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La Stampa Rassegna Stampa
26.03.2019 Hamas attacca Israele: cronaca e intervista a Ely Karmon
Di Giordano Stabile

Testata: La Stampa
Data: 26 marzo 2019
Pagina: 10
Autore: Giordano Stabile
Titolo: «Razzi su Tel Aviv, raid israeliani a Gaza - Le elezioni del 9 aprile frenano il premier»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 26/03/2019, a pag.10 con il titolo "Razzi su Tel Aviv, raid israeliani a Gaza", la cronaca di Giordano Stabile; con il titolo "Le elezioni del 9 aprile frenano il premier", l'intervista a Ely Karmon.

Ecco gli articoli:

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Giordano Stabile

"Razzi su Tel Aviv, raid israeliani a Gaza"

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La casa distrutta ieri da un missile di Hamas: 7 civili israeliani feriti

Un razzo palestinese colpisce i sobborghi di Tel Aviv, ferisce 7 persone, e Israele reagisce con i raid più massicci da 5 anni, invia due brigate di rinforzo lungo il confine con la Striscia di Gaza, mobilita i riservisti. Le tensioni che da un anno a questa parte sono cresciute a fiammate hanno raggiunto una soglia pericolosa, a due settimane dalle elezioni nello Stato ebraico. Il premier Benjamin Netanyahu è dovuto tornare in fretta da Washington, dove aveva assistito alla firma di Donald Trump sull’atto che riconosce la sovranità israeliana sul Golan. Quella che doveva essere una giornata trionfale si è trasformata in emergenza, con il rischio di dover condurre una operazione di terra.
Tutto è cominciato prima dell’alba di ieri, quando un razzo dalla portata inusuale, quasi cento chilometri, ha centrato in pieno un’abitazione nell’area di Kfar Saba, una quindicina di chilometri a Nord di Tel Aviv. Una intera famiglia ha visto il tetto crollare, la casa in fiamme, ma i sette residenti, compresi due bambini se la sono cavata con ferite lievi perché al suono delle sirene si sono precipitati nella “stanza sicura”, blindata, che ogni edificio deve avere per legge. Per la prima volta gli abitanti della metropoli più estesa di Israele «hanno capito come vive la gente nel Sud», dove gli attacchi sono frequenti, ha spiegato il padre in tv.
Dopo che Netanyahu si era consultato dall’America con i capi della Forze armate e promesso «una risposta forte», esercito e aviazione hanno cominciato prima del tramonto i raid. Secondo fonti non ufficiali «potrebbero durare giorni». Fra le postazioni colpite c’è il comando delle “operazioni navali” di Hamas, il palazzo dove ha sede la sua Intelligence, e soprattutto l’ufficio del leader nella Striscia, Ismail Haniyeh. Un avvertimento. L’esercito ha spostato due brigate di fanteria e reparti corazzati alla frontiera. Sono stati inviati messaggi a migliaia di riservisti: “tenersi pronti”. E’ la prima volta dal 2014, anche se in tarda serata Hamas ha detto di aver raggiunto “un accordo di tregua”.
Oggi Netanyahu farà il punto della situazione. Con il voto che incombe una guerra aperta non è una scelta agevole, anche se l’opposizione lo incalza. Benny Gantz, ha accusato il governo di non reagire a dovere. «Quelli che non rispondono ad Hamas - ha scritto su Twitter - sottovalutano gli attacchi nel Sud, sminuiscono l’attacco su Tel Aviv, ora hanno ottenuto razzi anche nel cuore di Israele».
Il premier è però convinto che la sua politica dia frutti. Dopo lo spostamento dell’ambasciata americana a Gerusalemme, è arrivato il riconoscimento dell’annessione del Golan, ancora più controverso. Trump ha sottolineato che serve «alla sicurezza di Israele» ma Siria e Iran hanno condannato la mossa, la Turchia ha annunciato che «prenderà un’iniziativa all’Onu», mentre l’Ue ha avvertito che non seguirà Trump. Mosca si è erta a garante della Siria. Il ministro degli esteri russo Serghei Lavrov ha telefonato a Mike Pompeo per denunciare la «flagrante violazione del diritto internazionale che ostacola la pace». La marcia di Netanyahu verso la vittoria il 9 aprile, e il suo quarto mandato da premier, è più complicata del previsto.

"Le elezioni del 9 aprile frenano il premier"

Il verbo "frenare" non è il più adatto al commento di Ely Karmon, ci sono le elezioni il 9 Aprile, per cui Natanyhau non può certo non valutare il clima politico in cui si svolgeranno.

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Ely Karmon

Netanyahu colpirà duro «ma senza provocare una guerra aperta, perché potrebbe costargli la rielezione al voto del 9 aprile». La sua strategia è di lasciare Hamas al potere a Gaza, senza annientarlo, in modo da mantenere i palestinesi divisi e allontanare la possibilità della nascita di uno Stato palestinese. Per Ely Karmon, Senior Research scholar all’International Institute for Counter-Terrorism, è una scelta rischiosa: Hamas si è convinto che Israele «è meno forte e per questo continua ad alzare il tiro».
1Come si è arrivati sull’orlo di una nuova guerra?
«L’escalation dura da un anno. Hamas ha cercato di penetrare in tutti i modi nel territorio israeliano: ha lanciato oltre 500 razzi, usato palloni incendiari o carichi di esplosivo, droni. Le forze di sicurezza sono riuscite a controllare le infiltrazioni ma sono state meno efficaci contro gli ordigni. Una reazione contenuta che ha convinto Hamas che lo Stato ebraico è meno determinato».
2 E ora?
«Le Forze armate colpiranno con durezza, per più tempo. Ma Netanyahu vuole evitare un’operazione di terra. Potrebbe costargli la vittoria alle elezioni. Nessuno vuole una guerra aperta prima del voto. Ma dall’altro lato Hamas sta preparando per venerdì 29 marzo una “manifestazione da un milione di persone” per l’anniversario delle “marce del ritorno”. Tutto può succedere».
3Che ha in mente Netanyahu?
«Lasciare Hamas al potere a Gaza e dividere i palestinesi in due entità, la Striscia e la Cisgiordania. In questo modo sono deboli, il governo può continuare la politica di espansione degli insediamenti. E si azzera la prospettiva della nascita di uno Stato palestinese».
4E’ una strategia vincente?
“Il rischio è di ritrovarci un mini-Iran alle porte. Il governo dice che se distrugge Hamas a Gaza arriverebbe l’Isis. Ma i gruppi jihadisti ci sono già, ed è Hamas che ha lasciato che si impiantassero nella Striscia. E’ una strategia controproducente, come quella per il Golan».
5In che senso?
“Trump ha riconosciuto la sovranità israeliana sulle Alture ma il prezzo da pagare è stato il ritiro americano dalla Siria. Così si lascia Damasco ai russi e agli iraniani. Le garanzie che Putin ha dato a Netanyahu non sono eterne».

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