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La Repubblica Rassegna Stampa
31.03.2019 'Gerusalemme sia di tutti': lo afferma il papa in Marocco. A quale titolo?
Urge una protesta della diplomazia israeliana

Testata: La Repubblica
Data: 31 marzo 2019
Pagina: 12
Autore: Paolo Rodari
Titolo: «'Gerusalemme sia di tutti', l'appello del Papa al mondo»

Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 31/03/2019, a pag.12 con il titolo "'Gerusalemme sia di tutti', l'appello del Papa al mondo" perchè è il quotidiano che ha evidenziato fin dalla titolazione la dichiarazione del papa. Non essendo la diplomazia il nostro mestiere ma l'informazione attenta ad ogni suo risvolto politico, ci chiediamo come il papa si sia permesso di attribuirsi il destino della capitale di un altro Stato. La domanda è ovviamente retorica, in quanto non ci vuole alcun ingegno per leggervi un forte richiamo al mondo islamico: " guarda caro islam quanto vi vuole bene il capo del Vaticano".
Si occupi del suo di Stato, il Vaticano, e non si permetta più di esprimersi in questi termini.
Che poi il pezzo di Paolo Rodari suoni la grancassa alla insensata posizione della S.S. (Santa sede) non stupisce, la Repubblica è sempre più allineata nella delegittimazione di Israele, il quotidino oggi  che più disinforma sul Medio Oriente.

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a destra il re del Marocco Mohammed VI

Segue l'intervista a padre Ibrahim Faltas, che cura le relazioni tra la Custodia della Terra Santa con Israele e palestinesi

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Paolo Rodari

 RABAT- La biblioteca costruita nel palazzo reale di Rabat per contenere la raccolta dei manoscritti di Hassan II, il discendente della dinastia alawide che dal 1961 governò il Marocco offrendosi come canale di mediazione tra il mondo arabo e Israele, fa significativamente da cornice a Francesco e al Re Mohammed VI mentre firmano un appello senza precedenti su Gerusalemme affinché la città sia preservata «come patrimonio comune dell'umanità» e, per i fedeli delle tre religioni monoteiste, «come luogo di incontro e simbolo di coesistenza pacifica in cui si coltivano il rispetto reciproco e il dialogo». Nel giorno dell'arrivo del Papa nel Paese nordafricano — seconda meta a maggioranza islamica del pontificato dopo gli Emirati Arabi — i due lanciano a sorpresa un messaggio forte e chiaro alla comunità internazionale dopo che per mesi la diplomazia vaticana ha monitorato quanto accade nella Città santa, in particolare le decisioni giudicate pericolose di Donald Trump di riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele e di portarvi l'ambasciata Usa spostandola da Tel Aviv. La Santa Sede e gli sherpa marocchini hanno tenuto secretato l'appello fino all'ultimo, limando le parole una per una, per arrivare a lanciare un messaggio confezionato nelle scorse settimane e reso pubblico volutamente in uno dei Paesi in cui l'Islam riesce ad avere più che altrove un volto moderato e conciliante. Gli effetti che produrrà l'appello non li conosce nessuno. Ma è evidente che, per quanto riguarda la parte vaticana, la diplomazia della pace che trova nel magistero dei pontefici un suo leitmotiv passa anzitutto da un avvicinamento al mondo islamico che punta a sminuire le differenze e a valorizzare chi si distingue per politiche aperte ed inclusive. «Il dialogo tra cristiani e musulmani oggi è più necessario che mai», disse non a caso già nel 1985 proprio in Marocco, a Casablanca, Giovanni Paolo II. Oggi le speranze di molti leader delle tre religioni, dal patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I al grande imam di al-Azhar, Ahmad al-Tayeb, dall'arcivescovo di Canterbury e primate della Chiesa Anglicana Justin Welby fino agli esponenti più illuminati del rabbinato mondiale, risiedono tutte in questo delicato lavoro che sta rimettendo la sede del vescovo di Roma al centro dello scacchiere internazionale dopo gli anni in questo senso travagliati del duo Ratzinger-Bertone. Gerusalemme è città sacra per ebrei, cristiani e musulmani. Il re Davide la scelse come capitale del regno d'Israele circa tremila anni fa. A Gerusalemme è vissuto Gesù. A Gerusalemme, secondo la tradizione coranica, circa 1400 anni fa Maometto ha compiuto un mistico viaggio in cielo. La situazione della città è appesa a fatti recenti ed antichi insieme. Il Vaticano è sceso in campo pesantemente dopo le ultime decisioni di Trump. La Delegazione della Santa Sede all'Onu, in particolare, ha ricordato nel 2017 «l'obbligo di tutte le Nazioni a rispettare lo storico status quo della Città Santa, in conformità con le relative Risoluzioni dell'Onu». Per il Vaticano il significato di Gerusalemme va oltre la questione dei confini. A bruciare oggi è la politica dell'amministrazione americana: secondo monsignor Giacinto Boulos Marcuzzo, vicario patriarcale per Gerusalemme e la Palestina, lo spostamento dell'ambasciata americana a Gerusalemme è «una decisione che va contro la storia, contro la giustizia e il bene della popolazione». «Oggi — dice — il processo di pace che era iniziato è stato congelato». Francesco si è speso più volte per Gerusalemme. In occasione dell'incontro a Bari con i capi delle Chiese e delle comunità cristiane del Medio Oriente il 7 luglio 2018 disse che «solo una soluzione negoziata tra israeliani e palestinesi potrà condurre a una pace stabile». Il Papa ha tenuto il punto fino a oggi. La scelta dell'appello dal Marocco è voluta. La Santa Sede da tempo segue l'opera di Mohammed VI che spinge per un Islam conciliante. Ne è testimonianza la creazione di un istituto "futuristico" per la formazione degli imam. Dopo gli attacchi terroristici di Casablanca del 2003, il re ha lavorato per arrivare alla fondazione di una scuola nella quale a formare centinaia di studenti sono anche delle donne. Un esempio che si spera possa fare da battistrada anche altrove arrivando fino al cuore del problema: Gerusalemme.

