Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 23/03/2019 a pag.1 il redazionale non firmato, con il titolo "Non siamo a Pechino"
Giulia Pompili
Sabino Cassese
I lettori del Foglio devono essere grati a Giulia Pompili per essersi incontrata con il capo ufficio stampa dell'Ambasciata cinese a Roma durante la visita del presidente Xi. Senza volerlo, ci ha fatto conoscere il vero volto di un paese che fino ieri veniva incensato proprio sul Foglio, è sufficiente ricordare l'ultimo pezzo di Sabino Cassese, nemmeno una 'velinona' dell'ambasciata cinese avrebbe saputo fare meglio.
Il presidente Mattarella ha fatto bene e richiamare l'importanza dei diritti umani, che però sono e rimangono solo parole. La Cina è riuscita a creare un regime comunista cosiddetto aperto all'economia capitalista approfittando della complicità del business. I cinesi vivono in un paese che non riconosce nessun diritto civile/umano, un numero ristretto controlla l'economia, tutti gli altri sono condannati a essere sudditi ubbidienti.
Il Foglio ne trarrà una giusta morale?
Nella Sala degli specchi del Quirinale, ieri a Roma, il presidente cinese Xi Jinping ha ringraziato il presidente Sergio Mattarella e “gli amici dei media” della “accoglienza squisita”. Poco prima, nel corridoio che porta alla Sala degli Specchi, un funzionario dell’amba - sciata cinese in Italia, Yang Han, di recente nominato capo dell’ufficio stampa della sede diplomatica, aveva avuto un incontro non esattamente amichevole con Giulia Pompili, giornalista del Foglio che era al Quirinale per seguire la conferenza stampa di Mattarella e Xi. I due si sono incontrati per caso. Un funzionario del Quirinale stava accompagnando la giornalista che si occupa di Asia per il nostro giornale alla sala, e le ha chiesto il suo nome. Lei ha risposto, e Yang l’ha guardata dicendo: “La devi smettere di parlare male della Cina”. Lo ha ripetuto un’altra volta. La nostra cronista ha pensato fosse un commento non benevolo, ma nemmeno eccessivamente serio, e ha sorriso. Ma Yang le ha ripetuto: “Non devi ridere. La devi smettere di parlare male della Cina”. Comprensibilmente sorpresa, Giulia Pompili a quel punto gli ha risposto che fa la giornalista, e che il suo lavoro consiste nel raccontare quel che succede, e gli ha teso la mano presentandosi – non si erano mai incontrati prima – e chiedendo al funzionario dell’ambasciata cinese quale fosse il suo nome. Yang Han ha rifiutato di darle la mano e le ha detto in tono allusivo: “E comunque so benissimo chi sei”. A questo punto il funzionario del Quirinale ha invitato entrambi a ricominciare a camminare. E si è verificata una seconda scena dai contorni intimidatori. Quando la giornalista del Foglio ha tirato fuori il suo telefonino dalla tasca, Yang le si è avvicinato di nuovo, molto vicino, a muso duro, intimandole di metterlo via. Il Foglio ha una posizione molto chiara sulla Cina, sulla Belt and Road Initiative e in generale sulle operazioni cinesi in occidente. Una posizione molto diversa da quella del governo italiano. Crediamo ci siano obiettivi strategici e culturali rilevanti, sui quali il nostro controllo è minimo, se non nullo. Lo abbiamo raccontato nel nostro modo consueto: parlando con le nostre fonti, leggendo che cosa accade fuori dall’Ita - lia e ascoltando quel che dice lo stesso governo cinese. Poiché l’Italia non è la Cina – e il Quirinale non è il palazzo della Città proibita – c’è il pieno diritto di esprimere idee e critiche. Se il portavoce dell’Ambasciata della Repubblica cinese non lo capisce, bisognerà probabilmente farsi qualche domanda ulteriore su questi nostri nuovi amici.
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