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La Stampa - Il Foglio Rassegna Stampa
02.04.2019 Turchia: Erdogan perde Ankara e Istanbul, è cominciata la parabola discendente del sultano islamista?
Cronaca di Giordano Stabile, editoriale del Foglio

Testata:La Stampa - Il Foglio
Autore: Giordano Stabile
Titolo: «Cade Istanbul. L’opposizione laica espugna anche il feudo di Erdogan - Erdogan non ha vinto le elezioni»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 02/04/2019, a pag.9 con il titolo "Cade Istanbul. L’opposizione laica espugna anche il feudo di Erdogan" la cronaca di Giordano Stabile; dal FOGLIO, a pag. 3, l'editoriale "Erdogan non ha vinto le elezioni".

Ecco gli articoli:

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Il sultano Erdogan

LA STAMPA - Giordano Stabile: "Cade Istanbul. L’opposizione laica espugna anche il feudo di Erdogan"

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Giordano Stabile

L’onda lunga dell’islam politico in Turchia era cominciata venticinque anni fa, con le vittorie ad Ankara e Istanbul. Nella città sul Bosforo aveva trionfato un quarantenne emergente, un certo Recep Tayyip Erdogan. Ora i suoi oppositori, la Turchia laica e repubblicana, sperano che il flusso della marea si sia invertito, che i risultati delle elezioni amministrative, la prima seria sconfitta di Erdogan, segnino anche l’inizio della sua fine. È presto per dirlo.
Ankara e Istanbul, le capitali amministrativa ed economica, sono cadute per una manciata di voti, poche migliaia. L’Akp, il partito del presidente, ieri contestava ancora i risultati, perché lo scarto era «troppo ridotto». L’ex premier Binali Yildirim, considerato alla vigilia sicuro vincitore a Istanbul, ha ammesso alla fine che il suo rivale, il candidato del partito repubblicano Ekrem Imamoglu, era in testa con «25 mila preferenze in più». Un distacco difficile da colmare anche in caso di riconteggi parziali.
Poi Yildirim ha puntualizzato che c’erano «dettagli che non vanno dimenticati, 319.500 voti annullati, errori nel conteggio e in altri seggi». Le stesse puntualizzazioni fatte domenica dall’Akp ad Ankara, la prima metropoli a «cadere». Segno che ci saranno probabili ricorsi, anche se ieri sera Imamoglu aveva cambiato il proprio profilo Twitter con la dicitura «sindaco di Istanbul». Lui e il neosindaco della capitale Mansur Yavas sono i volti nuovi del partito repubblicano Chp, che era uscito con le ossa rotta dalle presidenziali dello scorso 24 giugno. Per il leader Kemal Kilicdaroglu è una parziale rivincita e soprattutto, ha sottolineato, «una vittoria della democrazia» perché significa che nel Paese c’è ancora una opposizione vera, nonostante le ondate di arresti che sono seguite al fallito golpe del 15 luglio del 2016.

La posta in gioco
Anche se l’affluenza è stata inferiore rispetto alle presidenziali, 83 per cento invece dell’87, il voto ha assunto una valenza politica nazionale, per volontà dello stesso Erdogan. Il presidente ha condotto una campagna martellante, con 100 comizi in tutto il Paese e ha ripetuto che era in gioco la «sopravvivenza» della Turchia. Voleva un’altra vittoria per cementare la sua fama di invincibilità. L’Akp ha vinto tutte le competizioni dal 2002 in poi e va detto che anche questa volta, a livello nazionale, ha ottenuto assieme agli alleati il 51 per cento dei voti. Ma le sconfitte di Istanbul e Ankara, oltre a quella prevista a Smirne, certificano lo scollamento dalla parte più ricca e avanzata del Paese. Pesa la crisi economica. Il Pil è calato del 3 per cento nel quarto trimestre del 2018. La crescita dell’intero anno si è fermata al 2,6 per cento, dopo il 7,4 del 2017. Insufficiente ad assorbire la nuova forza lavoro, e infatti la disoccupazione è salita al 13,5, il peggior dato dal 1990, a parte il picco del 14 nel 2009, durante la recessione globale.
Una consolazione parziale, per Erdogan, arriva dalle vittorie in alcune roccaforti curde, come le città di Bingol, Bitlis, Sirnak, strappate all’Hdp, il partito curdo che vede il suo leader Selahattin Demirtas in prigione dal 2016. Il leader turco contava sul conservatorismo islamico della società nel Sud-Est per consolidarsi alla frontiera con la Siria ma non è riuscito a espugnare Diyarbakir, la «capitale» del Kurdistan turco. La questione curda potrebbe avere presto un impatto anche sulla politica internazionale. Lo stesso Erdogan ha «promesso» un’operazione contro i curdi siriani delle Ypg, vicini al Pkk, che presto potrebbero ritrovarsi senza la protezione americana.

IL FOGLIO: "Erdogan non ha vinto le elezioni"

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Recep Tayyip Erdogan, presidente della Turchia, è celebre per la sua invincibilità elettorale. Da quando si è candidato a sindaco di Istanbul per la prima volta, nel 1993, non ha mai perso un’elezione. E quando le elezioni non sono andate come voleva, come per esempio quelle del 2015, che gli consegnarono una maggioranza non abbastanza ampia per i suoi progetti, lui le ha fatte ripetere e le ha rivinte. Le elezioni locali di domenica scorsa, tuttavia, potrebbero essere qualificate come la prima vera sconfitta di Erdogan. Dal punto di vista numerico l’Akp, il partito del presidente, va ancora molto forte nel paese: sommando tutti i voti ha preso il 44 per cento, che unito al 7 per cento preso dall’alleato Mhp significa avere la maggioranza assoluta. Tuttavia, nelle elezioni locali i risultati hanno un peso specifico differente a seconda di dove si vota, e i candidati di Erdogan hanno perso tutte le contese di un certo peso. Dopo 25 anni, il Chp, il principale partito dell’opposizione secolare, ha riconquistato la capitale Ankara, oltre che Smirne e Antalya. L’Hdp, partito curdo i cui leader sono stati perseguitati da Erdogan, ha preso Dyarbakir e altri centri. Insomma, il presidente turco ha perso tutte le grandi città, e questo segnale politico già importante potrebbe diventare dirompente se alla lista delle sconfitte si aggiungesse anche Istanbul. La città è da sempre il centro nevralgico del potere erdoganiano, e la sua importanza è tale che i turchi dicono: chi vince Istanbul vince la Turchia. I due candidati, l’ex premier Binali Yildirim (Akp) ed Ekrem Imamoglu (Chp), sono distanziati di appena 25 mila voti, con Imamoglu in vantaggio. Yildirim ha già detto che contesta il risultato, ha citato centinaia di migliaia di schede annullate e ha rimesso tutto nelle mani del Tribunale elettorale. Il risultato di Istanbul non decide direttamente il destino di Erdogan (le prossime elezioni generali saranno nel 2023) ma, con l’economia che va sempre peggio, potrebbe segnare l’inizio della parabola discendente per l’invincibile.

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