Riprendiamo dal MANIFESTO di oggi, 25/04/2019, a pag. 8, con il titolo "Una nuova colonia ebraica sul Golan: si chiamerà 'Trump' ", il commento di Michele Giorgio.
Michele Giorgio, non sapendo più a che cosa attaccarsi pur di demonizzare Israele, oggi scrive di "colonia ebraica sul Golan" che "si chiamerà Trump". Giorgio arriva in ritardo, perché IC già ieri ha riportato la notizia (http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=2&sez=120&id=74416).
Ci auguriamo che Giorgio continui con i suoi articoli su Israele: è la fonte migliore per capire l'odio contro lo Stato ebraico da parte del quotidiano comunista che li pubblica. Danni non ne fa, perchè è fin troppo prevedibile, pcoca cosa se lo paragoniamo a Repubblica e il resto del carrozzone targato De Benedetti, iscritto d'ufficio fra i media 'equilibrati', in realtà il veleno peggiore contro Israele, come Augias nella trasmissione pasquale su Gerusalemme/Rai 3. Augias, l'altra faccia di Giorgio.
Ecco l'articolo:
Michele Giorgio
Donald Trump con Benjamin Netanyahu: un boccone indigeribile per il Manifesto
Israele ricambia i regali di Trump. Una nuova colonia ebraica, che sarà costruita sulle alture del Golan, territorio siriano sotto occupazione israeliana dal 1967, porterà il nome del presidente americano. Un ringraziamento all'Amministrazione Usa che da marzo considera il Golan parte integrante dello Stato ebraico. E come per il riconoscimento di Gerusalemme come capitale di Israele che ha fatto il 6 dicembre 2017, anche per il Golan Trump ha infranto la legalità internazionale. Un regalo quello del Golan fatto dalla Casa Bianca in piena campagna elettorale israeliana: una bella mano alla riconferma del premier di estrema destra e alleato, Netanyahu. Subito dopo la fine della Pasqua ebraica, Netanyahu chiederà al governo di approvare la costruzione del nuovo insediamento coloniale sul Golan dal nome «Trump». «Tutti gli israeliani - ha spiegato in un video sui social si sono profondamente commossi quando il presidente Trump ha preso la sua storica decisione di riconoscere la sovranità israeliana sulle Alture del Golan». Fa bene Netanyahu ad essere grato a Trump. Certo negli ultimi sei decenni tutti i presidenti americani, compreso Obama, hanno fatto del sostegno a Israele il pilastro delle loro politiche in Medio Oriente. Ma nessuno come Trump ha violato sfacciatamente il diritto e le risoluzioni internazionali su questioni centrali come status di Gerusalemme e Golan. E la Casa Bianca pare pronta a riconoscere anche l'annessione a Israele di gran parte della Cisgiordania palestinese sotto occupazione annunciata da Netanyahu in campagna elettorale. Il «piano di pace» Usa per il Medio Oriente, noto come l'Accordo del secolo, nega ai palestinesi la libertà e l'indipendenza e lascia a Israele il controllo di tutta la Palestina storica.
Terroristi arabi palestinesi: i grandi assenti dagli articoli di Michele Giorgio
Ma la presidenza Trump non durerà in eterno. Il tycoon punta al secondo mandato ma la vittoria è incerta. E gli avversari democratici guardano a Netanyahu con occhi ben diversi dai suoi. Bernie Sanders, che tanti consensi aveva ottenuto alle primarie democratiche vinte da Hillary Clinton, qualche giorno fa lo ha definito «razzista». «Non sono anti-Israele ma il fatto è che Netanyahu è un politico di destra che penso stia trattando il popolo palestinese in maniera estremamente ingiusta», ha detto Sanders, un ebreo, nel corso di un dibattito alla Cnn. «La mia non è una posizione radicale», ha proseguito, «l'obiettivo deve essere quello di cercare di unire le persone e non solo sostenere un Paese, che è ora gestito da un governo di destra, oserei dire razzista...Gli Stati Uniti devono fare i conti non solo con Israele ma anche con il popolo palestinese». Anche un altro aspirante candidato democratico alla Casa Bianca, Beto O'Rourke, ha bollato come «razzista» Netanyahu.
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