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La Stampa Rassegna Stampa
11.04.2019 Elezioni Israele 2019: i motivi della vittoria di Netanyahu
Analisi di Mordechai Kedar

Testata: La Stampa
Data: 11 aprile 2019
Pagina: 1
Autore: Mordechai Kedar
Titolo: «Dietro la vittoria, una nazione che cresce nella sicurezza»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 11/04/2019, a pag.1-9 l'articolo "Dietro la vittoria, una nazione che cresce nella sicurezza" di Mordechai Kedar.

I lettori di IC ben conoscono Mordechai Kedar, di cui da molti anni pubblichiamo in esclusiva italiana le analisi, indispensabili per capire quello che cambia in Medio Oriente e le radici dei conflitti che si sviluppano in questa regione.

Ecco l'articolo:


Mordechai Kedar

Ci sono tre importanti questioni legate alle consultazioni israeliane che si sono appena concluse. La prima si lega ai conti in sospeso con la giustizia del primo ministro, Benjamin Netanyahu. Ci sono diversi procedimenti giudiziari aperti contro di lui e nel giro di pochi mesi potrebbe trovarsi di fronte a un tribunale, costretto alle dimissioni dalla Corte Suprema. Gli israeliani si dividono tra chi odia Netanyahu e chi lo ama ancora di più perché la polizia «di sinistra» e la pubblica accusa sono alla ricerca di ragioni per metterlo in prigione. Più si avvicina al tribunale, più grande è l’amore che i suoi sostenitori, il partito del Likud, sentono nei suoi confronti. Dopo dieci anni da primo ministro, Netanyahu è uno dei politici più importanti nell’arena globale, buon amico di Trump, Putin, dell’indiano Modi e del cinese Xi.
Con il suo governo l’economia israeliana prospera, ha buone relazioni, intime e clandestine, con alcuni importanti governanti arabi, e qualche Stato occidentale ha iniziato a spostare l’ambasciata a Gerusalemme. È un esperto di sicurezza ed economia, ed è considerato indispensabile. Ma la vera ragione del suo successo è l’«abitudine» di emarginare qualsiasi politico che potrebbe prendere il suo posto, anche se del suo stesso partito. Netanyahu non ama affatto la competizione. Dev’essere «l’unico e il solo», e poiché questo a molti israeliani non piace, hanno votato Gantz.

Tuttavia, il sentimento diffuso è che Netanyahu sarà primo ministro per l’ultima volta. Se termina l’attuale mandato, totalizzerà 14 anni consecutivi come primo ministro, oltre a 4 negli Anni ’90, e questo è davvero troppo. Molti in Israele, anche nel suo partito, il Likud, sono stanchi e stufi della coppia Netanyahu, specialmente di Sarah.

Immagine correlata
Benjamin Netanyahu con la moglie Sarah dopo la vittoria


Requiem per la sinistra
La sinistra ha costruito Israele. Ben Gurion, l’uomo che fondò Israele nel 1948, era un convinto socialista e per trent’anni - fino al 1977 - i partiti socialisti hanno governato lo stato senza alcuna vera sfida da parte dei nazionalisti. La base popolare dei partiti socialisti era la Histadrut, l’Unione dei lavoratori, il sindacato, il vero potere che, in quegli anni stava dietro ogni cosa in Israele.
Il quadro, tuttavia, è cambiato: l’economia israeliana non è più basata sulle arance ma sull’alta tecnologia e le aziende moderne impiegano lavoratori con contratti personalizzati. Non c’è più bisogno dell’Unione dei lavoratori, che ha perso gran parte del suo potere. I partiti socialisti, cercando un’idea alternativa, hanno trovato l’ideologia della «pace» come nuova agenda. Per 25 anni i socialisti israeliani come Shimon Peres e Yossi Beilin, hanno sognato la pace, il nuovo Medio Oriente e altre sciocchezze, basando le loro politiche fallimentari su questi sogni.
Oggi, la maggior parte degli israeliani sa quali sono le vere intenzioni dei nostri vicini e chiunque oggi parli di «pace» è visto dalla maggior parte degli israeliani come uno che sta ancora dormendo e sognando «Il nuovo Medio Oriente» vagheggiato da Peres, Beilin e altri ingenui. E con l’evaporazione del sogno di «pace», dell’ideologia della sinistra non resta nulla. Le piccole dimensioni dei partiti di sinistra riflettono questa situazione.
In Medio Oriente, ci può essere pace solo per uno Stato che sia considerato invincibile, e durerà solo finché questo Stato sarà visto come tale. La sinistra - in Israele e in Europa - non l’ha ancora capito. Pertanto, gli israeliani dicono che il conflitto non è tra destra e sinistra; ma tra giusto e sbagliato.

Opzioni per il futuro
Ci sono, in linea di massima, tre possibili opzioni per la politica interna israeliana nei prossimi quattro anni.
La prima è che Netanyahu formerà un governo più o meno simile a quello che ha presieduto fino alla settimana scorsa: con il Likud in posizione dominante e gli altri partiti della coalizione - nazionalisti e religiosi - destinati a garantire la maggioranza nella Knesset. Le dispute all’interno della coalizione continueranno e il governo dovrà dare soddisfazione a tutti i partner. Non è un lavoro facile, ma è fattibile.
Nel secondo scenario Netanyahu non riesce a dar vita a una coalizione a causa delle profonde differenze, specialmente con Lieberman, e chiede a Gantz di unirsi alla coalizione in cambio di incarichi di rilievo come il ministro della Difesa. Gantz accetta, la coalizione di «unità nazionale» ha una maggioranza molto ampia nella Knesset, e Netanyahu dice a tutti i piccoli partiti: non abbiamo veramente bisogno di voi; se volete unirvi la porta è aperta ma non chiedeteci nulla. E loro entreranno genuflessi nel governo per non rimanere fuori, senza alcuna posizione ufficiale.
Infine, la terza opzione ovvero Natanyahu non riesce a dar vita a una coalizione a causa delle divergenze e interpella uno per uno i membri della Knesset del partito di Gantz, convincendoli alla defezione e spingendoli a fondare un partito separato e a unirsi alla coalizione. In alternativa, offre a questi membri della Knesset di unirsi al Likud, e questa mossa gli assicura la maggioranza necessaria nella Knesset. Un’iniziativa del genere è «legale ma scorretta», e qualsiasi membro della Knesset che aderirà a questo disegno sarà considerato sleale e opportunista.
traduzione di Carla Reschia

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