Riprendiamo dal CORRIERE della SERA a pag.13 e da AVVENIRE a pag.21 due servizi su padre Pierbattista Pizzaballa, ex Custode di Terra Santa poi nominato arcivescovo di Gerusalemme.
Preceduti dai nostri commenti.
Pizzaballa & Bergoglio sorridono, ma sono in Israele, che però non nominano
Corriere della Sera-Aldo Cazzullo: "In questa terra vedo il fascino di Gesù sugli ebrei"
Abbiamo lodato ieri l'intervista di Aldo Cazzullo a Iddo Netanyahu, ma putroppo una rondine non fa primavera. Cazzullo, con l'intervista che esce oggi a Pierbattista Pizzaballa, torna a dimostrarsi con le sue domande ossequiente al conformismo dei cronisti che scrivono sui rapporti cristianità-ebraismo. Confonde la Bibbia con i Vangeli, scrive Cristo invece di Gesù, che venne crocifisso a Gerusalemme senza dire dai romani, non distingue in quali paesi i cristiani diminuiscono, scrivendo Terra Santa, mentre avrebbe dovuto riferire come in Israele i cristiani aumentano e altre superficialità per finire con il mettere Netanyhau sullo stesso lvello di Abu Mazen.
Aldo Cazzullo
Siamo davanti al Santo Sepolcro con l'uomo che l'ha custodito per dodici anni, prima che il Papa lo nominasse arcivescovo e gli affidasse il patriarcato di Gerusalemme; «dove sono una specie di commissario prefettizio» sorride Pierbattista Pizzaballa.
Parente?
«Sì. Pier Luigi Pizzaballa, il portiere dell'Atalanta, è cugino di mio padre. Anch'io, come tutti, facevo la raccolta delle figurine; e anch'io, come tutti, Pizzaballa non l'ho mai trovato».
Lei è di Cologno al Serio, Bassa Bergamasca.
«La terra dell'Albero degli Zoccoli. Eri cattolico prima ancora di nascere».
A Gerusalemme da 29 anni. Com'è oggi essere cristiani là dove Cristo fu crocefisso?
«Non siamo perseguitati, come in Siria e in Iraq. E non siamo neppure (quasi) estinti, come in Nordafrica e in Turchia».
Ma dopo la Seconda guerra mondiale in Palestina i cristiani erano il 20% della popolazione. Ora arrivano a stento al 2%.
«I cristiani fanno meno figli. E molti se ne sono andati in Occidente o in America Latina. Forse è la Provvidenza a volerci piccoli. Le stagioni in cui eravamo al potere, al tempo dei bizantini e poi dei crociati, sono state le più difficili».
Nel Vangelo è scritto: «Quando il Figlio dell'Uomo tornerà, troverà ancora fede sulla Terra?».
«Sì, la troverà. Siamo una comunità raccolta, vitale, preziosa».
Il Vangelo si riferiva al pianeta, o alla Terrasanta?
«A Gerusalemme ho imparato che non ci sono aut aut, ma et et. Valgono entrambe le cose».
Davvero Gesù è stato crocefisso e sepolto qui?
«Prove scientifiche non ne avremo mai. Però è una credenza che dura da duemila anni. Abbiamo la tradizione biblica, la coerenza da allora a oggi, e il riconoscimento ufficiale della Chiesa».
Il Golgota e la tomba non sono troppo vicini?
«Era un luogo dannato, subito fuori le mura. Un luogo di morte. E verosimile che i sepolcri fossero accanto al luogo dell'esecuzione. Di certo furono trovate molte croci. Secondo la tradizione, furono fatte toccare a un malato. La vera croce lo risanò».
Lei sente una forza particolare in questo luogo?
«Sì. Soprattutto la notte, quando c'è meno gente».
La ressa a volte è insopportabile. Là una signora si sta facendo un selfie con la croce sulle spalle.
«Alcuni sono turisti, non pellegrini. Talora diventa un mercato. Ma l'intensità della fede di molti contribuisce alla potenza del luogo».
Chi è Gesù per gli ebrei?
«C'è una fantasmagoria di posizioni. Alcuni lo ritengono un falso profeta e aborriscono il suo nome. Altri ne sono affascinati. Tanti sono fieri che un ebreo abbia cambiato la storia. E c'è una comunità di ebrei messianici convinti che Gesù sia davvero il messia». Lei li incontra?
«Sì, ma non riconoscono la Chiesa. La loro idea è restituire Gesù agli ebrei. Altri ne sono affascinati, e mi fanno molte domande sulla nostra religione. Che però non è facile da capire. Un po' per i contrasti secolari tra cristiani ed ebrei, un po' per i dogmi».
Qual è la cosa più difficile da spiegare?
«La resurrezione. E durissima far passare la resurrezione della carne. Una mia amica ebrea mi ha detto: "Gesù è un personaggio straordinario, e lo sarebbe anche se non fosse risorto". Ma senza la resurrezione di Gesù, le ho risposto, il cristianesimo non esisterebbe».
CI sono anche cattolici di lingua ebraica, vero?
«Sì. Molti sono nati qui da immigrati filippini e indiani. Ho tradotto per loro la liturgia in ebraico».
La Chiesa è considerata tradizionalmente filopalestinese.
«Be', è una Chiesa composta da arabi palestinesi...».
Lei però ha sempre avuto grande attenzione all'ebraismo e a Israele.
«Certo. In generale, le cose sono in grande evoluzione. Francesco si muove nel solco di Wojtyla e Ratzinger».
Ma lei crede a una possibilità di pace in Terrasanta?
