Riprendiamo da BET, Bollettino della Comunità ebraica di Milano, aprile 2019, il commento di Elia Boccara "Un capolavoro profetico che anticipò il sionismo".
Elia Boccara
George Eliot
George Eliot, la romanziera inglese che nel 1876 diede alle stampe Daniel Deronda, è poco nota in Italia: i suoi romanzi sulla provincia inglese sono solo occasionalmente studiati a scuola. La “storia d’amore” che, dagli anni ‘50 dell’Ottocento fino alla morte, legò la scrittrice all’ebraismo è completamente trascurata. Un’eccezione degna di nota è rappresentata dagli studi dello storico Dario Calimani, docente all’Università di Venezia: due importanti articoli di carattere universitario, usciti nel 1977 e nel 1978, affrontano direttamente Daniel Deronda e analizzano il rapporto tra la Eliot e l’ebraismo. La mancanza di una buona traduzione italiana del romanzo, lacuna che per anni ha contraddistinto il panorama editoriale italiano, è stata recentemente sanata da Sabina Terziani. Ma purtroppo, l’editore non ha previsto un apparato critico e informativo sull’autrice: il lettore italiano fa quindi fatica a mettere a fuoco sia il legame importante tra la Eliot e l’ebraismo, sia l’accoglienza che è stata riservata al romanzo. La pubblicazione di Daniel Deronda innescò infatti reazioni che è importante analizzare: reazioni estreme di carattere antiebraico, per non dire antisemita, ma anche apprezzamenti per le qualità letterarie e per l’attenzione alla dimensione politica. In occasione del secondo centenario dalla nascita di George Eliot (1819-1880), ho pensato di proporre ai lettori italiani, ebrei e no, un libro di carattere propedeutico, che prenda per mano la Eliot fin dalla nascita e la segua negli anni della sua prima formazione, contraddistinta dall’educazione religiosa familiare anglicana non priva di qualche pregiudizio antiebraico. Si vedrà quindi come la romanziera riuscì a emanciparsi da questi condizionamenti, conquistando una conoscenza obiettiva dell’ebraismo.
Questa nuova sensibilità della Eliot riguardò anche altre minoranze: oltre all’ebraismo, la scrittrice si occupò anche della cultura gitana, come testimonia il suo lungo poema dal titolo The Spanish Gypsy, “La gitana spagnola”, mai tradotto in italiano. Al centro del mio libro, George Eliot e la nascita dello Stato ebraico – Daniel Deronda: un idealista nell’Inghilterra vittoriana, il lettore troverà una settantina di pagine di studio specifico e commentato del romanzo Daniel Deronda e del saggio pubblicato dalla Eliot nel 1879, poco prima di morire, The Modern Hep! Hep! Hep!, l’antico grido di scherno germanico contro gli ebrei. Non tralascerò le varie forme di accoglienza riservate al romanzo in passato e ai nostri giorni, né trascurerò di analizzare l’immagine dell’ebreo data da altri scrittori contemporanei alla Eliot. Un capitolo è dedicato alla presenza degli ebrei in Inghilterra durante l’Ottocento e al modo in cui molti inglesi sovrapposero l’identità dell’Inghilterra a quella della stessa Israele: partendo dalla celebre traduzione inglese della Bibbia detta di King James del 1611, ormai considerata come la Bibbia per eccellenza, e dal celebre The Pilgrim’s Progress (“Il percorso del pellegrino”, viaggio onirico da questo mondo al mondo celeste), si giunse all’anglicizzazione della Terrasanta. Scherzosamente, la baronessa Orczy, scrittrice ungherese, affermava che per gli inglesi Gesù non era nato in Inghilterra solo per un errore del Padre Eterno. Ci voleva la Eliot per ripristinare, nella mente degli inglesi, la dimensione concreta della terra d’Israele, patria mai dimenticata del popolo ebraico, una terra verso la quale era urgente fare ritorno visto che nella diaspora l’ebreo, nel migliore dei casi, era stato quasi sempre considerato come estraneo (alien, come veniva indicato nei documenti amministrativi inglesi del tempo), per non parlare della triste sequenza di persecuzioni e di espulsioni. Con Daniel Deronda la Eliot ha anche diffuso