Il Sole24Ore come il Manifesto: paragona Trump a Stalin e assolve l'Iran Con il pezzo disinformante di Riccardo Barlaam: chi sarà mai costui?
Testata: Il Sole 24 Ore Data: 24 aprile 2019 Pagina: 4 Autore: Riccardo Barlaam Titolo: «La mossa di Trump: male Pechino, bene Riad»
Riprendiamo oggi, 16/11/2017, dal SOLE 24 ORE, a pag. 4, con il titolo "La mossa di Trump: male Pechino, bene Riad", il commento di Riccardo Barlaam.
Riccardo Barlaam scrive oggi un articolo degno del Manifesto, più che del giornale di Confindustria, in cui attacca frontalmente Donald Trump. L'esordio dell'articolo è degno della peggiore disinformazione: "Trump parla come Stalin". Quello che segue non è meglio, con l'intera Amministrazione americana, Bolton, Pompeo, descritta come "oltranzista", mentre nemmeno una parola viene spesa sul regime teocratico e terrorista degli ayatollah iraniani. Se il giornale di Confindustria ha intenzione di diventare una copia del quotidiano comunista, questa è la strada da seguire. Non sarebbe una novità, ma un ritorno, quando c'erano Ugo Tramballi e Alberto Negri.
Ecco l'articolo:
Riccardo Barlaam
Trump parla come Stalin ma governa come Homer Simpson, ha scritto un commentatore della Casa Bianca. Dietro l'imprevedibilità del presidente americano in politica estera cl sono le figure più oltranziste della sua amministrazione il Consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton e il segretario di Stato, ex direttore della Cia, Mike Pompeo. Bolton a settembre aveva promesso «terribili conseguenze» per chiunque avesse continuato a fare affari con l'Iran. La decisione dello stop totale all'import di greggio aggiunge un altro tassello alla politica di massima pressione verso il regime degli ayatollah. L'obiettivo degli Stati Uniti è quello di portare a zero l'export di petrolio iraniano. Il petrolio vale il 40% dei ricavi della Repubblica islamica Ricavi - sostengono gli americani - usati per sostenere gruppi terroristici, sviluppare programmi missilistici e altri comportamenti destabilizzanti. La Casa Bianca vuole isolare l'Iran, spingerlo alle riforme e rinegoziare l'accordo sul nucleare. Le ambizioni di egemonia iraniana nell'area ne escono inevitabilmente ridimensionate. Lo stop Usa aggiunge un ulteriore livello di incertezza alle relazioni tra Iran e resto del mondo disincentivato a intrattenere rapporti economici con un paese sotto sanzioni. L'Europa continua a sostenere la legittimità dell'accordo nucleare. L'Onu brilla per il suo silenzio. Il Dipartimento di Stato stima chele sanzioni unilaterali abbiano ridotto gli introiti petroliferi dell'Iran di oltre io miliardi di dollari.
Scende l'Iran ma aumenta la produzione petrolifera Usa salita in marzo a 12 milioni di barili al giorno:1,6 milioni di barili in più rispetto a un anno fa Così come le esportazioni di greggio Usa che a gennaio hanno raggiunto i 2,5 milioni di barili al giorno (+90%). Degli otto Paesi che il 2 maggio non vedranno rinnovate le esenzioni per il greggio dell'Iran, tre paesi - Italia, Grecia e Taiwan - hanno cessato da mesi di importare petrolio iraniano. Gli altri cinque Cina, India, Giappone, Corea del Sud e Turchia continuano ad acquistarlo. Dura la reazione del governo di Pechino: «La Cina si oppone alle sanzioni unilaterali americane - ha detto un portavoce del ministero degli Esteri - La cooperazione con l'Iran è trasparente, secondo le leggi e va rispettata».
Pechino è il primo acquirente di petrolio dall'Iran e ha aumentato gli acquisti nel 2019, il contrario di quanto chiesto dagli Stati Uniti: ad aprile la Cina potrebbe arrivare a 750mila barili al giorno, e cala metà dell'export totale di Teheran. La decisione americana rischia di pesare sui negoziati per la trade war. Due nuovi round negoziali sono attesi nei prossimi quindici giorni, prima a Pechino e poi a Washington, per tentare di arrivare a un accordo definitivo tra maggio e giugno. La Cina continuerà a importare petrolio dall'Iran, almeno nell'immediato, secondo tutti gli analisti. Ogni mossa di Pechino per acquistare greggio iraniano obbligherà gli Stati Uniti a imporre sanzioni. Come ha detto Jason Bordoff, direttore del Centro delle politiche energetiche globali della Columbia University: «Le sanzioni all'Iran si preparano a essere una grande sfida perle relazioni sino-americane». Dall'altro lato lo stop all'import di petrolio dell'Iran è un assist americano all'Arabia Saudita, che potrà aumentare la produzione di greggio e che, grazie all'incremento globale dei prezzi del petrolio, riuscirà ad attrarre gli investitori internazionali per la maxi-Ipo di Saudi Aramco, che continua a slittare da più di un anno per le basse quotazioni del greggio. Gli analisti di Raymond James e Associates sostengono che sauditi, Kuwait ed Emirati «aumenteranno la produzione prima del previsto per il calo delle forniture iraniane».
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