Bugiarda
Ayelet Gundar-Goshen
Traduzione di Raffaella Scardi
Giuntina euro 17
“…Ci sono persone a cui dona la verità, e altre che vengono valorizzate dalla menzogna”.
Con il nuovo romanzo “Bugiarda” in libreria in questi giorni per Giuntina, Ayelet Gundar-Goshen, scrittrice, psicologa e attivista del movimento per i diritti civili del suo Paese, si conferma una delle autrici più interessanti sulla scena letteraria israeliana grazie a una scrittura vibrante, a uno stile raffinato e a una capacità introspettiva estremamente acuta. Dopo un esordio fulminante con “Una notte soltanto, Markovitch” (Giuntina, 2015) una storia suggestiva, pervasa di passione e di ironia, ambientata negli anni del Mandato britannico, Ayelet Gundar-Goshen conquista pubblico e critica con “Svegliare i leoni” (Giuntina, 2017) un racconto ricco di suspense a metà fra thriller poliziesco e romanzo psicologico in cui si affrontano temi di scottante attualità come l’immigrazione clandestina, la corruzione e lo sfruttamento delle donne.
Nel suo terzo libro “Bugiarda”, un nuovo capolavoro letterario, l’autrice mette in scena una storia in cui risalta l’accurata analisi psicologica dei personaggi che si muovono in una Tel Aviv di fine estate, sonnolenta e calda, intrappolati nel potere di una menzogna come insetti in una tela di ragno. Nufar Shalev, la protagonista, è un’adolescente come tante, timida, goffa nei movimenti, non particolarmente attraente e soprattutto invisibile nel suo ambiente. E’ una calda serata estiva quando nella gelateria in cui lavora Nufar compie un’azione di cui non avrebbe mai creduto di essere capace. Apostrofata in modo maleducato, con insulti gratuiti da un cliente, Avishai Milner, un artista in disgrazia che proprio quel giorno ha ricevuto dal suo agente l’ennesimo rifiuto a partecipare a un talent show, Nufar fugge dalla gelateria nel cortile sul retro e inventa di essere stata molestata, una menzogna che conferma alla polizia e ai giornalisti accorsi alle sue urla. In realtà non c’è stato alcun tentativo di violenza ma Nufar, dopo una vita di solitudine e di indifferenza, si ritrova sotto le luci dei riflettori e seppur combattuta da flebili sensi di colpa si lascia trascinare da un vortice di avvenimenti (interviste radiofoniche, apparizioni in televisione, incontri con il Presidente) che proliferano indipendentemente dalla sua volontà. “Le immagini di Nufar sul palco degli oratori conquistarono il pubblico. Quanta innocenza nell’atteggiamento schivo, nelle braccia che si stringevano intorno al suo stesso corpo in un grazioso imbarazzo”. Il risvolto della medaglia è il carcere per Avishai Milner, l’artista che ha umiliato Nufar, emblema dell’uomo cinico e violento, il quale non riesce a farsi ascoltare e la sua verità si trasforma in menzogna senza possibilità di redenzione.
L’autrice articola con maestria un tessuto narrativo ricco di avvenimenti disparati e costellato da una miriade di personaggi in cui l’inganno resta il nervo scoperto oltre che fulcro del racconto. Per disagio, malessere, solitudine, mancanza di visibilità o di attenzioni, la “bugia” con le inevitabili conseguenze entra a far parte della vita di quasi tutti i personaggi, dai più giovani ai più anziani, alimentando sensi di colpa e turbamenti dell’animo perché ognuno finisce per usarla per fini personali. C’è Lavì Maimon, un adolescente solo, consapevole di non corrispondere alle aspettative dei genitori con i quali vive un rapporto conflittuale, unico testimone della “verità” di Nufar perché dalla sua stanza al quarto piano ha visto che la ragazza non è stata aggredita e ora usa questo potere per legare a sé la giovane di cui è invaghito; c’è la mamma di Lavì, incapace di percepire il disagio del figlio, che tradisce il marito con frivola noncuranza; c’è la splendida figura di Raymonde, un’anziana che vive in una casa di riposo e che assume l’identità di Rivka, l’amica sopravvissuta ai campi di sterminio, sostituendosi a lei nei viaggi in Polonia quando l’anziana muore all’improvviso. Raymonde si troverà a parlare dinanzi ai giovani e unirà i suoi ricordi di immigrata dal Marocco a quelli tragici della sopravvissuta alla Shoah in un racconto che commuoverà tutti, espressione di una verità assoluta. L’autrice, che osserva senza giudicare mai i suoi personaggi, quando tutto sembra perduto offre loro un’àncora di salvezza per rimediare alle azioni compiute e ritrovare la fiducia in se stessi. “Nessuna voragine si aprì nella terra. Il cielo non cadde….” E nel contempo indaga con animo da psicologa le dinamiche familiari, descrive con la sua inesauribile creatività i legami di amicizia e d’amore, scruta lo stato d’animo di chi compie azioni riprovevoli per sé e per gli altri, riflettendo altresì sulle contraddizioni in cui si trovano invischiati gli uomini alle prese da un momento all’altro con una nuova guerra che “trascina via tutto in una frenesia di sirene d’allarme e missili”. Mentre “il tempo come una betoniera non congela nulla nell’immobilità….”
L’israeliana Ayelet Gundar-Goshen conquista il lettore con la magia della scrittura, con trame ben costruite e ricche di suspense, con una capacità unica di cogliere le omissioni all’interno di una famiglia, di ritrarre figure ai margini della società come in “Svegliare i leoni”; di svelare le incomprensioni fra genitori e figli, la distanza generazionale fra adulti e adolescenti, la solitudine di chi si sente invisibile agli occhi degli altri, tematiche tutte abilmente descritte in “Bugiarda”. Come il precedente romanzo anche quest’ultima opera è ispirata a una storia vera: una donna israeliana dopo aver accusato di violenza un rifugiato africano è stata smascherata diventando un mostro per tutti. La condanna è immediata per un’azione così deprecabile ma – si chiede l’autrice di “Bugiarda” - come ci comporteremmo in una situazione analoga? Quanta parte ha la menzogna nella nostra vita? Non possiamo negare che “in un modo o nell’altro, tutti pieghiamo la verità a nostro vantaggio”. Gundar-Goshen ha attinto alla sua fantasia di narratrice e alla sua esperienza di psicologa per dar vita a un romanzo dalla forza dirompente che nell’era #MeToo sollecita domande, sgretola certezze e riflette sul potere della menzogna, sulle conseguenze di un inganno, sulle verità di comodo per cercare di superare quei convincimenti talmente radicati nella società contemporanea da compromettere i rapporti umani.
Giorgia Greco