Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 26/04/2019, a pag.29 con il titolo "Una storia ebraica di destini incrociati" la recensione di Elena Loewenthal.
A destra: la copertina (Belforte ed.)
Elena Loewenthal, Claudia De Benedetti
Tolstoj dice che tutte le famiglie felici si assomigliano mentre ogni famiglia infelice lo è a modo suo, e tutto questo è molto vero. Ma è altrettanto vero che ogni storia di famiglia lo è a modo suo, unica. Diversa da ogni altra. Persino in un contesto umano come quello della diaspora ebraica, segnato drasticamente da alcuni tratti inconfondibili - l’emarginazione, la separazione, la diversità - non c’è una vicenda uguale all’altra. Ogni concatenazione di generazioni, che è poi il modo ebraico per definire la storia con la maiuscola, ha una serie di evidenze che la rendono unica.
Unica è certamente la storia che si narra in Non fuorvierà. Una storia di famiglia a cura di Claudia De Benedetti (Salomone Belforte Editore in Livorno). Innanzitutto per il corredo di splendide immagini - fotografie e documenti - che danno davvero vita al racconto. Ma certamente anche per i destini che racconta. L’autrice è infatti piemontese di nascita e per metà di origine, in bilico fra Torino, Asti e Casale Monferrato. Qui attinge però al ramo materno della famiglia, originario del Nord-Est: Padova e Venezia. In queste città le comunità ebraiche non subirono il contraccolpo della Restaurazione, dopo la ventata napoleonica che aprì i ghetti ovunque passò. «La successiva cessione all’Austria non ridusse gli ebrei di Venezia e Padova alla reclusione perché nell’Impero asburgico valevano i Decreti di tolleranza emanati dall’imperatore Giuseppe II nel 1781».
Questo e altro permise ai Treved de Bonfili, ai Wollenberg, ai Pavia e ai Corinaldi - i nomi che compongono la famiglia - di diventare una vera e propria dinastia imprenditoriale e politica. Giacomo Treves, ad esempio, è sodale di Daniele Manin (è proprietario della casa in cui il patriota abita, e che regalerà a Venezia dopo l’unità) e viene eletto nel Parlamento Veneto all’indomani del 1848. Qualche anno più tardi Michele Corinaldi arriva da Padova a Torino capitale, vi tiene una «magnifica casa» e ha numerose relazioni sociali: il 21 aprile 1862 riceve dal re Vittorio Emanuele II il titolo di conte, trasmissibile agli eredi. Fatto davvero nuovo per gli ebrei d’Italia, e non solo.
Ma tante altre sono le vicende degne di nota che si raccontano in queste pagine e dentro la storia di una famiglia ebraica capace di distinguersi in molti ambiti, di declinare sempre con grande talento quello slancio sociale, professionale e culturale che caratterizza tutto l’ebraismo italiano all’indomani dell’Emancipazione. L’autrice traccia questa storia con grande precisione documentaria e non meno empatia, seguendo per filo e per segno le carriere, i matrimoni, gli intrecci, in un avvicendarsi di destini che è un mondo intero.
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