Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 18/03/2019, a pag.8 con il titolo "L’allarme degli Usa: 'La crisi in Algeria favorisce la jihad' " la cronaca di Francesco Semprini.
Francesco Semprini
Proteste ad Algeri
L’amministrazione Trump deve essere pronta a sostenere la transizione democratica di Algeri e, in via precauzionale, a mettere a punto un piano militare e le strutture di intelligence necessarie a rafforzare le attività di antiterrorismo tra Maghreb e Sahel nel caso l’Algeria precipiti verso la destabilizzazione. È quanto raccomandano alcuni osservatori americani alla luce dell’evoluzione politica registrata nelle scorse settimane nel Paese nordafricano dove, sulla spinta delle proteste di piazza, l’ultraottantenne presidente Abdelaziz Bouteflika ha deciso di fare un passo indietro e non presentarsi alle elezioni per un quinto mandato.
L’entusiasmo popolare per quella che alcuni hanno chiamato un’appendice storica delle primavere arabe, «cela rischi non indifferenti sul piano della sicurezza», spiega «Critical Threats», osservatorio sul terrorismo di American Enterprise Institute. «L’Algeria ha rappresentato da sempre un bastione di resilienza in un contesto regionale caratterizzato da instabilità e infiltrazioni terroristiche - affermano gli esperti -. È riuscita a sconfiggere internamente Al Qaeda nel Maghreb (Aqim) e lo Stato islamico, e a respingere i loro attacchi provenienti da Paesi confinanti come Mali, Libia e Tunisia». Ora l’Algeria rischia di diventare «parte del problema». Secondo Aei nel peggiore degli scenari, quello del collasso che non è da escludere del tutto, il rischio di infiltrazioni di gruppi jihadisti o salafiti (la frangia dell’Islam che osserva la sharia più dura) aumenterebbe considerevolmente, «consentendo l’accesso a porti di partenza sicuri per i traffici di esseri umani diretti verso l’Europa». Oltre ad aumentare l’instabilità complessiva della regione, già alimentata da conflitti e crisi politiche, a partire da quelli in Libia e Mali. A trarne profitto sarebbero i grandi «marchi» del terrore, a partire da Aqim e Isis, impegnate - avverte Search International Terrorist Entities Intelligence Group (Site) - in una vera e propria competizione per affermarsi come il gruppo dominante in Algeria». «Ben inteso - chiosa Aei - la soluzione non è preservare o restaurare un governo repressivo in Algeria». Piuttosto l’America di Donald Trump «deve essere pronta a sostenere la transizione democratica di Algeri - dice Critical Threats - e, in via precauzionale, predisporre un piano militare e le strutture di intelligence necessarie a rafforzare le attività di antiterrorismo tra Maghreb e Sahel nel caso la situazione in Algeria precipiti verso la destabilizzazione». Più in generale, conclude Aei, gli Usa devono mettere un freno al «progressivo disimpegno militare in una certa parte dell’Africa, perché questo rende complicato il compito degli alleati nella regione», Francia in primis, ma anche Italia con la missione in Niger. «Anche perché la jihad africana è la piattaforma logistica degli attacchi in Europa e, sebbene ancora non sia in grado di colpire gli Usa, potrebbe sviluppare metodi e capacità in grado di compiere un nuovo attacco all’America».
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