" La Città Santa è la radice di tutto" Intervista di Paolo Rodari a padre Ibrahim Faltas

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Padre Ibrahim Faltas, più pericoloso lui o Hamas?

RABAT- «Non c'è una città in tutto il mondo come Gerusalemme. Qui ci sono il Santo sepolcro, il Muro del pianto e la Moschea al-Aqsa, il più importante luogo di culto musulmano dopo La Mecca. Tutto è nato qui, nella città di Dio, la capitale del cielo». Così padre Ibrahim Faltas, direttore delle scuole francescane nella Città santa e responsabile perla Custodia di Terra Santa dei rapporti con Israele e palestinesi. Durante la seconda Intifada, Faltas fu coinvolto nell'assedio della Natività di. Betlemme, nel 2002, e protagonista delle trattative per trovare un accordo con i 240 militanti palestinesi che si erano rifugiati nella Basilica per sfuggire alla cattura da parte dell'esercito israeliano. Accordo che arrivò dopo 39 giorni di assedio.
Perché Gerusalemme è così importante?
«Le tre religioni monoteiste trovano qui gran parte del significato della propria storia. Se vi sarà pace alla radice vi sarà pace in tutto il mondo Padre Faltas "La Città Santa è la radice di tutto Deve essere aperta" altrimenti no. II Vaticano vuole una Gerusalemme internazionale e aperta a tutti. Non si può fare di Gerusalemme la capitale di un solo Stato. È la madre di tutti».
Cosa pensa dell'appello del Papa e di Mohammed VI?
«È chiaramente un messaggio a coloro che, come gli Stati Uniti, minacciano la pace con decisioni senza senso riconoscendo Gerusalemme come capitale di Israele e trasferendo l'ambasciata Usa da Tel Aviv».
L'appello è figlio di queste vicende?
«Il Vaticano conosce in profondità ogni cosa che accade su questo territorio. Un appello del genere è conseguenza solo e soltanto di questa conoscenza. E il Papa sa che soltanto se la parte migliore dell'Islam è chiamata a collaborare la pace può essere raggiunta».
Cosa deve fare la comunità internazionale?
«Interiorizzare il fatto che un serio processo di pace è da qui che deve partire. Di questo erano convinti anche i predecessori di Francesco».

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