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La Stampa Rassegna Stampa
05.04.2019 Ritratto di Khalifa Haftar: un nuovo Gheddafi per la Libia?
Commento di Giordano Stabile

Testata: La Stampa
Data: 05 aprile 2019
Pagina: 3
Autore: Giordano Stabile
Titolo: «Il maresciallo come Gheddafi in marcia per diventare il padrone di tutta la Libia»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 05/04/2019, a pag.3 l'articolo "Il maresciallo come Gheddafi in marcia per diventare il padrone di tutta la Libia" di Giordano Stabile.

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Giordano Stabile

Il colpo di mano a sorpresa del maresciallo Khalifa Haftar assomiglia sempre di più a quello del suo ispiratore politico, Muammar Gheddafi. Nel 1969 l’allora capitano sorprese tutti nel mettere fine dalla monarchia di re Idriss, aiutato da un manipolo di giovani ufficiali, compreso lo stesso Haftar, destinato a diventare da lì a poco il suo braccio destro e il supervisore delle forze armate. Gheddafi, pur nella sua megalomania, si diede in seguito il grado di colonnello, mentre Haftar si è appuntato il massimo, quello di maresciallo di campo.

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Khalifa Haftar


Lo stile di vita, in compenso, è più sobrio. La sostanza però è la stessa: usare tutti i mezzi per arrivare al potere e mantenerlo. Haftar, dopo aver lanciato nel 2012 l’«Operazione dignità», ha lavorato per anni nel coltivare amicizie e alleanze, in patria e all’estero. L’asse inossidabile è con l’Egitto di Abdel Fath al-Sisi, un altro militare di carriera trasformato in leader politico, e con gli Emirati arabi del principe Mohammed bin Zayef, capo fra l’altro delle forze armate emiratine. Gli Emirati sono il maggior sponsor finanziario di Haftar. Fonti d’intelligence riferiscono fra l’altro che il via libera all’azione di ieri il maresciallo l’abbia avuto pochi giorni fa durante un incontro negli Emirati, proprio mentre il premier italiano Giuseppe Conte era in Qatar (Paese quest’ultimo vicinissimo a misuratini).
Fuori dal mondo arabo i principali riferimenti sono la Russia e la Francia. Mosca ieri ha frenato: «Speriamo non si arrivi all’uso della forza» , ha detto a portavoce del ministro Lavrov. Gli interessi con Parigi sono invece coincisi finché si trattava di ridimensionare l’influenza francese, ma sempre nell’ambito dell’accordo patrocinato dall’Onu, che punta a una composizione pacifica della Libia. Il blitz nel Fezzan, con la conquista dei maggiori pozzi di petrolio dell’Ovest libico, è stato così assecondato dalla Francia, anche perché permetteva di mettere in sicurezza il confine con Niger, Ciad e Algeria, e nello stesso tempo ridimensionare le tribù Tebu che in Ciad mettono in difficoltà il presidente alleato dei francesi. Secondo il sito «Libyastudies » che cita fonti diplomatiche oltre agli Emirati pure Parigi ha dato semaforo verde al blitz: dopo «un vertice sulla sicurezza tenutosi sotto comando francese a Bengasi il Comando generale ha dato ordine all’esercito di entrare a Tripoli per liberare la capitale dalle milizie».
Il maresciallo coltivava pure le alleanze interne. E in particolare le tribù berbere di Zintan e della Montagne Nafusa, istintivamente ostile agli arabi vicini ai Fratelli musulmani che controllano gran parte della Tripolitania e di Tripoli. Con la Cirenaica e il Fezzan saldamente in mano, restava quindi il boccone più ghiotto e più grosso. Nelle Montagna Nafusa, Haftar ha coltivato in particolare la cittadina di Mizda, 100 chilometri a Sud della capitale. Qui c’è una grande base militare che già nel 2016 il maresciallo aveva trasformato in una avamposto logistico a lui fedele. Le sue truppe sono entrate senza combattere nella notte fra mercoledì e ieri hanno trasformato la base per il blitz verso Tripoli, prima attraverso la città strategica di Gharyan, poi su verso Nord. È una base sicura perché gli abitanti delle montagne sono berberi e della corrente islamica ibadita e quindi ostili a un governo islamista.
Già Gheddafi li aveva coltivati come «guardiani» della porta meridionale della Tripolitania e anche in questo Haftar segue si suoi passi. Il maresciallo sembra seguire il dettato gheddafiano. Non ci sono nazioni «amiche», solo interessi. Finché Egitto ed Emirati arabi l’appoggiano, può avanzare.
Nei giorni scorsi Abu Dhabi aveva tentato un’ultima mediazione con Al Sarraj, anche per non inimicarsi l’Italia, che resta un partner importante quanto la Francia. La proposta era sbilanciata a favore di Haftar e prevedeva che il premier di Tobruk Abdullah Al-Thani diventasse primo ministro di tutta la Libia, mentre Al Sarraj sarebbe divenuto una specie di presidente «garante» e il maresciallo capo delle forze armate unificate. Le milizie di Misurata hanno posto però il veto e mercoledì Haftar ha deciso di agire in maniera gheddafiana. I prossimi giorni ci diranno se è stato altrettanto abile del «maestro» nella presa del potere. Anche se, in ogni caso, spera di non fare la stessa fine.

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