Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 17/04/2019, a pag.III con il titolo "La lettera di Gertrud" la recensione di Alessandro Litta Modignani.
Alessandro Litta Modignani
Copertina (Iperborea ed.) e autore
Considerato forse il maggior scrittore svedese vivente, Björn Larsson torna al centro dell’attenzione della critica con un romanzo di bruciante attualità. “Questo libro rompe con le convenzioni e diventa un ibrido: parte come un romanzo classico, basato sul principio flaubertiano del narratore impersonale e assente, e si conclude come una biografia con inserti autobiografici. Ma non posso farci niente”, confessa l’autore. Martin Brenner porta le ceneri di sua madre Maria in riva al mare per disperderle al vento, secondo la volontà della defunta. Lo accompagnano l’amata moglie Cristina e la loro piccola Sara. L’immagine iniziale della bella famiglia borghese, dolce e idilliaca, è destinata a essere travolta da una sconvolgente rivelazione: in una lettera al figlio, Maria racconta di essere un’ebrea sopravvissuta ad Auschwitz e che in realtà il suo vero nome è Gertrud. Il padre che Martin non ha mai conosciuto era anch’egli ebreo, ma Maria ha preferito crescere Martin da sola, per impedire che il figlio fosse ebreo e preservarlo così da eventuali nuove persecuzioni. Martin non sa come comportarsi. Sceglie di non dire nulla alla moglie e alla bambina, e per oltre un anno si immerge in una serie di impegnative letture. Ricorrendo all’espediente letterario della “scoperta ebraica” – per la verità non originalissimo – Larsson dipinge un quadro a tinte fosche della società contemporanea, in una visione tipica dell’intellettuale “liberal” europeo. Egli non rivela dove è ambientato il romanzo, i fatti potrebbero svolgersi in un qualunque paese del Vecchio continente, dove dilagano nazionalismo e populismo, xenofobia e razzismo, islamofobia e violenza antisemita. L’odio scorre rapido come un fiume in piena, veicolato da Facebook e dai talk-show televisivi. Leggendo libri su libri, Martin incontra “domande su domande, ma poche risposte”, ne esce frastornato e con lui il lettore. “Ma quanto avrebbe dovuto leggere e riflettere, prima di poter dire a se stesso di avere fatto il possibile per capire cosa implicasse essere ebreo, per essere sicuro di sapere a cosa alla fine avrebbe aderito o rinunciato?”. In appendice, l’autore pubblica una vasta bibliografia dei “Libri letti da Martin Brenner”: ben sette pagine di saggi, romanzi, autobiografie, testimonianze di persone che hanno saputo in età adulta di essere di origini ebraiche; un elenco interessante e prezioso, a disposizione del lettore. A metà del romanzo, la svolta. La tranquillità famigliare del protagonista ne uscirà irrimediabilmente sconvolta, la sua vita non sarà più normale. Martin pagherà a carissimo prezzo le sue illusioni e i suoi errori: “Forse aveva ragione Samuel, quando gli aveva detto che scegliere di non essere ebreo non sarebbe stato facile come immaginava. Avevo l’impressione che, raccontando, Martin cominciasse a rendersi conto di avere sopravvalutato la possibilità di decidere da solo chi era”. Solo nella terza parte, con le cento pagine finali, Larsson rivelerà a sua volta al pubblico la genesi del romanzo e i suoi tormenti di scrittore.
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