L'espansione di Russia e Iran in Medio Oriente
Analisi di Antonio Donno
Hassan Rohani (Iran), Vladimir Putin (Russia), Recep T. Erdogan (Turchia)
Putin gioca in Siria una partita su due tavoli distinti: quello israeliano e quello iraniano. Lo fa con prudenza ma anche con la certezza – presunta – di essere l’attore protagonista intorno al quale recitano gli attori secondari. Finora la politica di Putin nell’area si è dimostrata produttiva per gli interessi russi, centrati intorno al progetto di fare della Russia la potenza politicamente egemone nel Medio Oriente. Le continue richieste di Netanyahu di incontrare Putin a Mosca rivelano le preoccupazioni di Israele sulla doppiezza della posizione russa nella regione; per quanto Putin sia sempre disponibile ad ascoltare le preoccupazioni di Netanyahu sull’incombente presenza iraniana in Siria e sulla prossimità degli hezbollah filo-iraniani quasi ai confini di Israele, dichiarandosi disponibile a non permettere agli iraniani di minacciare lo Stato ebraico ai suoi confini, la realtà è che la situazione resta immutata. L’Iran è ben presente in Siria, le formazioni degli hezbollah sono sempre ad un passo da Israele, per quanto Gerusalemme abbia annesso il Golan, con l’immediato riconoscimento da parte di Trump, e la Siria di Assad faccia affidamento sulla protezione dell’Iran, oltre che della Russia. La posizione dell’Iran nella regione è più solida di quella russa. L’obiettivo strategico di Teheran è di costruire un corridoio che porti dall’Iraq, dove l’influenza politica dell’Iran è ben consolidata, al Mediterraneo, sulle sponde del Libano, paese in cui altrettanto forte è la presenza politica iraniana. Se si dà uno sguardo alla carta geografica del Medio Oriente, si comprende bene la traiettoria del progetto politico di Teheran nella regione. L’Iran confina ad occidente con l’Iraq lungo una linea di ben 1500 chilometri; a sua volta, l’Iraq confina con la Siria, e la Siria con il piccolo Libano sul Mediterraneo orientale. Considerata l’importante presenza politica iraniana in Iraq, quella nella Siria di Assad – in virtù del cruciale sostegno dato allo stesso regime siriano – e quella in Libano, si comprende facilmente come l’Iran controlli un grande settore strategico del Medio Oriente che va dallo stesso Iran al Mediterraneo attraverso l’Iraq, la Siria e il Libano. A questo occorre aggiungere la penetrazione dell’Iran nella Striscia di Gaza. Una posizione politico-strategica, più importante di quella russa, almeno in apparenza. Inoltre, le capacità del regime iraniano di mantenere le sue attuali posizioni nel cuore del Medio Oriente non sono direttamente legate alla critica situazione economica del popolo iraniano. Come è avvenuto in tutti i totalitarismi della storia, i progetti egemonici dei regimi totalitari prescindono dalle effettive condizioni di vita della gente, perché l’apparato poliziesco riesce a controllare con la violenza le situazioni di contestazione, vera o presunta, che possono nascere dalle proteste dal basso. Almeno, fino ad un certo punto. Nel caso iraniano le sanzioni americane sono controbilanciate dagli aiuti degli europei, per il qual motivo il regime può ancora contare sul controllo della situazione interna e sulla capacità di agire nelle aree del Medio Oriente, di cui si è detto, ancora con efficacia. Di qui le preoccupazioni di Netanyahu espresse a Putin. Bisogna considerare, tuttavia, che la presenza dell’Iran in Siria e il pesante condizionamento politico esercitato in Iraq e in Libano giova alla causa russa nella regione.
Benjamin Netanyahu con Donald Trump
La compartecipazione russo-iraniana nel controllo politico-strategico del Medio Oriente è accettata da ambedue le parti perché il loro intervento in Siria a favore del regime di Assad ha comportato la conseguenza di una spartizione consensuale di fatto del controllo della stessa Siria. Ma l’Iran ha un vantaggio sulla Russia che preoccupa Israele. L’ideologia sciita iraniana ha avuto, nel corso degli ultimi anni, una diffusione capillare in molte aree della regione, per il fatto che lo sciismo ha avuto nella storia un radicamento importante nel Medio Oriente anche nel contesto di una più vasta presenza sunnita. La cosa non può dirsi per la Russia né durante gli anni dell’egemonia sovietica nella regione, né tantomeno oggi. Ora, non si può dire che questo incontestabile vantaggio ideologico continuerà ad agire nel Medio Oriente a scapito del sunnismo e della stessa Russia, perché, nonostante tutto, le risorse iraniane non sono infinite; e tuttavia, la situazione attuale gioca ancora a favore del regime iraniano e Israele dovrà continuare a difendersi con forza ed intelligenza.
Antonio Donno