«Pace è una parola bruciata. Siamo tutti stanchi della retorica della pace. Non ci sono carte da firmare, mani da stringere davanti ai fotografi. Non esiste un negoziato, i leader neanche si parlano. Bisogna costruire la convivenza dal basso, talora in condizioni drammatiche. Sono stato di recente a Gaza: l'inferno in terra».
Netanyahu ha rivinto le elezioni. Ma lui e Abu Mazen dureranno?
«All'apparenza non è cambiato nulla. Se anche Netanyahu dovesse cadere per i processi, in Israele resterà un governo di destra. Ma tutto può mettersi in movimento all'improvviso. Dobbiamo guardare all'intero Medio Oriente. Infuria una grande guerra tra l'Iran e l'Arabia Saudita, che si combattono in Yemen, in Siria, ovunque. Israele considera l'Iran un nemico irriducibile. E parla con i sauditi».
Rabin e Barak hanno creduto alla pace. Ma i palestinesi ci hanno mai creduto davvero?
«Una parte del popolo di sicuro sì. I leader, non so».
Avvenire-Giorgio Bernardelli: "Terra Santa Pasqua di giustizia"
Giorgio Bernardelli
Giorgio Bernardelli non ci ha mai suscitato altro che critiche, come in questa conversazione con Pizzaballa, dove scrive "E la Pasqua che con la sua forza torna per rinnovare Gerusalemme e da qui il mondo intero" come se i problemi dei fedeli cristiani si trovassero nella capitale di Israele invece che nei paesi arabo musulmani. Come quando scrive "l'amministrazione israeliana ha fatto sapere con una nota di aver accordato alcune centinaia di permessi per permettere ai cristiani di Gaza di recarsi a Gerusalemme in occasione delle festività" una frase ambigua, che può venire letta da chi non conosce ciò che succede a Gaza che sia responsabilità di Israele se da Gaza Hamas cerca con ogni mezzo di infiltrare terroristi. Il solito Bernardelli, insomma.
"Non celebriamo un ricordo. Anche oggi, qui, Dio ama, crea, libera, conduce, perdona".
E l'annuncio che da Gerusalemme - proprio dalla tomba vuota che sta all'origine del mistero della Pasqua - ha fatto risuonare di nuovo ieri l'amministratore apostolico del patriarcato latino, l'arcivescovo Pierbattista Pizzaballa. Nelle stesse ore in cui il mondo ebraico celebrava il primo giorno di Pesah, la festa della liberazione di Israele dalla schiavitù in Egitto, i cristiani di rito latino si sono radunati per la loro Veglia pasquale. E successo come ogni anno alla mattina, come impongono le complicate regole sugli orari per le diverse confessioni nella Basilica del Santo Sepolcro. Ma nell'omelia- rivolta a tutte le comunità della Terra Santa - Paolo VI iniziò le visite dei Pontefici nei luoghi di Cristo- Pizzaballa ha comunque preso spunto dal segno pasquale della notte illuminata dalla luce del Risorto. «Penso a quanti non riescono a vedere la luce, a causa del buio della loro notte - ha commentato il presule -. Alla notte delle nostre famiglie, divise e separate a causa dell'emigrazione, dalla necessità di lavoro; divise a causa di freddi e cinici calcoli politici; penso alla notte di tanti giovani che faticano a darsi prospettive di futuro; penso alla notte delle nostre divisioni religiose che accecano le nostre relazioni; alle nuove forme di schiavitù nel lavoro dei migranti e dei rifugiati, nelle tante forme di dipendenza». Ebbene - ha commentato Pizzaballa - «oggi ci viene annunciato che questa notte non c'è più, è finita». E il cambiamento narrato anche dagli altri segni della Veglia pasquale che l'amministratore apostolico ha declinato nell'oggi di Gerusalemme: il fuoco benedetto fa piazza pulita dei «giudizi ingiusti e affrettati», aiutando a «riconoscere il bene» e portare giustizia «agli indifesi»; l'acqua che purifica e che richiama al Battesimo invita a non essere «rabdomanti alla ricerca di fonti improbabili» ma ad aver «sete di Dio e della sua Parola»; il pane spezzato dell'Eucaristia «sazia il nostro desiderio di senso, la nostra fame di giustizia, di uguaglianza, di diritti, di una vita bella e degna». E la Pasqua che con la sua forza torna per rinnovare Gerusalemme e da qui il mondo intero. «Ma non saremo noi a operare questo miracolo - ha concluso l'amministratore apostolico del patriarcato latino -. E da quella tomba vuota, che tutto è diventato possibile». Una speranza che in Terra Santa, nonostante le tante ferite del conflitto, tengono accesa anche i cristiani della Striscia di Gaza. Solo venerdl - poche ore prima dell'inizio della festa ebraica e dopo le proteste per il mancato rilascio - l'amministrazione israeliana ha fatto sapere con una nota di aver accordato alcune centinaia di permessi per permettere ai cristiani di Gaza di recarsi a Gerusalemme in occasione delle festività. Si spera che possano arrivare in tempo almeno per la Pasqua ortodossa, che si celebra domenica prossima. Va però aggiunto che anche ieri - proprio nel giorno di Pesah - c'è stato un lancio di razzi dalla Striscia, fortunatamente senza conseguenze. Intanto i fedeli di rito latino hanno vissuto nella parrocchia della Sacra Famiglia i loro riti pasquali. «In un tempo difficile per la Chiesa e per il mondo - ha dichiarato all'agenzia Sir il parroco, padre Mario Da Silva - da Gaza auguriamo a tutti una buona Pasqua di Resurrezione. Davanti al sepolcro vuoto di Gesù Risorto chiediamo a Dio la pace per il mondo e la salvezza».
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