava una miscela terrificante per i medici nazisti. Il dottor Joseph Ruppert così definiva la situazione polacca: “[Essa] ‘supera di gran lunga le nostre previsioni più estreme. Pensare di esprimere a parole quello che abbiamo visto è inutile […]. In una parola: sporcizia, sporcizia e ancora sporcizia’” (p. 210). 
E le comunità ebraiche erano ancora peggio: “‘Un serbatoio d’incubazione per parassiti, sporcizia, malattie’”; i bambini ebrei erano descritti come un“‘allevamento di pustole’” (Ibid.). Queste erano le parole di Ruppert. 
La quarantena imposta dai nazisti alla popolazione ebraica, dunque, aveva un senso pienamente medico: “Il nazismo, che si presenta come trascrizione politica delle leggi della natura, concepisce il nemico in termini biologico-patologici” (p. 214) e, per tutte le ragioni dette, l’ebraismo, il nemico numero uno della razza ariana, deve essere cancellato come un’infezione letale. 
Si trattò, in conclusione, della medicalizzazione dell’antisemitismo da parte della rivoluzione nazista, espressione politica e giuridica delle leggi della natura applicate al mondo umano e, particolarmente, alla sopravvivenza e allo sviluppo della razza germanica. Così si espresse Hitler: “‘Un popolo che non ha ebrei è restituito all’ordine naturale’” (p. 219). Una sintesi perfetta della rivoluzione nazista. Lo sterminio del popolo ebraico nelle camere a gas sarà l’atto finale di questo programma.


Giuliana Iurlano è Professore aggregato di Storia delle Relazioni Internazionali presso l'Università del Salento. Collabora a Informazione Corretta


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