Combattere l'antisemitismo dei migranti? L'Unione europea ha trovato la soluzione
Commento di Michelle Mazel
https://www.jforum.fr/combattre-lantisemitisme-des-migrants-lu-e-a-la-solution.html
Un esempio di antisemitismo islamico
Nel 2018 abbiamo assistito ad una recrudescenza degli attacchi antisemiti in Francia: + 74% nel 2018, secondo il Ministro dell'Interno, Christophe Castaner. Da 311 nel 2017 a 541 nel 2018. Sono cifre che includono danni a proprietà private, minacce senza attuazione, violenze, tentativi di omicidio e un omicidio. Quello di Mireille Knoll. La stampa lo ha ampiamente riportato. Senza voler scivolare in polemiche di bassa lega, sembra che nel 2018, come negli anni precedenti, le violenze più efferate contro gli ebrei siano state commesse in effetti da "giovani immigrati", come Youssouf Fofana della gang di barbari e il suo braccio destro Samir Aït Abdelmalek, Mohammed Merah o ancora Mehdi Nemmouche, il terrorista nato a Roubaix, che dopo aver combattuto in Siria, ha perpetrato l'attacco omicida del Museo Ebraico di Bruxelles. Nella maggior parte dei casi si trattava di giovani esposti alla propaganda jihadista, divulgata da organizzazioni terroristiche in Medio Oriente. Da qui nasce la paura concreta di vedere dei jihadisti nascondersi tra le centinaia di migliaia di uomini e donne, che arrivano da laggiù per cercare una vita migliore in Europa. Dimostrando una lodevole iniziativa, l'Unione Europea nel gennaio del 2016 aveva nominato "coordinatrice della lotta contro l'antisemitismo della Commissione europea", la tedesca Katharina von Schnurbein, che, prima titolare di questo importante incarico , ha voluto rassicurare su questo punto e ha immediatamente affermato che non c'era motivo di temere che l'ondata di immigrazione verso l'Europa dalla Siria o da altri Paesi arabi, avrebbe portato ad un aumento dell'antisemitismo. In questi giorni lei si trovava in Israele per partecipare a un progetto congiunto tra l'Unione Europea e lo Yad Vashem, e in un'intervista rilasciata giovedì 14 marzo al Jerusalem Post, ha dichiarato solennemente che, “coloro che hanno affrontato la sfida di liberarsi dei loro dittatori e che hanno intrapreso la strada verso l'Europa, sono perfettamente in grado di sbarazzarsi dei loro pregiudizi antisemiti nel quadro della propria integrazione”. Secondo lei, “la conoscenza della vita ebraica e della Shoah, e il rispetto per la vita ebraica dovrebbero essere inclusi nel processo di integrazione”.
Che bella idea e perché non ci abbiamo pensato prima? Ovviamente, la sua attuazione potrebbe rischiare di incorrere in qualche problemino. Inoltre, nella stessa intervista, la signora Schnurbein ci tiene a ribadire che “Gli ebrei europei fanno parte della nostra società e non dovrebbero essere ritenuti responsabili di ciò che sta accadendo qui” [in Medio Oriente] Significa forse che i migranti dovrebbero imparare a non odiare più gli ebrei, pur serbando la possibilità di odiare Israele? Ma certo, questa è la posizione dei molti europei che respingono ogni accusa di antisemitismo mentre manifestano regolarmente contro lo Stato ebraico. Altri europei, d'altro canto, non hanno alcun problema a sostenere Israele mentre dimostrano un antisemitismo disinibito. In questo modo, tutti questi migranti scevri dai loro pregiudizi contro gli ebrei, non rischieranno poi di ritrovarsi perplessi di fronte alle manifestazioni di antisemitismo nei Paesi ospitanti? Insomma, prima di procedere alla rieducazione dei migranti non sarebbe meglio rieducare prima i cittadini europei?
Michelle Mazel scrittrice israeliana nata in Francia. Ha vissuto otto anni al Cairo quando il marito era Ambasciatore d’Israele in Egitto. Profonda conoscitrice del Medio Oriente, ha scritto “La Prostituée de Jericho”, “Le Kabyle de Jérusalem” non ancora tradotti in italiano. E' in uscita il nuovo volume della trilogia/spionaggio: “Le Cheikh de Hébron”