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Avvenire Rassegna Stampa
16.03.2019 Terra Santa invece di Israele, continueremo a scrivere S.S. al posto di Santa Sede
Commento di Bruno Forte

Testata: Avvenire
Data: 16 marzo 2019
Pagina: 21
Autore: Bruno Forte
Titolo: «Terra Santa, ritorno alla fonte»

Riprendiamo da AVVENIRE di oggi, 16/03/2019, a pag.21 con il titolo "Terra Santa, ritorno alla fonte" il commento di Bruno Forte

Che Avvenire giudichi i pellegrinaggi nei luoghi dove visse Gesù 'una grazia straordinaria' è più che legittimo, infatti Israele si adopera per renderli più accoglienti possibili. Peccato che continui, inarrestabile, la solita solfa "Terra Santa" al posto di Israele. Non entriamo nel commento di Bruno Forte, lasciamo questo compito ai lettori, non vogliamo ripetere critiche fatte molte volte.  Dove invece ci ripetiamo, in risposta al quotidiano dei vescovi italiani, è la sigla S.S. al posto di Santa Sede, continueremo a scriverla fin tanto che Israele verrà ignorato per cedere il posto a Terra Santa, sicuri che l'israeliano Gesù non avrà nulla da obiettare. 

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Bruno Forte

Sono convinto che il pellegrinagggio in Terra Santa sia una grazia straordinaria, che bisognerebbe in qualche modo rendere possibile per ogni cristiano. E questo per molteplici ragioni: prima di tutto è il pellegrinaggio alle nostre radici, e come tale è una possibilità di autentica rigenerazione della nostra identità. Naturalmente, per essere tale deve esser fatto avendo presenti elementi storico-critici, dunque la storia di quella terra; elementi di profonda conoscenza biblica, archeologica e testuale; elementi di grande attenzione spirituale al significato dei luoghi, delle profezie, delle parole di Gesù dette in quei luoghi e finalmente anche elementi antropologico-culturali, perché chi va in quella terra dove è stato espresso il grande codice dell'umanità che è la Bibbia, può veramente trarne stimoli per una comprensione delle culture, specialmente dell'Occidente, segnate in gran parte dal Chi va in quella terra dove è stato espresso quel "grande codice" dell'umanità che è la Bibbia, può veramente trarne stimoli per una comprensione delle culture "Grande Codice" che è la Bibbia, secondo l'espressione coniata da Northrop Frye. Per tutte queste ragioni, il pellegrinaggio in Terra Santa è un'esperienza imperdibile, che bisogna in tutti i modi incoraggiare, anche per i più giovani, perché si aprano sin dagli inizi della loro avventura umana all'amore per quella terra e per il messaggio che da essa è venuto al mondo. Il pellegrinaggio va ben preparato e vissuto con strumenti e guide adeguati, anche con un linguaggio semplice, ma sempre basandosi su fonti serie e rigorose. Certamente, il pellegrinaggio in Terra Santa rischia di essere una grande ubriacatura, perché sono talmente tanti gli elementi in gioco, che si verifica una sorta di bombardamento culturale e mentale, che può perfino stordire il pellegrino. Il mio suggerimento semplice, se si vuole persino povero, è di strutturare il pellegrinaggio dei cristiani in Terra Santa sui tempi e le tappe della vita di Gesù. Secondo i Vangeli la vita di Gesù conosce cinque grandi stagioni, con una premessa che le precede, le ispira e le alimenta un po' tutte. La premessa è l'appartenenza di Gesù al popolo ebraico: Gesù è ebreo e lo è per sempre. Allora, un punto di partenza di un pellegrinaggio in Terra Santa vissuto bene, deve essere un riferimento alla fede ebraica. Ecco perché un pellegrinaggio deve partire dal Carmelo, il luogo dove il profeta Elia ha affermato con vigore il monoteismo ebraico contro l'idolatria, s3 da far ben comprendere che il monoteismo ebraico non è semplicemente l'affermazione della singolarità e dell'unicità di Dio, ma è l'affermazione dell'unificazione del mondo in questo Dio. Questo Dio, Signore del cielo e della terra, è il Signore di tutti i popoli, è il *** Signore della nostra vita, al quale noi dobbiamo aprirci in obbedienza d'amore. Poi vanno percorse le cinque tappe della vita di Gesù: il silenzio di Nazaret, cioè gli anni dalla nascita alla sua formazione da ragazzo ebreo che apprende i rudimenti della fede ebraica, innanzitutto in casa dalla madre Maria e dal padre putativo Giuseppe, quindi nella sinagoga, dove apprende il midrash e conosce le Scritture. E quanto aiuta a comprendere la visita a Nazaret, al luogo dell'Annunciazione, alla sinagoga (o meglio a quello che la richiama), alla fontana della Vergine, ai resti del villaggio del I secolo: cosa si fa un bagno nell'esperienza del giovane ebreo Gesù che va tematizzando nella sua coscienza umana l'unicità del suo rapporto con Dio Padre e della sua missione. Dopo il silenzio di Nazaret, c'è l'incontro col Lago di Tiberiade e il Giordano, dove si mentale del battesimo di Gesù, svolta che inaugura la vita pubblica. Segue quella stagione che viene chiamata la primavera galilaica, cioè il tempo della predicazione, dei miracoli, dei primi successi, dell'entusiasmo delle folle, ? delle beatitudini. La primavera galilaica è un tempo di grandi entusiasmi e di gioia nella missione del Nazareno, quando anche i discepoli sono affascinati da lui e sperimentano la bellezza di seguire questo Messia come dono che si è finalmente compiuto per l'attesa ebraica. Poi c'è il tempo della crisi galilaica, terzo, decisivo momento della vita di Gesù: la crisi galilaica è l'ora del rifiuto, in cui Gesù comincia a sperimentare la solitudine, la fatica di non essere compreso persino dai suoi, che - come attesta Marco - "uscirono per andare a prenderlo, perché dicevano: è fuori di sé" (3,21). E un momento di grande prova, che ci fa sentire Gesù molto vicino alle nostre fragilità, alle nostre inquietudini, alle nostre domande, all'esperienza così diffusa delle incomprensioni. Dalla crisi galilaica matura la grande opzione: Gesù andrà a Gerusalemme, non come un qualunque pellegrino ebreo, cosa che aveva fatto da bambino con i suoi genitori, ma come uno che sa che a Gerusalemme si compiranno i giorni della sua passione e morte. Il viaggio a Gerusalemme è una tappa cosa fondamentale, che addirittura Luca costruisce il suo Vangelo su questo, concependo poi gli Atti come movimento da Gerusalemme verso il mondo intero. Finalmente, a Gerusalemme si compie la storia della passione, morte e resurrezione, con l'inizio della Chiesa e del suo slancio missionario verso il mondo. Tutto questo comporta che verso Gerusalemme ci sia una speciale attenzione del pellegrino cristiano, ovviamente con una prioritaria rilevanza data a tutto quello che riguarda la vita di Gesù e la sua missione. Naturalmente, a Gerusalemme sono tante anche le importantissime memorie ebraiche, per cui in un certo senso le cinque tappe devono essere sempre, continuamente correlate l'una all'altra e alla radice ebraica della missione di Gesù. Credo che strutturando così un pellegrinaggio si possa fare una meravigliosa riscoperta del Gesù dei Vangeli, del Gesù nella sua ebraicità, ma anche del Gesù nella sua assoluta singolarità e rilevanza per la vita e la salvezza di ogni donna o uomo in questo mondo.

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