Perchè è sempre fallito il progetto di uno Stato arabo palestinese
Analisi di Antonio Donno
Esiste un nazionalismo palestinese in grado di sostenere il progetto di uno stato palestinese? Esistono all’interno della società palestinese forme di autonomia e di socialità che possano riferirsi in modo inequivocabile ad un bagaglio culturale unitario fondato su una base chiaramente nazionale, tale da distinguere i palestinesi dal mondo arabo circostante?
Infine, dal 1948 in poi, la leadership palestinese è stata in grado di costruire tale unità di carattere nazionale, con radici proprie? E se la risposta a questi quesiti è, per ipotesi, positiva, perché non ne è nato uno stato-nazione?
Questi interrogativi sono presenti nell’assai interessante articolo di Alex Joffe in “BESA Center Perspetives” del 7 marzo 2019. È importante riferirne i contenuti e commentarli. La prima immediata risposta, che Joffe sottointende, è che la leadership palestinese ha sempre rifiutato di costruire un proprio stato accanto a Israele. L’elenco dei rifiuti è così lungo da lasciare sconcertati: più la situazione del popolo palestinese andava aggravandosi, più i suoi capi (in testa il terrorista Arafat) rifiutavano la soluzione dei due stati. Joffe dà per scontato questo incredibile elenco, andando al fondo della questione, alle radici ideologiche del rifiuto.
Il primo motivo si rifà alla situazione pre-moderna della regione sotto il dominio ottomano, in cui alcune famiglie più agiate gestivano il potere, lasciando i sudditi in una condizione di “povertà e malattie croniche”, che il “destino” aveva dato ai poveri, la stragrande maggioranza della popolazione.
Ma la seconda ragione, a partire dal 1948, è ancora più probante. In questo caso, il nazionalismo palestinese è un fenomeno di negazione dell’Altro, di negazione del sionismo fondatore di Israele e di Israele stesso, e questo per mezzo della violenza, in cui si mescolano l’odio per l’ebreo, di origine religiosa e di tradizione secolare, e la pretesa di rappresentare un modello di lotta per il mondo arabo e islamico.
Ma tale nazionalismo è privo di basi culturali e ideologiche proprie, è un puro riflesso negativo di ciò che è dall’altra parte, è bloccato da un secolo sul nesso rifiuto/mancanza di progettualità.
Quest’ultima, a sua volta, deriva da un nazionalismo evanescente, perché conteso tra le varie fazioni in lotta tra di loro e politicamente oscillante tra arabismo e islamismo.
Tutti questi fattori, scrive Joffe, impediscono ai palestinesi e ai loro leader di “costruire un moderno stato-nazione”. Ma la modernità dello stato-nazione, quale noi conosciamo da secoli, è ancora sconosciuta ai palestinesi e, in gran parte, agli stessi paesi arabi. Persistono le concezioni tribali, settarie, particolaristiche che negli Stati arabi esistenti sono state conculcate dalla violenza dei dittatori di turno e dai loro seguaci.
A queste valutazioni di Joffe, si deve aggiungere un ulteriore momento di analisi.
La nascita di uno stato palestinese sull’esempio degli altri stati arabi sarebbe l’unico possibile, per quanto anti-democratico, ma non può essere adottato nella pratica politica della dirigenza palestinese. Quest’ultima, per la lunga battaglia condotta a livello internazionale e nelle sedi appropriate, è impossibilitata a dar vita ad uno stato arabo come quelli nati artificialmente tra la prima e la seconda guerra mondiale, ma deve proporre, proprio per la lunga lotta per l’auto-determinazione e nel contesto di una nuova concezione post-guerra fredda fondata sui principi democratici, una soluzione statuale diversa da quella presente nel mondo arabo e islamico attuale.
Inoltre, la presenza di uno Stato democratico e liberale quale è Israele, con il quale i palestinesi si sono confrontati per decenni, impone la creazione di un’entità statale in linea con le aspettative democratiche della propria popolazione e della comunità internazionale. Tutto ciò, stando l’attuale situazione all’interno della dirigenza palestinese e dei suoi scherani, è impossibile.
Tornando a Joffe, le possibilità “di un nazionalismo palestinese efficace non sono buone. Le élites sono trincerate con armi e seguaci e non v’è prospettiva di cambiamento”. Occorre un mutamento profondo nella cultura delle classi dirigenti palestinesi, di cui, però, non si vede il minimo segnale.
Antonio Donno