Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 16/04/2019, a pag.17 l'articolo "No di Gantz a un esecutivo di unità con Netanyahu" di Giordano Stabile.
E' giusto che chi vince le elezioni provi per primo a formare il governo. E' così in tutte le democrazie e anche in Israele. Il vincitore del 9 aprile scorso è stato Netanyahu, a lui dunque l'incarico per creare il nuovo esecutivo.
A destra: Benny Gantz, Benjamin Netanyahu
Ecco l'articolo:
Giordano Stabile
Il presidente israeliano Reuven Rivlin prova a lanciare un governo di unità nazionale ma ottiene per ora il no del principale oppositore di Benjamin Netanyahu, il generale Benny Gantz. Il capo dello Stato ebraico ha cominciato ieri le sue consultazioni per la formazione del nuovo governo. Il voto di martedì scorso ha dato una solida maggioranza, 64 seggi su 120, al blocco di destra guidato dal Likud, ma Rivlin ritiene più prudente una grande coalizione. Incombono le indagini per corruzione nei confronti del premier, che rischia di passare più di un giorno a settimana in tribunale per difendersi, se l’incriminazione sarà confermata. Ma incombe soprattutto il “piano di pace” americano, che potrebbe mettere in crisi la coalizione, in quanto i partiti religiosi sono contrari a concessioni ai palestinesi.
Reuven Rivlin
Rivlin ha chiesto alla delegazione del partito Blu-Bianco, il partito di Gantz, se “per il supremo interesse del Paese” è pronto ad accettare la formula di un governo “di concordia” con il Likud. Il rappresentate di Blu-Bianco, l’ex capo di Stato maggiore Gaby Ashkenazy, ha replicato che è inopportuno riaffidare l’incarico a Netanyahu. E’ una posizione di partenza che potrebbe evolvere, ma intanto dà la possibilità a Netanyahu di andare avanti con la sua proposta di maggioranza in linea con quella attuale. In una prima fase è la soluzione scontata e ieri anche la cancelliera Angela Merkel si è congratulata con il primo ministro la vittoria del 9 aprile. La Merkel ha però subito ribadito l’importanza di raggiungere con i palestinesi un accordo di pace “con due Stati”.
Ed è questo il punto più problematico. Ieri il Washington Post ha pubblicato nuove indiscrezioni sul piano elaborato dal consigliere alla Casa Bianca Jared Kushner, ormai nella fase finale. Confermano quelle che circolavano da tempo nelle capitali arabe coinvolte. E cioè che la proposta di Kushner si discosta molto da quello saudita del 2002 e non prevede più uno Stato indipendente per i palestinesi. In compenso ci sarà un gigantesco piano di investimenti, finanziato dal Golfo per almeno 30 miliardi di dollari, per rilanciare l’economia nei futuri territori autonomi, e nelle aree confinanti di Egitto e Giordania.
L’Amministrazione Trump avrebbe anche chiesto a Libano, Siria, Giordania di naturalizzare milioni di rifugiati palestinesi, per risolvere il problema del ritorno dei profughi e anche qui ci sarebbero compensazioni in denaro. E’ una proposta che difficilmente troverà l’assenso del presidente palestinese Abu Mazen. Ieri l’83enne raiss ha dato il via libera a un nuovo governo, guidato da Mohammad Shtayyeh, senza più la partecipazione di Hamas. I palestinesi, più divisi che mai, aspettano con ansia quello che deciderà l’America.
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