Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 15/04/2019, a pag. 21, con il titolo "Israele-Palestina, l'Europa intervenga ora", la lettera che 37 tra ex ministri degli Esteri ed ex funzionari europei noti sottoscrivono e inviano all’ "Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza" - questa la definizione altisonante ripresa da Repubblica -, Federica Mogherini, e agli attuali ministri degli Esteri dell’Ue. Tra i firmatari: Jean- Marc Ayrault, Carl Bildt, Dacian Ciolos, Massimo D’Alema, Benita Ferrero-Waldner, Franco Frattini, Sigmar Gabriel, Louis Michel, David Miliband, Ana Palacio, Jacques Poos, Javier Solana e Guy Verhofstadt.
Chissà se il ministro degli esteri italiano risponderà?
A destra: Federica Mogherini
La Repubblica evidenzia un appello unidirezionale contro Israele che sottace le esigenze di sicurezza dello Stato ebraico e ignora il terrorismo arabo palestinese. I firmatari sono i soliti noti che non perdono occasione per scagliarsi contro lo Stato ebraico, come l'italiano Massimo D'Alema, il tedesco Sigmar Gabriel e l'inglese David Miliband. Nel gruppo anche nomi come quello di Franco Frattini, coinvolto non si sa come perché firmasse un documento fazioso e parziale.
Ecco la lettera:
Massimo D'Alema sotto braccio ai boss terroristi di Hezbollah (Beirut, Libano, 2006)
Ci stiamo avvicinando a un momento critico, sia in Medio Oriente che in Europa. L’Unione europea ha investito molto su un ordine internazionale multilaterale, basato sulle regole. Il diritto internazionale ci ha portato il periodo di pace, prosperità e stabilità più lungo che il nostro continente abbia mai conosciuto. Per decenni abbiamo operato per fare in modo che i nostri vicini israeliani e palestinesi possano godere degli stessi dividendi della pace di cui godiamo noi europei attraverso il nostro impegno per quest’ordine. In collaborazione con le precedenti amministrazioni statunitensi, l’Europa ha promosso una soluzione equa al conflitto israelo-palestinese, nel quadro di una prospettiva di due Stati. A tutt’oggi, nonostante le ripetute battute d’arresto, gli accordi di Oslo rimangono una pietra miliare della cooperazione transatlantica in politica estera. Sfortunatamente, l’attuale amministrazione statunitense si è allontanata dalla linea seguita per lungo tempo e ha preso le distanze da norme consolidate del diritto internazionale. Finora ha riconosciuto solo i diritti di una delle parti in causa su Gerusalemme e ha dato prova di un’inquietante indifferenza verso l’espansione degli insediamenti israeliani. Gli Stati Uniti hanno sospeso i fondi per l’Unrwa (l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi) e per altri programmi in favore dei palestinesi, mettendo a rischio la sicurezza e la stabilità di diversi Paesi situati alle porte dell’Europa. Di fronte alla malaugurata assenza di un impegno chiaro per la prospettiva dei due Stati, l’amministrazione Trump ha dichiarato che sta per ultimare e presentare un nuovo piano per la pace israelo-palestinese.
Noi riteniamo che l’Europa dovrebbe abbracciare e promuovere un piano che rispetti i principi fondamentali del diritto internazionale, che trovano riscontro nei parametri concordati dall’Unione europea per una soluzione del conflitto israelo-palestinese. Questi parametri riflettono la nostra visione comune, che afferma che una pace fattibile non può prescindere: dalla creazione di uno Stato palestinese accanto a quello israeliano, secondo confini basati sulle frontiere precedenti alla guerra del 1967, con scambi di territorio reciprocamente concordati, di minima entità e paritari; dal ruolo di Gerusalemme come capitale di entrambi gli Stati; da meccanismi di sicurezza che affrontino le preoccupazioni legittime e rispettino la sovranità di ognuna delle due parti; e da una soluzione equa e concordata al problema dei profughi palestinesi. L’Europa deve rigettare qualsiasi piano che non rispetti questi parametri. Siamo convinti che un piano che riduca lo Stato palestinese a un’entità sprovvista di sovranità, contiguità territoriale e autosufficienza economica aggraverebbe notevolmente il fallimento dei precedenti tentativi di pace, accelererebbe la scomparsa dell’opzione dei due Stati e arrecherebbe un danno fatale alla causa di una pace duratura. È preferibile, naturalmente, che l’Europa lavori in tandem con gli Stati Uniti per risolvere il conflitto israelo-palestinese, oltre che per affrontare altri problemi globali nel quadro di un’alleanza transatlantica forte. Tuttavia, in situazioni in cui sono in gioco i nostri interessi vitali e i nostri valori fondamentali, l’Europa deve perseguire una propria linea d’azione. In previsione di questo piano statunitense, la nostra opinione è che l’Europa dovrebbe riaffermare formalmente i parametri concordati a livello internazionale per una soluzione fondata sul principio dei due Stati. I governi europei devono inoltre impegnarsi per intensificare gli sforzi tesi a proteggere la praticabilità futura della soluzione dei due Stati. È della massima importanza che l’Unione europea e tutti gli Stati membri si impegnino attivamente per garantire l’applicazione delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’Onu, fra cui la distinzione sistematica, in ottemperanza alla risoluzione 2334 del Consiglio di sicurezza, fra Israele all’interno dei suoi confini legittimi e riconosciuti e i suoi insediamenti illegali all’interno dei Territori occupati. Inoltre, è più che mai importante, alla luce della recente escalation dei tentativi di limitare l’azione incontrastata della società civile, che l’Europa sostenga i difensori dei diritti umani sia in Israele sia in Palestina. Israele e i Territori palestinesi occupati stanno scivolando nella realtà di uno Stato unico con diritti disuguali. Questa situazione non può continuare. Per gli israeliani, per i palestinesi o per noi in Europa.
(Traduzione di Fabio Galimberti)
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