Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 17/03/2019 a pag.4 con il titolo "Il contagio suprematista parte dalla rabbia sociale" l'intervista di Paolo Mastrolilli a Amitai Etzioni
Le risposte di Amitai Etzioni dicono meglio e di più di quanto esprime la titolazione.
Paolo Mastrolilli Amitai Etzioni
«La soluzione di lungo termine sta nell’affrontare e risolvere i problemi creati dalla cattiva gestione della globalizzazione. Nell’immediato, però, dovremmo togliere le armi dalle strade, per impedire alla rabbia di sfogarsi con le stragi». Il sociologo Amitai Etzioni, fondatore del comunitarismo, studia da decenni i problemi che alimentano l’estremismo. Da cosa nasce questa epidemia di suprematismo bianco, che dagli Stati Uniti sta contagiando tutto il mondo?
«Larghe fasce della popolazione sono frustrate perché si sentono minacciate dalla globalizzazione sul piano economico, dalle migrazioni su quello identitario e dalle élite snob che le considerano ignoranti e deplorevoli. Si sentono abbandonate, disprezzate ed escluse».
Ciò alimenta il risentimento che diventa odio razzista contro i migranti, in particolare islamici?
«Sì, ma non esiste un solo fattore. Le cause sono le migrazioni, la globalizzazione, il lavoro che si sposta verso altri Paesi, e il rispetto. Ognuno vuole almeno essere rispettato come persona, anche se è povero o non ha un ruolo importante. Negli Usa invece li chiamiamo “white trash”, la spazzatura bianca, ignorante e violenta. Chi vorrebbe essere trattato così?».
Il presidente Trump ha detto che il problema del suprematismo bianco non esiste. Lo fa per ragioni elettorali?
«Da tempo ormai non assimilo più il nome del presidente Trump e la parola giudizio nella stessa frase».
Cosa suggerisce di fare?
«Primo, dobbiamo riscoprire i nostri valori religiosi: siamo tutti figli di Dio; nessuno è irredimibile; puoi odiare il peccato, ma non il peccatore. Tutti hanno il diritto di essere membri della nostra comunità a pieno titolo, e quindi rispettati. Secondo, non dobbiamo avere più immigrazione di quanta un Paese sia in grado di assorbire culturalmente. Più siamo capaci di assimilare, più dovremmo consentire l’accesso, ma solo quando siamo in grado di gestirlo. Se non siamo capaci di assorbire i nuovi immigrati, dobbiamo limitarne il flusso. Terzo, chiunque vuole lavorare deve trovare un’occupazione, anche magari condividendola con altri».
La neodeputata democratica Ilhan Omar ha criticato Israele, e i critici l’hanno accusata di alimentare l’odio dall’altra parte.
«La nuova sinistra sta aiutando l’estrema destra. Nel corso della storia gli estremismi si sono sempre sostenuti a vicenda».
Commettono lo stesso errore e alimentano lo stesso odio?
«Omar, oltre a criticare Israele, ha detto che Obama era solo una bella faccia che ha ammazzato gente in tutto il mondo usando i droni. Giudizi del genere non aiutano nessuno».
Abbiamo parlato delle radici del problema, ma per risolverlo bisogna agire anche sul piano della sicurezza?
«Questo è il problema tattico più importante. Il fenomeno del suprematismo e dell’estremismo va affrontato alla radice, come abbiamo detto, per risolvere le sue cause. Sul piano pratico però la presenza delle armi fa la differenza, perché consente alle persone risentite di sfogare la loro rabbia con la violenza. Non c’è alcuna ragione per cui queste armi da guerra debbano stare nelle mani dei cittadini. È logico. Tu puoi pensare quello che vuoi dei fenomeni e delle loro soluzioni, ma tutti dovremmo essere d’accordo sul fatto che se non ci fossero le armi, la rabbia non avrebbe a disposizione gli strumenti necessari a sfogarsi provocando stragi. È un fatto ovvio. Fino a quando non accetteremo la sua evidenza, e non agiremo di conseguenza, non potremo evitare queste tragedie».
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