IC7 - Il commento di Daniele Scalise
Dal 14 al 20 aprile 2019
Le menzogne del 'pinkwashing' e il movimento Lgbt in Israele
Continuiamo a stupircene e non ce ne diamo ragione perché vi è qualcosa di deforme nella permanenza dell’odio antisemita, forte di una mostruosa capacità di adattarsi a tempi diversi, a partiti, fazioni, religioni e gruppi sociali nemici tra loro e che tuttavia trovano una feroce sintonia nell’ostilità spudorata. Ogni giorno ne abbiamo esempi clamorosi come gli appelli di alcune star che chiedono minacciosamente il boicottaggio dell’Eurovision in programma a Tel Aviv nella seconda metà di maggio o Airb&b che prende di mira le case dei Territori amministrati o alcune catene di distribuzione che se la prendono con la produzione israeliana o le università che chiudono le porte agli studiosi dello Stato ebraico. La rincorsa miserabile e ostinata raccoglie via via nuovi partecipanti. Non ultime alcune associazioni lgbt americane ed europee che inalberano il concetto di ‘pink washing’, un paravento che legittimerebbe l’apartheid. Quello che qualsiasi turista può verificare di persona, e cioè che in Israele le persone omosessuali vivono una condizione sociale decisamente ammirevole e che godono di diritti impensabili a pochi chilometri di distanza, non sarebbe altro che un’astuta quanto ipocrita messa in scena della propaganda sionista. E non ci sono argomenti di realtà capaci di scalfire questa convinzione diffamante perché l’odio antisemita trascura qualsiasi dato di realtà considerandosi sufficiente a se stesso.
Una manifestazione di odio inneggia al "Pinkwashing" di Israele
Alla fine di marzo, durante la visita a Gerusalemme del presidente brasiliano Jair Bolsonaro, la tosta comunità gay israeliana ha organizzato dure e rumorose proteste contro un leader con il quale il primo ministro Benjamin Netanyahu vanta rapporti significativi e che per altro ha promesso di seguire l’esempio degli Stati Uniti e trasferire l’ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme. Non voglio qui argomentare la politica di Netanyahu ma piuttosto concentrarmi sulla protesta dei gay israeliani che hanno accolto il presidente brasiliano con manifestazioni consistenti arrivando a bloccare un’autostrada e organizzando un rally sotto le mura della città vecchia con ampi striscioni tra cui uno recitava: ‘La Terra Santa non vuole omofobi qui’. Naturalmente nessun diffamatore verrà mai chiamato a dar conto delle menzogne che propala mentre continuerà, il più delle volte impunemente e con la complicità di molto comune sentire, a diffondere il veleno che ha ereditato con il latte materno.
Daniele Scalise
giornalista e scrittore. Scrive su 'Prima Comunicazione'.
E' autore di
Cose dell’altro mondo. Viaggio nell’Italia gay-Zelig
Il caso Mortara-Mondadori
I soliti ebrei-Mondadori
Lettera di un padre omosessuale alla figlia-Rizzoli