involontariamente il sionismo nell’Europa orientale: nell’Europa dell’Est, il libro, sebbene non tradotto, fu utilizzato da alcuni attivisti per preparare fascicoli dal sapore sionista, omettendone completamente l’aspetto romanzesco: appelli al ritorno a Sion, lanciati da una signora inglese, non ebrea, da loro conosciuta sotto il nome di Mrs. Lewes (come lei amava farsi chiamare, essendo la compagna di George Lewes, col quale convisse more uxoris). Fra i tanti ebrei che si infiammarono leggendo le pagine sioniste di Daniel Deronda va citato Eliezer Ben-Yehuda, che sarà poi il creatore dell’ebraico moderno. Circa il ruolo svolto dalla Eliot in favore del popolo ebraico e del sionismo possiamo ricordare che due anni dopo la Dichiarazione Balfour, nel 1919, Nahum Sokolow, allora Segretario Generale del Congresso Sionista Mondiale, dedicò tre fitte pagine della sua History of Zionism (Londra, 1919) all’importante contributo fornito da George Eliot alla nascita del sionismo. Riporto una breve parte del testo che riguarda i progetti dell’eroe del romanzo Daniel Deronda, Mordecai, precursore del sionismo: “La sua idea è di essere completamente ciò che egli è soltanto in parte: essere sé stesso, restaurato. Egli desidera essere interamente in casa propria, vivere del lavoro delle sue mani per portare a maturazione quelle idee che si sviluppano nella sua mente. Dove questo potrebbe realizzarsi? Soltanto dentro un’organizzazione del proprio popolo nella propria antica casa, nella madrepatria della propria stirpe, in uno Stato che concentrasse e incarnasse nella misura del possibile la totalità della vita ebraica, non più ossificata, inaridita, tagliata fuori, mantenuta nella forma di sante reliquie e adattata secondo le interpretazioni e i compromessi alle diverse zone, culture e usanze […]. Egli sente che questo non è l’ideale, egli vede che la propria identità sta scomparendo, e quindi egli anela per il proprio focolare, per un’identità culturale che si muova in modo indipendente, in armonia con altre simili entità. Questo, e solo questo, condurrebbe gli ebrei più vicini al mondo, più vicini all’umanità. È forse questo “nazionalismo”? […] In realtà è libertà umana; non comporta nessuna secessione dall’andamento della comune umanità. […] Questo è “nazionalismo” sionista. Nessuno scrittore difende questi principi con maggiore entusiasmo di George Eliot”. Nel 2011, K. M. Newton, nel suo libro Modernizing George Eliot, ha sintetizzato così l’importanza del romanzo Daniel Deronda, che, ricordiamolo, è il coronamento di una vita di studi sull’ebraismo e sul popolo ebraico: “Se si chiedesse a qualcuno di votare per il lavoro letterario che ha avuto il più grande effetto sul mondo (tenendo conto del fatto che la Bibbia o il Corano e altri testi religiosi non rientrano nella categoria letteratura) allora Daniel Deronda dovrebbe essere uno dei più importanti contendenti. Un argomento potrebbe essere che senza quel libro lo Stato d’Israele avrebbe potuto non esistere, e Israele è stato sicuramente al centro della storia e della politica contemporanee, da quando è stato fondato nel 1948 e continua a esserlo. Si è detto che la sua pubblicazione abbia provocato un cambiamento fondamentale negli atteggiamenti ebraici nei confronti della creazione di uno Stato ebraico in Palestina – a centinaia di migliaia di ebrei assimilati, la storia presentava, per la prima volta, la possibilità di un ritorno a Sion – e le principali personalità del sionismo, Herzl e Weizman, ne erano ben coscienti e possono anche averlo letto. Fu anche cruciale per la fondazione d’Israele la Dichiarazione Balfour – senza di essa lo Stato ebraico non sarebbe mai esistito – ed è verosimile che l’interesse iniziale per la creazione di uno Stato ebraico in Palestina sia stato stimolato da Daniel Deronda. È forse significativo il fatto che Balfour visitasse Eliot nel 1877, un anno dopo la pubblicazione del romanzo”.
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